Nessuno ha una postazione fissa, le scrivanie vengono assegnate in base alle esigenze quotidiane. Ai lavoratori viene indicato il parcheggio libero più vicino, vengono mostrati gli impegni della giornata e viene persino versata la giusta quantità di zucchero nel caffè. Le luci e il riscaldamento si attivano o si spengono in base alle effettive necessità e persino le pulizie sono programmate a seconda dei dati forniti dai sensori, che indicano se una stanza è più o meno sporca. È stato definito dalla testata Bloomberg l’edificio più intelligente del mondo, si chiama The Edge ed è la sede del Gruppo Deloitte ad Amsterdam.
È un gioiello di architettura e allo stesso tempo uno spazio di lavoro estremamente innovativo costruito all’insegna della sostenibilità e dell’Internet of Things, ovvero il network di oggetti fisici o cose dotate di sensori, software e connettività che li rendono in grado di collegarsi tra loro e scambiarsi dati.
Già a prima vista la sede della grande società di consulenza internazionale appare ecologicamente sostenibile e smart per la sua posizione, le ampie vetrate, i 4000 metri di pannelli solari, i balconi e le luci intelligenti. Entrando nella vasta hall, si incontra una caffetteria con bar e tavolini e una palestra. Fin qui niente di troppo diverso da altre grandi aziende. Invece la diversità si sente e la sentono innanzitutto i dipendenti, che sono assistiti fin dal loro ingresso nel palazzo da un’apposita app, in grado di indicare loro il parcheggio ottimale, illustrare l’agenda della giornata, assegnare una postazione adatta alle esigenze: scrivania con sedia, scrivania senza sedia, cabina di lavoro, sala riunioni, posto a sedere sul balcone o “stanza per la concentrazione”. Circa 2.500 lavoratori condividono un migliaio di scrivanie. Si chiama hot desking e dovrebbe incoraggiare nuove relazioni, incentivare gli scambi e soprattutto garantire un uso più efficiente dello spazio. La stessa applicazione regola la temperatura e la luce in base alle preferenze salvate dal dipendente.
Insomma, nulla è prestabilito ma tutto molto “liquido”, pronto ad adattarsi alle necessità quotidiane con l’obiettivo, ovviamente, di ottenere il massimo attraverso una rigorosa gestione e programmazione tecnologica delle risorse.
The Edge è anche il palazzo più ecologico del mondo secondo l’agenzia di rating britannica Breeam, che gli ha assegnato il punteggio più elevato mai attruibito: 98,4%. I pannelli a Led, costruiti da Philips appositamente per The Edge, richiedono così poca elettricità che possono essere alimentati usando gli stessi cavi che trasportano i dati per Internet. I pannelli sono inoltre dotati di sensori (per movimento, luce, temperatura, umidità) che creano una sorta di “soffitto digitale”, in grado di avvolgere l’edificio come le sinapsi all’interno di un cervello umano. In tutto all’interno del palazzo ci sono 28mila sensori. “Ci possiamo ritenere la Uber degli edifici” dice Coen van Oostrom, Ceo (Chief executive officer) di OVG Real Estate, lo sviluppatore dell’edificio. “Li colleghiamo, li rendiamo più efficienti e alla fine, nel mondo, serviranno meno edifici”.
Di fatto Deloitte sta raccogliendo molti gigabytes di dati relativi all’interazione tra The Edge e i suoi impiegati e, attraverso le centrali operative, è in grado di tracciare qualsiasi cosa, da quanta energia viene utilizzata a quando le macchinette del caffè devono essere rifornite. Nei giorni in cui è previsto un numero inferiore di lavoratori presenti sul posto, si può decidere di chiudere un intero reparto, abbattendo così i costi di riscaldamento, condizionatori, luce e pulizie.
Sì, anche le pulizie, perché dai sensori presenti all’interno dei lampadari è possibile individuare se un ufficio è stato molto “abitato” e quindi richiede più lavoro di ripulitura rispetto a una stanza dove non è entrato nessuno per l’intera giornata.
E la privacy dei lavoratori? Per il momento non sembrano sorgere problemi. Deloitte ha indetto un sondaggio per conoscere la loro opinione riguardo al nuovo sistema di gestione e personalizzazione degli spazi. La grande maggioranza si è detta d’accordo, vedendo nel software un’opportunità di migliorare le proprie condizioni di lavoro.