L’INTERVENTO

L’intelligenza artificiale sostituirà anche il CEO? C’è chi sta già provando il leader artificiale



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L’azienda polacca di rum Dictator ha investito un umanoide del ruolo di CEO. Il segnale di un cambiamento i cui esiti sono difficili da prevedere. Ma automatizzare la leadership è operazione complessa, anche in virtù del capitale relazionale che c’è in ogni attività di management

Pubblicato il 7 ago 2024



CEO robot

Quanto tempo manca prima di avere i CEO robot? Negli ultimi tempi si sono susseguiti articoli e approfondimenti su una domanda affascinante e di non facile risposta: se l’AI, con i progressi quotidiani a cui stiamo assistendo, sarà in grado – potenzialmente – di sostituire e far meglio decine (se non centinaia) di lavori nel prossimo futuro, ciò varrà anche per il lavoro per definizione, quello più ambito, ovvero quello di CEO?

CEO robot, la difficoltà di automatizzare la leadership

Certamente oggi l’evoluzione tecnologica ha fatto passi da gigante rispetto ai primissimi tentativi di decentralizzare ed automatizzare la leadership di un’organizzazione complessa: a tal proposito, uno dei primi casi che la letteratura tende a ricordare è quello di The DAO, organizzazione autonoma decentralizzata digitale, quindi una forma di fondo di capitale di rischio diretta dagli investitori.

The DAO fu lanciata nel 2016 con una grande campagna di crowdfunding e gli utenti, investendo ETH – criptovaluta nativa di Ethereum – ricevevano token rappresentativi dell’investimento. L’obiettivo finale era quello di fornire un innovativo modello di business decentralizzato tramite una struttura di gestione non convenzionale. Pochi mesi dopo il lancio, però, una vulnerabilità del codice ha consentito ad alcuni utenti di hackerare The DAO e trasferire un terzo dei fondi in un conto sussidiario, portando alla luce le falle del sistema. 

Quanto tempo servirà per avere un CEO robot?

Se è vero che casi come quello di The DAO oggi appaiono preistorici e se fino a qualche anno fa anche sulle “bibbie” del management (vedi Harvard Business Review) si pensava che un CEO robot fosse solo fiction, oggi è anche vero e inconfutabile che l’AI ha fatto passi da gigante e, seppur ancora non è ovviamente dotata di una qualità di pensiero e capacità autonoma nel prendere decisioni complesse – come possono essere tipicamente quelle dei CEO di aziende di piccole ma anche grandi dimensioni – prospetta di colmare questo gap in tempi relativamente contenuti.

Ma quanto brevi questi tempi? A giudicare dal susseguirsi di tentativi ricorrenti in giro per il mondo, potrebbero essere più contenuti di quanto si possa immaginare. Infatti, l’AI è ora in grado non solo di apprendere, ma anche di auto-apprendere da se stessa e dall’ambiente esterno, con caratteristiche sempre più simili agli esseri umani.

I vantaggi dell’AI per il business

L’adozione dell’intelligenza artificiale nelle imprese sta portando a una trasformazione radicale delle operazioni aziendali, permettendo una gestione più efficiente e strategica delle risorse. Una delle capacità più rilevanti dell’AI è, come già detto, l’analisi e l’elaborazione di grandi volumi di dati in tempi estremamente rapidi. Questo consente alle aziende di estrarre informazioni dettagliate e di valore, ottenendo così una comprensione approfondita delle tendenze di mercato, dei comportamenti dei consumatori e delle performance, maniera più efficiente e con minori costi. 

Oltre alla gestione dei dati, l’AI automatizza e semplifica generalmente compiti ripetitivi e di routine, riducendo la probabilità di errori umani e liberando risorse preziose. Questo porta a una maggiore efficienza operativa, poiché i dipendenti possono dedicarsi a compiti più complessi e strategici che richiedono creatività e capacità decisionale.

L’automazione delle operazioni non solo migliora la produttività, ma anche la qualità del lavoro, poiché i processi standardizzati gestiti dall’AI tendono a essere più precisi e affidabili. Inoltre, la sua integrazione nelle pratiche aziendali migliora il servizio clienti, attraverso strumenti come i chatbot che forniscono supporto continuo e risposte immediate, contribuendo a una migliore esperienza del cliente e a una maggiore soddisfazione complessiva.

Chi sta sperimentando il leader artificiale

Alcune aziende, tuttavia, si sono spinte già oltre e hanno iniziato a sperimentare l’idea di un leader “artificiale”, come l’azienda polacca di rum Dictator, che ha sottolineato come “Mika” – il suo umanoide investito del ruolo di CEO – fosse “privo di pregiudizi personali, garantendo scelte imparziali e strategiche che prioritizzano gli interessi dell’organizzazione.

Sarà, ma difficile ad oggi ipotizzare un’adozione di massa di CEO AI powered a totale sostituzione della leadership umana.

Al di là dell’efficienza decisionale e di una verosimile ottimizzazione di costo, infatti, occorre ricordare, come sottolineato da Vinay Menon, che guida la practice globale di AI di Korn Ferry, che “abbiamo sempre esternalizzato lo sforzo. Ora stiamo esternalizzando l’intelligenza”, avvertendo al contempo che “mentre si potrebbe non aver bisogno dello stesso numero di leader, si avrà sempre e comunque bisogno di leadership.”.

La leadership, ovvero la capacità umana di usare senso critico e prendere decisioni, anche difficili e scomode, è qualcosa di prettamente umano e con gli umani, anche a livello relazionale, ha a che fare.

Il CEO robot e il capitale relazionale

Il capitale relazionale è costituito dai legami sociali che interconnettono persone e organizzazioni e che producono vantaggi individuali e collettivi, considerabile a tutti gli effetti una forma di capitale (alla stessa stregua del capitale finanziario e di quello tecnologico). È di fatto un valore aggiunto per innovare e competere nell’odierno scenario, caratterizzato da cambiamenti velocissimi e incertezza, ma anche un asset intangibile che, se correttamente e strategicamente gestito, può diventare un fattore critico di successo ed essere l’elemento chiave alla base del prossimo vantaggio competitivo.

Nel mondo del lavoro moderno, il successo di un’organizzazione dipende sempre più dalla capacità di costruire e mantenere relazioni solide e significative, oltre che dalla capacità di valorizzare i rapporti interpersonali all’interno e all’esterno delle realtà aziendali, guidando profondamente le performance complessive. 

Leadership vuol dire assunzione di rischi e gestione degli stessi, attività fino ad oggi tipicamente umane. Così emerge il correlato tema della responsabilità: di chi è la colpa di una decisione errata, se questa viene presa dall’AI? Dell’AI stessa? Di chi l’ha programmata? Di chi ha eseguito le indicazioni mis-interpretandole? Senza contare gli aspetti etici.

Inoltre, è verosimile che almeno una parte della popolazione aziendale media possa non essere completamente dispiaciuta dall’immaginarsi, un domani, un capo robot: qui entrano in gioco le tipiche dinamiche relazionali umane, come sottolineato in un interessante articolo recente della BBC sul tema che riporta, ad esempio, l’esperienza di Hannu Rauma, senior manager di Student Marketing Agency, azienda che assume studenti universitari per fornire supporto al marketing delle piccole imprese. 

Rauma ha visto una trasformazione significativa nella sua azienda da quando ha introdotto un manager AI autonomo sviluppato da Inspira. Questo strumento ha migliorato la pianificazione dei dipendenti, il monitoraggio della puntualità e la gestione dei carichi di lavoro, permettendo una fatturazione più precisa e riducendo il livello di stress dello stesso Rauma.

Ha affermato che l’AI ha reso i dipendenti più produttivi e ha migliorato le relazioni all’interno del team, consentendo una gestione più equa e discussioni meno stressanti. Tuttavia, non tutti i dipendenti utilizzano ancora il manager AI, e uno studio ha mostrato che la combinazione di AI e gestione umana produce i migliori risultati in termini di pianificazione e puntualità. Al solito, quindi, il presente caratterizzato da una coesistenza (obbligata) tra uomo e macchina.

La domanda a monte, tra le altre, potrà essere su chi ci sarà, a livello decisionale, “dietro” le AI di turno che eventualmente decideranno il destino dei mercati, delle organizzazioni e, in ultima istanza, delle persone.

Noi siamo convinti che lì dietro ci sarà, ancora per lungo tempo, l’essere umano, anche se oggi crediamo un po’ di più alla vecchia e quanto mai contemporanea massima di Carl Bass, CEO di Autodesk, che qualche anno fa disse, in maniera più che lungimirante: “La fabbrica del futuro avrà solo due dipendenti: un uomo e un cane. L’uomo sarà lì per dare da mangiare al cane. Il cane sarà lì per impedire all’uomo di toccare l’attrezzatura”.


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