Massimiliano Garri (Acea): la trasformazione digitale e l’open innovation in una grande multiutility

“Siamo una società industriale, i nostri asset sono le infrastrutture, dobbiamo essere pragmatici”, dice il Chief Innovation & Information Officer del gruppo. “La digital transformation non è l’obiettivo ma un modo per essere più efficienti”. “Fare open innovation è difficile ma abbiamo già sviluppato progetti con startup”

Pubblicato il 19 Ott 2018

Massimiliano Garri, Chief Innovation & Information Officer at ACEA

Massimiliano Garri affronta la tecnologia, l’innovazione – e non solo quelle – aiutandosi con le parole. Quelle preferite dal Chief Innovation & Information Officer di ACEA sono leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza. La citazione è da Italo Calvino, suo riferimento culturale insieme con Asimov, il “Jules Verne del XX secolo”, come lo definisce lui.

Garri è convinto che l’innovazione riesca a toglier peso anche alle cose più pesanti. In Acea da poco meno di un anno e mezzo, nell’attuale ruolo dall’inizio del 2018, consegna questa visione al suo team con un motto: “L’innovazione deve ridurre tempo e spazio per permettere ai nostri colleghi di lavorare al meglio”.

GLI INVESTIMENTI DI ACEA SULL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Che cosa significa questo concretamente per una delle principali multitutility italiane, quotata in Borsa dal 1999? «Acea nel piano industriale 2018-2022, ha pianificato 400 milioni di euro di investimenti sull’innovazione tecnologica, per favorire una maggiore automazione dei processi industriali, una migliore resilienza delle infrastrutture e un costante miglioramento del rapporto con i nostri clienti. Da qui la volontà dell’azienda di fornire il giusto supporto per raccogliere e valorizzare anche il potenziale innovativo delle start-up e non solo», ricorda Garri, la cui divisione (Innovation, Technology and Solution) è alle dirette dipendenze dell’amministratore delegato  Stefano Antonio Donnarumma e ha assorbito la tradizionale funzione ICT. “Abbiamo un maggior ruolo di coordinamento e indirizzo “, spiega. Ma siamo anche una struttura interna di servizio, nell’ottica di innovation as a service.

Massimiliano Garri, Chief Innovation & Information Officer at ACEA
Trattamento rifiuti, acqua, energia: materie solide e antiche che non vengono risparmiate dall’impatto delle tecnologie digitali anche perché sono essenziali per ogni progetto di smart city. “Sono stato sorpreso dalla quantità di innovazione che ho trovato nelle aree industriali”, dice Garri, che per anni ha fatto il consulente in BIP. “Dalle reti alle questioni ambientali, dal trading di gas ed elettricità, alla relazione con i clienti molto è stato già fatto e molto si sta facendo nel nostro mondo. Per esempio sul fronte dei servizi a valore aggiunto, resi possibili anche dalle tecnologie digitali”. In ACEA adesso si sta lavorando per mettere tutto a fattor comune e definire i prossimi passi di sviluppo

INNOVAZIONE E TRASFORMAZIONE DIGITALE IN ACEA

La trasformazione digitale è un pezzo dell’innovazione, dice Garri che tiene a ricordare: “Noi abbiamo a che fare con tubi, cavi, impianti; che non saranno rimpiazzati dai bit. Sono la base della nostra ricchezza e dei territori in cui operiamo. Possiamo allungarne la vita con l’analisi predittiva o migliorarne l’efficienza con le immagini satellitari e i droni. Ma restano il nostro asset. Ovvio che sul fronte commerciale la trasformazione digitale ha un impatto diverso e infatti il customer journey in Acea è cambiato notevolmente. Ma non confondiamo la digital transformation con l’obiettivo“.

Siamo una società industriale, i nostri asset sono le infrastrutture, dobbiamo essere pragmatici“. Garri precisa che per leggere questa realtà dal punto di vista di chi deve fare innovazione, almeno il 70% dell’impegno è per l’efficienza e l’efficacia delle infrastrutture. Il resto è per sviluppare POC (proof of concept) sia sul campo sia per i clienti, con startup ma anche università. E poi c’è la disruption, cioè la ricerca di risposte alla domanda: dove vogliamo andare?  “Qui si lavora su diversi livelli: infrastrutture che vuol dire anche connettività e capacità di telecontrollo; i clienti che non sono tutti uguali, dal cittadino all’imprenditore hanno bisogni diversi a cui dobbiamo rispondere; e lo stesso vale per i territori in cui operiamo”. Insomma, c’è da immaginare un futuro molto più “on demand”.

L’OPEN INNOVATION IN ACEA, IL RAPPORTO CON LE STARTUP

Una parte del percorso di innovazione si fa solo in compagnia di altri. Nella divisione guidata da Garri c’è una struttura dedicata all’Open Innovation. “Collaboriamo con le università e su progetti universitari, da quella di Pisa sulle reti idriche a quella in Belgio sulle microplastiche”, racconta Garri. “Ma lavoriamo continuamente per acquisire nuove idee dalle start-up, come per esempio abbiamo fatto per i pali 4.0 per l’illuminazione pubblica a Roma o per il Data Challenge Prize in collaborazione con Luiss Enlabs per il Data Drive Decision”.

Fare open innovation non è un lavoro facile, ammette Garri. “Le startup come anche le Pmi devono interfacciarsi con una enterprise come Acea. È importante che abbiano chiaro il contesto in cui devono muoversi”. Oltre alle idee serve affidabilità, stabilità, sicurezza. “Vediamo una grande voglia di fare e tantissime idee, che devono essere accompagnate dalla capacità di interpretare il bisogno dell’azienda. Dall’altra parte l’azienda, come tutte le grandi realtà e specie quelle con un bagaglio di competenze tecniche importanti, deve individuare il modo migliore per integrare un contributo che arriva dall’esterno. È questo l’impegno che ci assumiamo: selezionare le idee migliori e portarle alla valutazione del nostro business”.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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