“Buone notizie dall’Italia”, ha titolato l’Economist a metà settembre. E se lo dice anche il magazine inglese, che in passato non è stato particolarmente tenero con il nostro Paese, vuol dire che questo autunno 2017 può essere davvero la stagione della ripartenza. A patto che…si investa sempre di più in innovazione e si acceleri la trasformazione digitale, nella pubblica amministrazione e nelle imprese.
In Italia si sta aprendo una fase ideale per innovare
Diversi indicatori confermano un quadro economico positivo. Siamo finalmente tornati a prima del 2008. Da 10 trimestri il Pil continua a crescere e a fine anno potrebbe segnare un imprevisto +1,5 su base annua. L’occupazione torna a crescere, permanendo però la sacca negativa e preoccupante dell’impiego giovanile. Così come l’inflazione e la fiducia delle imprese e dei consumatori. Ce n’è abbastanza per essere ottimisti ma con cautela. Perché, come ha avuto modo di avvertire lo stesso premier Paolo Gentiloni, c’è ancora molto da fare. E a questo punto non ci sono più ragioni per non farlo.
Credo che si stia aprendo in Italia una fase “ideale” per poter finalmente guardare il futuro con maggiore serenità ma anche con molta lungimiranza. Perché il lavoro comincia adesso ed è un lavoro che deve rispondere rapidamente alle pressioni competitive che arrivano dall’evoluzione e dalla diffusione delle tecnologie digitali e dal conseguente cambiamento di comportamenti dei consumatori e, quindi, dei mercati. Questo è il momento, proprio perché si torna a respirare aria buona, di investire e spingere con decisione verso l’innovazione, che non vuol dire solo il rinnovamento di macchine e software ma soprattutto un veloce ripensamento di culture, modelli e processi aziendali. E, in molti casi, di modelli di business.
Adesso tocca alle imprese, senza attendere nuove politiche economiche
Nell’ultimo lustro è stato fatto “abbastanza” dai governi per portare l’attenzione sulla nuova imprenditorialità e sulla trasformazione digitale, dalla startup policy al piano Industria4.0 fino alla nomina di un Commissario per l’Italia Digitale. Certo si può sempre fare di più e meglio, ma se pensiamo alla politica di 10 anni fa, non possiamo non vedere la differenza. Il bicchiere ha cominciato a riempirsi e a questo punto non può più essere svuotato.
L’attenzione sul digitale e sulla nuova economia è il risultato anche di questa azione politica. A livello infrastrutturale poi si è investito molto negli ultimi anni e sono stati fatti importanti passi avanti. Il 5G è ormai prossimo e rappresenterà una svolta per tutti i nuovi servizi di mobilità basati sull’Internet delle Cose. Sarà anche un’opportunità per chi saprà coglierla. E anche a livello di banda larga fissa, si sono fatti passi avanti importanti negli ultimi due anni.
Non ci sono più alibi, a questo punto
Non ci sono più alibi economici, né politici, né infrastrutturali. Non ci sono più motivi per rinviare una seria strategia di innovazione e trasformazione digitale nelle nostre imprese, una strategia capace di aumentare produttività e redditività. In una sola parola: competitività. In uno scenario come quello attuale, nazionale e internazionale, in cui non mancano le risorse finanziarie e si sono creare le condizioni positive per nuovi investimenti, chi non premerà il piede sull’innovazione avrà una sola giustificazione: miopia culturale. E così facendo si precluderà ogni possibilità di crescita e di futuro. Perché la disruption non perdona.