STARTUP INTELLIGENCE

Open innovation: ecco come Parmalat cerca le startup e in quali settori

Parmalat si sta concentrando sulla ricerca di startup innovative per realizzare progetti aziendali. Perciò ha avviato partnership e lanciato call. I temi: packaging, sostenibilità, smart retail, ecommerce, marketplace

Pubblicato il 18 Dic 2020

L'open innovation di Parmalat

Parmalat è una società del Gruppo Lactalis che si occupa di offrire una gamma di prodotti ottenuti principalmente dalla lavorazione del latte e della frutta. Serve una platea di 20 milioni di famiglie in Italia e oltre 200 milioni di consumatori nel mondo. È presente in Europa, America, Russia, Estremo Oriente, Australia e Sud Africa. L’azienda ha un fatturato mondiale di 6,7 miliardi di euro e conta circa 26.000 dipendenti.

In Parmalat l’innovazione è sempre stata una bandiera, soprattutto l’innovazione di prodotto, gestita in team dal Marketing e dalla Ricerca e Sviluppo, sviluppata tradizionalmente con metodologie Stage&Gate.

Da circa un anno e mezzo la società ha deciso di affiancare al Team di innovazione tradizionale una funzione dedicata a progetti di Open Innovation, con l’obiettivo di sviluppare sempre meglio l’ecosistema innovativo con Università, aziende, startup e aprirsi anche di più per collaborare e innovare. Per fare questo, Parmalat ha avviato alcune collaborazioni strategiche, tra cui anche la partnership con l’Osservatorio Startup Intelligence del Politecnico di Milano.

Ambassador di questo cambiamento sono Silvia Eleonora Campioni, già Marketing Manager e oggi anche Team Leader della Funzione Open Innovation, e Michele Carretta, già parte della Funzione R&D di Parmalat. Il team è composto da 8 membri appartenenti a diverse funzioni aziendali e aventi caratteristiche variegate in termini di età, genere, competenze. Il gruppo si riunisce almeno una volta alla settimana e organizza periodicamente momenti anche con il Board. Ogni componente ha allocato il 20% del proprio tempo per l’innovazione e ha la responsabilità di tenere aggiornati i propri colleghi e il proprio Capo Funzione su iniziative e progetti   per favorire la diffusione in azienda dell’innovazione anche proveniente dall’esterno. L’Open Innovation team è dotato di un budget proprio per i progetti di innovazione, che può comunque essere integrato on demand in base a esigenze specifiche e con approvazione del Comitato di Direzione. “Siamo giunti a questa struttura organizzativa dopo un intenso lavoro interno di benchmarking sulle best practice a livello nazionale e internazionale. Abbiamo inoltre fatto tanta formazione, imparato anche come valutare e collaborare con una startup, tramite interviste a manager e partner, definendo KPI qualitativi e quantitativi”, spiega Campioni.

Scouting, watching e networking sono i tre capisaldi che guidano le azioni di questa nuova realtà: scouting di nuove startup con cui collaborare, watching per stare al passo con le nuove tecnologie (principalmente in ambiti come lo smart retail e innovazione nel packaging) e networking per essere conosciuti e ricercati dagli altri attori del settore. “Si tratta di un approccio learning by doing che in questo anno e mezzo di attività ci ha permesso di posizionarci come interlocutore attivo nell’ecosistema dell’innovazione”.

Oggi l’azienda si sta concentrando sulla ricerca di startup innovative con cui mettere a terra progetti aziendali che possano portare alla crescita reciproca, anche se le dimensioni aziendali decisamente diverse rappresentano una grande sfida per Parmalat nell’ingaggio e collaborazione con giovani realtà innovative. In questo ambito Parmalat ha sviluppato diverse partnership con attori dell’ecosistema come la Camera di Commercio Italo-Francese, Le Village di Crédit Agricole di Parma e Milano, ART-ER in Emilia-Romagna e appunto il Politecnico di Milano. Sono state inoltre lanciate delle call4startup specifiche sui temi del packaging e della sostenibilità da un lato, e su quelli dello smart retail, dell’ecommerce e del marketplace dall’altro. “Se intercettiamo qualche startup interessante, facciamo uno screening col nostro Team interno e infine coinvolgiamo il Comitato di Direzione. Per comprendere meglio la bontà della startup valutiamo attentamente anche il background del team per esempio”, commenta Carretta.

Per il successo di questa nuova organizzazione sono stati essenziali due elementi: il supporto dei vertici aziendali e la diffusione della cultura dell’innovazione in azienda. “L’iniziativa di creare una Funzione Open Innovation è nata infatti dalla fusione di un approccio bottom-up e un approccio top-down: da un lato c’è stato un forte commitment del Top Management, che ha reso disponibili risorse da dedicare all’innovazione; dall’altro sono stati gli stessi colleghi a voler far parte del Team partecipando per vocazione personale”, racconta Campioni, che conclude: “Questo ha permesso ai colleghi coinvolti di ottenere, in aggiunta alla propria specializzazione verticale sulla funzione aziendale, anche la possibilità di apprendere competenze trasversali portandoli ad acquisire una conoscenza T-shaped” (“T-shaped knowledge”, o competenze a T, è la conoscenza che caratterizza persone con una competenza approfondita su uno specifico argomento o settore, ma dotate anche di conoscenze trasversali che rendono le risorse più adattabili).

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Eliana Bentivegna
Eliana Bentivegna

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