“Per le corporate è assolutamente necessario investire nella fase iniziale delle startup”: lo ha detto oggi Marius Swart, Global Director Innovator ed Entrepreneurship di Coca-Cola, intervenendo al Bocconi Startup Day. Parole dalle quali emerge come una multinazionale con lontane radici nel 1886, anno in cui il farmacista John Stith Pemberton inventò la bevanda dal colore scuro e dal sapore particolare da cui trae il nome l’azienda, abbia deciso di restare al passo con i tempi affidandosi (anche) alle startup.
“Abbiamo assistito – spiega Swart – a un’evoluzione negli ultimi decenni: negli anni Ottanta e Novanta si tendeva ad investire in società già consolidate; oggi ci rendiamo conto che, se le startup con le quali collaboriamo sono all’inizio del processo, ci possiamo focalizzare insieme sui problemi da risolvere. E, proprio grazie a questa collaborazione, sentiamo che possiamo ricavare da queste nascenti realtà imprenditoriali moltissimo valore aggiunto”.
La Coca-Cola, dice ancora il top manager, non ha un budget specifico da destinare agli investimenti in startup, ma mette la spesa a bilancio. Swart è convinto della necessità per una multinazionale di scommettere sulle startup early stage, “perché – sottolinea – c’è differenza tra invenzione e innovazione. L’invenzione è qualcosa di nuovo che prima non c’era (e qui verrebbe da pensare al farmacista Permberton e all’originale bevanda da lui inventata, ndr), l’innovazione è l’uso diverso di qualcosa che già esisteva. Ed è in grado di portare radicali cambiamenti nelle aziende, in particolare nella nostra azienda, rendendola più efficiente”.
Innovazione significa anche Ricerca e Sviluppo (R&D). Il top manager di Coca-Cola ne è consapevole e tiene a sottolineare che non esiste competizione interna tra la sua divisione, impegnata a realizzare le strategie innovative, e il reparto R&D, che sta studiando nuove bevande. “Lavoriamo insieme perché il nostro obiettivo è uno solo: fare cose che ci rendano più efficienti”.
Per poter investire in startup occorre anche che l’ecosistema sia fertile e in grado di proporre soluzioni realmente valide e innovative. “Serve che ci siano finanziamenti, tecnologia e persone brillanti” rileva Swart. “Quando ci sono questi ingredienti è tutto ok e si può proseguire nella strategia di collaborazione con le neo imprese”. E nel nostro Paese gli ingredienti ci sono? “Vorrei vedere di più una cultura del fallimento – conclude il dirigente – perché il fallimento è un’opportunità. Si deve provare una, due, tre volte, senza lasciarsi scoraggiare. Invece in Italia si tende a mollare subito se le cose non hanno funzionato come dovevano. Invece bisogna andare avanti. Sempre”.