In Italia l’ecosistema delle scaleup (le ex startup ormai passate a uno stadio successivo di crescita) sta crescendo, eppure il gap con gli ecosistemi degli altri paesi resta significativo e si sta ulteriormente allargando. Per questo motivo le aziende nostrane devono guardare all’estero per fare scouting di innovazione. è quanto emerge dal nuovo Report “Open Innovation Outlook Italy 2022” realizzato da Mind the Bridge con il supporto di SMAU.
La metodologia d’analisi adottata dalla ricerca è quella utilizzata da anni da Mind the Bridge a livello internazionale per valutare la propensione all’open innovation delle imprese, qui implementata su centinaia di aziende italiane, di differenti dimensioni e mercati. Tale metodologia misura sia i fattori interni che abilitano l’innovazione (strategia, organizzazione, processi e cultura) sia le azioni concrete implementate (accelerazione di startup, procurement, co-sviluppo, investimenti, acquisizioni e risultati raggiunti).
Open innovation in Italia: nel 2020 solo 261 scaleup
La situazione, numeri alla mano, non è di certo tra le più rosee. Secondo il Report, infatti, a dicembre 2020 in Italia sono state registrate 261 scaleup in grado di raccogliere 2,7 miliardi di dollari in equity dalla loro fondazione. Il contendente più vicino all’Italia, la Spagna, ne ospita circa 1,6 volte in più, con investimenti di 2,6 volte maggiori. Francia e Germania ne ospitano rispettivamente 3,3 e 4,7 volte tanto, con investimenti addirittura 7,5-10 volte superiori. Numeri che mostrano come l’Italia non sia ancora sulla mappa mondiale dell’innovazione.
Il basso punteggio delle aziende “amiche” delle startup
Dando un rapido sguardo all’Open Innovation Matrix, si nota come le “Italian Corporate Startup Stars” (un sottoinsieme di 25 grandi aziende da 1 miliardo di dollari o più di fatturato annuo più attive in corporate venture e collaborazione tra corporate e startup) mostrino un punteggio di 2,8, ovvero 1 punto in meno rispetto alle “Global Corporate Startup Stars”. Questo divario è chiaramente visibile graficamente, con la maggior parte delle aziende italiane posizionate nel quadrante in alto a sinistra dove trovano posto le aziende definite “Open Innovation Challengers”. Nonostante si sia ridotto di 0,2 punti rispetto allo scorso anno, il divario rimane significativo, anche volendo restringere l’analisi alle prime 10 società (0,8 punti di delta: 3,3 contro 4,1).
Solo Enel in linea con i benchmark globali
14 delle Top25 aziende italiane (56%, 3 in più rispetto allo scorso anno) mostrano un punteggio complessivo sopra la media (2,8, leggermente migliore dello scorso anno – 2,6). Solo una società – Enel – mostra un punteggio superiore a 4, in linea con i benchmark globali. 9 società ottengono un punteggio compreso tra 3 e 4 (superiore a 3,4), contro 4 nel 2020. 3 società raggiungono un punteggio pari o inferiore a 2 (da 7 nel 2020), mentre le restanti 12 si collocano nella media (tra 2,2 e 2,9).
Le grandi aziende sono attualmente gli attori più attivi nell’open innovation ma cominciano ad essere attivamente coinvolte anche sempre più PMI (quelle più grandi e strutturate). Le aziende più piccole restano invece, salvo eccezioni molto limitate, ancora fuori gioco.
Open innovation in Italia: i settori che la applicano
Questo trend attraversa oggi quasi tutti i settori. Le Telco sono state storicamente le prime a muoversi ma non guidano più il “gioco”. Tra le 25 Corporate Startup Star italiane, 9 appartengono al settore al mercato dell’Energia (che include anche Oil & Gas e Multi-Utilities). Il secondo settore più rappresentato è quello Bancario e Assicurativo con 5 aziende, seguita da Edilizia e Infrastrutture con 3. Aziende di tutti gli altri settori stanno entrando a far parte dell’arena dell’Open Innovation, tra cui Aerospazio, Automotive, Elettronica, Food, Media e Retail.
Open innovation in Italia: una tendenza in ascesa
“La buona notizia è che quasi tutte le grandi aziende italiane hanno introdotto l’open innovation nella propria agenda. Questo vale anche per un numero crescente di PMI italiane, almeno quelle più strutturate – ha commentato Alberto Onetti, Chairman di Mind the Bridge, durante la presentazione del Report – Inoltre, un gruppo sempre più numeroso di aziende italiane sta andando oltre il cosiddetto innovation theatre, ovvero iniziative destinate principalmente a obiettivi di comunicazione e PR, e sta implementando modelli di collaborazione con startup e scaleup. Ci aspettiamo che questa tendenza continui a mano a mano che sempre più aziende seguiranno questo esempio”.
“L’aumento della propensione all’open innovation da parte delle imprese in Italia è dimostrato anche dalle oltre 100 aziende che saranno attivamente coinvolte a SMAU il 12 e 13 ottobre in attività di incontro con le startup, ma anche in tavoli di lavoro con altre aziende per progetti di co-innovazione da sviluppare congiuntamente. Un ulteriore dato che conferma il grande dinamismo che le aziende italiane stanno vivendo è rappresentato dai 337 incontri che sono stati organizzati tra le 116 startup presenti all’evento e i 53 operatori internazionali interessati ad entrare in contatto con l’ecosistema italiano: da General Motors a Danone, Telefonica, fino ai più importanti acceleratori globali che vogliono aprire una loro sede nel nostro Paese” – ha aggiunto Valentina Sorgato, Amministratore Delegato di SMAU.
Rispetto allo scorso anno si è registrata una tendenza generalizzata verso l’alto, che significa maggiore consapevolezza strategica, piani e processi più efficaci, e verso destra, ovvero maggiori risultati – ha concluso Onetti – Anche se questo riflette un miglioramento sia dal lato interno dei fattori abilitanti che dal lato esterno delle azioni, il tasso di crescita non è purtroppo ancora sufficiente per colmare il divario con i leader mondiali dell’innovazione”.