L’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) — centro di ricerca di eccellenza con sede a Genova — non si trasformerà in un’agenzia dei brevetti, così come descritto dall’articolo 5 del decreto legge “Investment Compact” (pensato tra l’altro per cambiare le banche popolari in società per azioni) varato il 24 gennaio dal Governo.
Lo fa sapere informalmente Palazzo Chigi. E lo strumento per rimediare alla “svista” che ha provocato una vera e propria rivolta, non solo all’interno dell’Istituto ma anche in diverse Università italiane, potrebbe essere l’emendamento presentato dai parlamentari dell’Intergruppo per l’innovazione con lo scopo “di evitare di affidare all’Istituto — si legge in una nota rilasciata dal primo firmatario Lorenzo Basso — un compito che non gli è proprio e che genererebbe, nei fatti, un risultato opposto a quello sperato». Accoglierlo nel corso del passaggio parlamentare di conversione del decreto potrebbe essere la soluzione più semplice per rimediare al pasticcio, che ha portato il direttore Roberto Cingolani a minacciare le dimissioni.
«Accogliamo con soddisfazione l’emendamento presentato dai parlamentari dell’intergruppo per l’innovazione — dice a EconomyUp Stefano Amoroso responsabile comunicazione dell’Iit — aspettiamo però che il passaggio sia reale e che il decreto, con dentro l’emendamento, venga convertito in legge». La richiesta iniziale fatta dall’Iit era in realtà quella di poter supportare le startup che nascono dai propri laboratori, come avviene per la maggior degli istituti di ricerca del mondo. Così come si presentava il decreto avrebbe di fatto snaturato la funzione dell’Istituto costringendo i ricercatori a reinventarsi nel campo della valorizzazione dei brevetti:
«Se sei un ricercatore — continua Amoroso — difficilmente hai le competenze per fare il valorizzatore delle proprietà intellettuali altrui e rapportarti con le imprese. Oltretutto la macchina operativa dell’Istituto sarebbe dovuta cambiare completamente, a partire dal personale che si sarebbe dovuto integrare per poter gestire la mole di brevetti di cui saremmo stati inondati. Un conto è gestire la nostra proprietà intellettuale fatta di oltre 300 brevetti, un conto è gestire quella di un Paese intero».
La pensa così anche Ugo Pattacini, ricercatore del dipartimento iCub Facility: «La nostra mission è del tutto diversa da quella pensata inizialmente nel decreto, il brevetto è uno strumento che noi utilizziamo per mettere in pratica i risultati della nostra ricerca, non abbiamo la possibilità di diventare l’aggregatore di tutti i brevetti degli istituti italiani». Pattaccini tra l’altro fa parte di uno dei progetti più prestigiosi dell’Iit ovvero iCub. Si tratta di un umanoide, un robot con le sembianze di un bambino, in grado di parlare, interagire e acquisire informazioni pensato per l’interazione con l’essere umano. «L’idea di dare vita a questo progetto è nata circa dieci anni fa, si tratta di un progetto completamente open source utile a sviluppare la robotica umanoide — sostanzialmente lontana da quella industriale nonché dall’intelligenza artificiale — e in grado di usufruire del contributo di tanti altri partner a livello internazionale».
Accompagnato dallo stesso Pattaccini e da Giorgio Metta, direttore del dipartimento, iCub è stato uno dei protagonisti dell’Internet of Everything Italian Forum tenutosi a Milano il 28 gennaio. Il robottino rappresenta il prototipo dei trenta modelli che sono oggi presenti in tutto il mondo: rispondere ai comandi, indicare un oggetto specifico e incamerare nuove informazioni sono alcune delle funzionalità finora sviluppate dai ricercatori: «siamo molto soddisfatti dei risultati fin qui ottenuti con iCub, e puntiamo a migliorarlo sempre di più — sottolinea Pattaccini — per noi è stato motivo di orgoglio arrivare a vendere un esemplare di iCub in Giappone che è riconosciuta a livello mondiale come la patria della robotica umanoide, ma abbiamo anche fatto centro negli Stati Uniti. Stiamo ricevendo fondi a livello europeo per gettare le basi del prossimo futuro, dato che la stessa Unione Europea considera la robotica come una disciplina di ricerca fondamentale che avranno un impatto tangibile nella società».
La sperimentazione non si ferma mai, dato che il cucciolo informatico (da qui il nome iCub) è un dispositivo in continuo sviluppo sia a livello meccanico che elettronico. Sono in fase di progettazione le nuove gambe che permetteranno ad iCub di rimanere in equilibrio in piedi e compiere i primi passi, inoltre la sensoristica di cui è stato equipaggiato il nuovo prototipo gli permetterà di percepire con una qualità superiore gli stimoli che arrivano dall’esterno, aumentando la sua capacità di interagire con l’essere umano. A livello software sembra poi che gli ultimi algoritmi sviluppati possano consentire al robot di comprendere le finalità di un oggetto.
Va detto infine che l’Iit è stato concepito come una realtà in continuo movimento, terminati i tre anni di dottorato infatti i ricercatori generalmente lasciano il posto a nuove figure proprio per consentire un contributo alla crescita sempre eterogeneo e multidisciplinare. Coloro che accedono al dottorato hanno profili disciplinari molti differenti, dal fisico al chimico dall’ingegnere al filosofo senza tralasciare però la componente internazionale che al momento rappresenta il 30% dei ricercatori dell’Iit.
Non resta quindi che aspettare i 60 giorni previsti per la conversione del decreto e vedere se il Governo manterrà il suo impegno, per capire se dell’Iit si parlerà in futuro ancora come di un centro di ricerca di eccellenza italiano o soltanto come un centro di smistamento e commercio di idee concepite altrove.