Cosa significa davvero il recente interesse di Meta nei confronti di EssilorLuxottica? Francesco Milleri, CEO di EssilorLuxottica, ha confermato di “gradire” l’interesse da parte di Meta nell’acquisto del 5% delle azioni del colosso italofrancese. Ma perché Menlo Park è interessato ad acquisire azioni di una società di occhiali?
Meta-EssilorLuxottica, il computer indossabile
Quando nel 2015 ho scelto di abbandonare la mia lunga esperienza manageriale in Luxottica per dedicarmi all’imprenditoria, avevo in testa un’idea decisamente sfocata di azienda, ma una visione di fondo abbastanza chiara. Lo spunto? Quando avevo provato per la prima volta i Google Glasses, il primo (immaturo) esempio di occhiale intelligente, avevo intuito che il computer stava per diventare qualcosa di indossabile.
È stato maturando questa intuizione che ho fondato AnotheReality, la prima software house italiana specializzata nel nuovo paradigma informatico indossabile (si, parliamo di AR/VR/XR).
Dieci anni e 3 cicli di hype dopo, passando per nomenclature sempre diverse (prima realtà virtuale, poi metaverso, ora spatial computing…), la visione iniziale resta ancora valida: il computer sta inesorabilmente diventando indossabile.
Intatti, se da un lato grazie allo smartphone il computer è diventato parte integrante della nostra quotidianità tanto da non potercene più separare, dall’altro abbiamo sempre più bisogno di schermi, schermi personali, portatili e di grandi dimensioni. Le necessità del mercato sono chiare: le interfacce software stanno diventando sempre più esperienziali, il gaming sta diventando sempre più diffuso, sempre più prodotti e infrastrutture stanno diventando “smart e phygital”, richiedendo quindi nuove interfacce intelligenti che uniscano il mondo reale a quello digitale.
Gli occhiali: schermi grandi, personali e portatili
Ma come fare per creare schermi grandi, personali e portatili al tempo stesso? La soluzione più efficiente è quella di portarli davanti ai nostri occhi sotto forma di occhiale, un occhiale intelligente in grado di creare uno strato visivo tra noi e la realtà fisica, e in grado di trasformare la realtà stessa… in un grande monitor.
È stata questa intuizione che ha guidato Mark Zuckerberg nella sua strategia del “metaverso”: se la realtà diventa un monitor, allora molti oggetti fisici possono diventare delle app in uno store digitale, la televisione stessa può diventare una app da appendere al muro; molte esperienze fisiche possono diventare virtuali, decisamente più economiche e scalabili di quelle reali; e infine posso avere tutti gli schermi che voglio, grandi a piacere, sui quali poter proiettare pubblicità personalizzate altamente efficaci e estremamente remunerative.
L’avventura di Zuck nel metaverso cominciata nel 2014
È questa nuova “esperienza di computing” che ha guidato Zuck nella sua coraggiosa (e costosissima) avventura, iniziata con la prima acquisizione di Oculus nel 2014 e culminata con il renaming aziendale da Facebook a Meta.
La scelta del termine “metaverso” non ha però premiato. Secondo la visione di Mark, come abbiamo visto il “metaverso” non è soltanto un internet in 3D, ma è un vero e proprio nuovo paradigma di interazione con il dato.
Affinché la realtà diventi un monitor infatti, mondo fisico e mondo digitale devono iniziare parlare la stessa lingua. Se il mondo fisico è in tre dimensioni, allora anche il dato deve acquisire la terza dimensione: il dato prende la forma dello spazio, lo stesso spazio nel quale siamo abituati a muoverci fin dalla nascita.
I device per lo spatial computing
Ecco perché è forse più chiaro parlare di “spatial computing” che di “metaverso”, per quanto le due parole indichino de facto lo stesso paradigma informatico: se ci muoviamo nello spazio con il corpo, è con il corpo che preferibilmente sceglieremo di muoverci in questo nuovo tipo di dato, quando ci saranno dei computer che ci permetteranno di farlo in maniera semplice e naturale. Dei computer… indossabili.
E come sarà questo nuovo computer indossabile? Beh, probabilmente avremo diverse tipologie di device, alcuni più immersivi che prenderanno il posto dei nostri personal computer – e che potranno essere utilizzati solo in un ambiente protetto, proprio come gli attuali Meta Quest 3 o Apple Vision Pro. Altri invece prenderanno il posto del nostro smartphone, e saranno utilizzabili tutto il giorno, anche in mobilità, proprio… come un paio di Ray-Ban. Ma produrre questi ultimi è molto più complesso, e non soltanto tecnologicamente.
La sfida per le tech company: l’occhiale è moda
Si, è vero, creare un occhiale intelligente che sia al contempo leggero, mettibile tutto il giorno, e in grado di sostituire il nostro smartphone è una sfida tecnologica tutt’altro che scontata, e ci vorranno ancora diversi anni di ricerca e sviluppo prima di arrivarci. Ma è anche vero che c’è un’altra sfida che non è banale vincere per le aziende di tecnologia: l’occhiale è un oggetto di moda, quindi soggetto a logiche molto diverse rispetto alla consumer technology. Inoltre è un oggetto identitario, in quanto lo portiamo sul volto tutto il giorno, e diventa parte integrante della nostra personalità e del nostro look. Insomma, questo nuovo occhiale intelligente non dovrà essere soltanto utile, e non dovrà essere soltanto bello: dovrà essere realmente indossabile, e non dovrà farci vergognare quando lo indossiamo. Proprio come un paio di Ray-Ban.
In quest’ottica non stupisce quindi l’interesse di Meta nei confronti di EssilorLuxottica, leader mondiale dell’occhialeria nonché l’azienda che è riuscita a far evolvere il posizionamento dell’occhiale da accessorio semi-medicale a vero e proprio oggetto di moda.
Già da tempo Meta e EssilorLuxottica stavano collaborando su progetti congiunti, come Ray-Ban Stories, l’occhiale intelligente senza un layer visivo, ma nella sua ultima edizione arricchito di intelligenza artificiale contestuale. Non sorprende quindi che Menlo Park tentasse di consolidare ulteriormente questo rapporto di collaborazione, rendendolo qualcosa di più solido di un progetto congiunto.
Per creare infatti il nuovo smartphone indossabile, la Silicon Valley deve imparare a dialogare con una industry che ragiona per logiche e canali completamente diversi, quella della moda. In questo scenario, tutti i colossi tecnologici che vorranno posizionarsi nel nuovo mercato dello smartphone (e in generale della tecnologia) indossabile, arriveranno a un certo momento a porsi l’interrogativo del “make or buy” nei confronti di brand e aziende di moda e lusso. Realisticamente l’opzione “buy” sarà spesso quella preferita: d’altronde, i valori in gioco sono talmente sbilanciati a favore delle aziende tecnologiche da rendere l’acquisizione l’opzione più facile e indolore.
La capitalizzazione di Meta è 13 volte quella di EssilorLuxottica
Considerando che EssilorLuxottica ha una capitalizzazione di mercato di 88 miliardi di euro, l’investimento di Meta dovrebbe attestarsi ad almeno 4,4 miliardi di euro. La capitalizzazione di Meta, al contrario, è di 1.15 triliardi di euro, 13 volte quella del gigante dell’occhialeria.
Per Zuckerberg, che ha investito solo nell’ultimo anno poco meno di 40 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, l’investimento in EssilorLuxottica rappresenta solo un piccolo gettone di ingresso, che gli garantisce però un accesso prioritario ad un asset altamente strategico per il suo piano di crescita di lungo periodo: l’indossabilità. Una mossa lungimirante quindi, che apre interessanti e inaspettati scenari anche per molte altre aziende del comparto moda e lusso, occhialeria in primis: chissà quanti CEO inizieranno da oggi a guardare ai colossi tecnologici con “lenti nuove”, è il caso di dirlo, magari come potenziali partner di business, o magari… come potenziali compratori.