Massimiliano Garri è il nuovo Chief Technology, Innovation & Digital Officer di Ferrovie dello Stato Italiane, dove arriva dopo quattro anni in Terna (dove era Executive Vice President of Innovation and Market Solution e CEO di terna Forward), azienda dove c’è stato un importante e agitato ricambio manageriale dopo la nomina come amministratore delegato di Giuseppina Di Foggia.
Da giugno di quest’anno il nuovo amministratore delegato di Ferrovie dello Stato è Stefano Donnarumma, che ha avuto modo di conoscere e apprezzare il lavoro di Garri quando ha ricoperto lo stesso ruolo in ACEA.
Chi è Massimiliano Garri, un manager ispirato da Itali Calvino
Massimiliano Garri, napoletano, classe 1969, è un manager con una forte cultura dell’innovazione e della tecnologia, che ha portato in azienda (prima di Terna in ACEA, dove è stato Chief Innovation & Information Officer) dopo una lunga esperienza come consulente in BIP. Ama definirsi un nerd e su Linkedin si presenta come “Digital Humanist” ispirato dai principi di Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità e Coerenza.
Sono le sei parole chiave delle “Lezioni Americane” di Italo Calvino, suo riferimento culturale insieme con Asimov, il “Jules Verne del XX secolo”, come lo definisce lui.
E su quelle sei keyword, una per ogni anno, Garri nelle sue ultime esperienze ha trovato motivo di ispirazione e orientamento per sviluppare i progetti di innovazione così come quelli di innovazione aperta, in contesti aziendali connotati da una forte impronta tecnologica (prima nella multiutility ACEA e poi in Terna, che è il gestore della rete elettrica italiana) dove ha lavorato per la diffusione della cultura dell’innovazione e una sempre maggiore coerenza con il business.
L’innovazione e il digitale secondo Massimiliano Garri
Qual è l’idea di innovazione che Massimiliano Garri porterà in Ferrovie dello Stato? Ne abbiamo discusso spesso anche qui su EconomyUp ed ecco alcune suggestioni.
“L’innovazione è un’attività con un obiettivo fondamentale: permettere alle persone di esprimersi al meglio. L’errore più grande che si può commettere in una corporate è pensare che ci sia chi fa innovazione e chi l’aspetta”. L’innovazione, quindi, è un affare di tutti, al punto che in diverse occasioni Garri ha detto che il bravo Chief Innovation Officer lavora per la sua estinzione…
E il digitale quale ruolo ha in questa visione? “La digital transformation ha un obiettivo principale: trasformare il pensiero in codice. E il coding richiede quasi una qualità artistica, è uno degli atti più creativi che si possano fare”, dice Massimiliano Garri, che ricorda le tre qualità distintive della digital transformation: deve essere inclusiva, deve creare un nuovo concetto di spazio condiviso, fisico o virtuale che sia, deve essere un gioco senza fine dove non c’è un vincitore, ma che consenta a tutti di raggiungere i propri obiettivi.
Creatività è un altra parola ricorrente nella filosofia manageriale di Garri. “Noi siamo un ‘contenitore’, abbiamo immagini, valori, esperienze. Le migliaia di persone di una grande azienda rappresentano una sorta di biblioteca: se riesco a scoprire e utilizzare con metodo tutto il contenuto, se riesco a rimescolare questi inventari, allora divento creativo e faccio davvero innovazione, dando a chiunque la capacità di potersi esprimere”.
In quest’ottica la funzione Innovazione di un’azienda ha un ruolo speciale: “Permettere alle persone di portare avanti le proprie idee, di essere ascoltate, per creare e migliorare le cose. Noi abbiamo il dovere di evitare che qualcuno possa ostacolare o impedire ai nostri colleghi di esprimersi. Mi piace dire che noi siamo i ‘rimotori’ di possibili ostacoli”.
Massimiliano Garri e l’intelligenza artificiale
In Ferrovie dello Stato Garri Garri dovrà riprendere le fila di una serie di attività che nel corso degli ultimi due anni hanno mostrato una rinnovata vivacità del Gruppo verso l’innovazione (lo scorso novembre per la prima volta ha partecipato con uno stand al Web Summit di Lisbona, uno dei più grandi appuntamenti per innovatori provenienti da tutto il mondo; ha lanciato un albo delle startup e ha già avviato diverse collaborazioni fra diverse società controllate (come RFI) e nuove imprese innovative).
Certamente Garri si occuperà della “rivoluzione” del momento: l’intelligenza artificiale. Come la pensa sull’AI? Cominciando da una necessaria distinzione:
“Da un lato c’è l’intelligenza artificiale “classica” (machine learning, deep learning, riconoscimento immagini, …) che ha tantissime applicazioni e può dare un contributo enorme al miglioramento dell’automazione, soprattutto se agganciata alla robotica. È uno strumento ove l’efficienza e l’efficacia si può misurare. In questi ambiti non ha più senso qui parlare di trend emergente. Vanno solo messe a terra le applicazioni”.
(Di AI e altro abbiamo discusso con Massimiliano Garri nel corso di una puntata di InnovationWeekly, che puoi rivedere qui)
Diverso è il discorso sulla GenAI: “Se parliamo di GenAI divento molto strabico: con un occhio vedo che è totalmente inutile, con l’altro vedo che cambierà il mondo”, dice Garri e spiega meglio: “Nell’applicazione della Gen AI alle corporate mancano oggi ancora gli use cases. Ho fatto un’infinità di incontri con provider che mi vengono a presentare soluzioni. Ma quali sono gli use case di valore? Fare il chatbot migliore per aprire i ticket con l’IT? Qual è il business case che c’è dietro? Perché, oltre all’investimento, ci sono i costi per tenere in piedi le infrastrutture”.
Garri avverte poi su altri due temi: la gestione del rischio e l’accountability che sono alla base del funzionamento delle aziende sane e che, al momento, non sono minimamente affrontati.