Dare e ottenere prestiti online evitando di ricorrere alle banche si può fare attraverso il lending crowdfunding, ovvero il sistema in base al quale alcune piattaforme offrono alla “folla” di Internet la possibilità di finanziare un progetto, proposto da una persona fisica o un’impresa, a titolo di prestito. Viceversa le stesse piattaforme offrono a coloro che hanno bisogno di denaro la possibilità di ottenerlo attraverso il web. È solo intorno alla metà del 2015 che questa modalità di finanziamento è stata regolata.
Il social lending è finito sotto la lente dell’Osservatorio Crowdinvesting della School of Management del Politecnico di Milano: un termine già di per sé innovativo, il crowdinvesting, che racchiude in sé l’equity crowdfunding (finanziamenti a startup e pmi innovative), l’invoice trading (cessione di fatture commerciali) e appunto il lending crowdfunding.
Il quinto Report italiano sul Crowdinvesting realizzato dall’Osservatorio omonimo della School of Management del Politecnico di Milanoha fornito gli ultimi dati in proposito il 21 luglio 2020: sono emersi risultati record per quello che in generale si definisce crowdinvesting. La finanza digitale per le imprese in Italia continua a raddoppiare anno su anno nonostante gli ultimi mesi siano stati caratterizzati dalla crisi dovuta alla pandemia. Al 30 giugno 2020, infatti, i fondi erogati in totale ammontavano a 908 milioni di euro contro i 517 di un anno fa.
Finanza alternativa (crowdinvesting): record a 908 milioni nonostante la pandemia
Per quanto riguarda nello specifico il social lending, nel report 2020 dell’Osservatorio sono segnalate 17 piattaforme: Prestiamoci, Smartika, Soisy, MotusQuo, BLender, Younited Credit, BorsadelCredito.it, Bridge Asset, Credimi Futuro, Crowdestate, Ener2Crowd, Housers, October, Re-Lender, Recrowd, Rendimento Etico e Trusters. 6 piattaforme sono destinate a finanziare persone fisiche (consumer) e 11 dedicate alle imprese (business), di cui ben 6 (il doppio rispetto al 2019) specializzate nel real estate. Ma vediamo più sotto l’approfondimento, partendo dal concetto generale di crowdfunding.
CHE COSA SI INTENDE PER CROWDFUNDING
Il crowdfunding (letteralmente: finanziamento delle folle) è un termine generico per definire un finanziamento di progetti imprenditoriali e creativi attraverso una piattaforma Internet. È nato come forma di microfinanziamento dal basso che mobilita persone e risorse. Esistono ad oggi diversi siti web che fanno da piattaforma (uno dei più famosi nel mondo è Kickstarter) e che permettono ai fundraiser (coloro che presentano al pubblico i loro progetti e, in genere, pagano una quota dei proventi alla piattaforma ospite) di incontrare un ampio pubblico di potenziali finanziatori, i quali possono scegliere di sottoscriverli con quote più o meno elevate. Se la somma richiesta per il progetto viene raggiunta, il founder ottiene il finanziamento. In caso contrario i finanziatori possono avere indietro quanto versato. Si può dare del denaro e ottenere un omaggio (si chiama crowdfunding reward-based) o anche donare senza pretendere un ritorno economico per puri scopi benefici.
Cos’è il Social Lending (o Lending Crowdfunding)
Viene fatto genericamente rientrare nella definizione di crowdfunding ma ha sue peculiari caratteristiche che ne fanno una realtà a parte. Nell’ambito del social lending (o lending crowdfunding) gli investitori possono prestare denaro attraverso Internet a persone fisiche (consumer) o imprese (business) a fronte di un interesse e del rimborso del capitale. Generalmente la piattaforma di lending seleziona il prestito attribuendo un rating e lo suddivide fra una molteplicità di investitori già acquisiti, per frazionarne il rischio (modello ‘diffuso’), oppure lo presenta alla ‘folla’ di Internet, la quale può decidere se finanziare o meno il progetto (modello ‘diretto’).
Breve storia del Social Lending
Banca d’Italia ha pubblicato nel 2016 le nuove Disposizioni in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche, che comprendono una sezione completamente dedicata al social lending e quindi alle piattaforme web che intermediano denaro erogato da investitori privati e istituzionali a prenditori privati o a imprese. Banca d’Italia definisce il social lending (o lending based crowdfunding) come “uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme online, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto”. Bankitalia chiarisce comunque che l’operatività dei gestori dei portali online che svolgono attività di social è consentita nel rispetto delle norme che regolano le attività riservate a particolari categorie di soggetti (ad esempio, attività bancaria, raccolta del risparmio presso il pubblico, concessione di credito nei confronti del pubblico, mediazione creditizia, prestazione dei servizi di pagamento). Nel Resoconto della consultazione, Banca d’Italia fa comunque capire che questo è solo il primo tassello di una norma normativa ancora tutta in divenire.
La Legge di Bilancio 2018 (Legge 205/2017) ha introdotto una agevolazione per i prestatori, assoggettando i proventi da investimento nel ‘social lending’ ottenuti da persone fisiche alla ritenuta a titolo definitivo con aliquota 26%, come già accade per altri proventi finanziari quali dividendi e cedole di obbligazioni. Fino al periodo d’imposta 2017, invece, tali proventi concorrevano alla determinazione del reddito imponibile da dichiarare e subivano una tassazione ai fini IRPEF secondo l’aliquota marginale del contribuente in funzione degli scaglioni di reddito. Si tratta di un passo importante, che introduce maggiore equità per gli investitori e semplifica gli adempimenti. Va segnalato però che, come recentemente ribadito dall’Agenzia delle Entrate a seguito di un’istanza di interpello (Risposta 168/E del 2020), la ritenuta può essere applicata solo da intermediari finanziari iscritti all’albo o da un istituto di pagamento (artt. 106 e 114 del TUB); i gestori di portali che agiscono come agenti di un altro istituto di pagamento terzo sono esclusi. Sarebbe opportuno un intervento legislativo per eliminare questa penalizzazione discriminante. Sempre la Legge 205/2017 ha poi aperto la strada esplicitamente al riconoscimento del ‘social lending’ come asset class ammissibile nell’ambito degli ‘investimenti qualificati’ dei portafogli PIR esenti da prelievo fiscale (anche se la formulazione non è chiarissima secondo gli esperti).
Piattaforme di Social Lending e Lending Crowdfunding in Italia
Alla data del 30 giugno 2020 risultavano operative sul mercato italiano 17 piattaforme di social lending: Prestiamoci, Smartika, Soisy, MotusQuo, BLender, Younited Credit, BorsadelCredito.it, Bridge Asset, Credimi Futuro, Crowdestate, Ener2Crowd, Housers, October, Re-Lender, Recrowd, Rendimento Etico e Trusters. Le prime 6 piattaforme si rivolgono al momento a persone fisiche (consumer lending) mentre le ultime 11 si rivolgono a imprese (business lending). Bridge Asset, Crowdestate, Housers, ReLender, Recrowd, Rendimento Etico e Trusters sono focalizzate su operazioni nel real estate. Ener2Crowd è invece specializzata su progetti nel mondo dell’energia rinnovabile.
Alcune piattaforme prevedono fondi di protezione per ripagare eventuali prestiti in sofferenza, altre fanno leva unicamente sulla garanzia pubblica del Fondo statale per le PMI. Nel prestito ai privati, mantiene la leadership Younited Credit con 327 milioni di euro erogati (110 negli ultimi 12 mesi), anche se non raccoglie dai piccoli risparmiatori di Internet, mentre Smartika è quella con più prestatori attivi e Soisy ha il primato del maggior numero di prestiti concessi. La raccolta totale del mercato è stata di 409,8 milioni di euro, di cui 134,6 nell’ultimo anno (+10%). Nel prestito alle imprese (o finanza digitale alle imprese), Credimi Futuro, Borsadelcredito.it e October occupano il podio: il volume complessivo cumulato è di 339,2 milioni di euro, 179,6 aggiunti nell’ultimo anno (+113% sul flusso precedente).
Modelli di business del Social Lending (anche detto P2P Lending)
Benché spesso si utilizzino i termini ‘peer-to-peer lending’ (P2P lending) e ‘social lending’ come sinonimo del lending crowdfunding, occorre sottolineare che i modelli di business utilizzati dalle piattaforme esistenti possono essere abbastanza diversi. Se da una parte è corretto affermare che in ultima analisi i finanziatori vantino un credito diretto verso i soggetti finanziati (diversamente dai risparmiatori che depositano il proprio denaro presso una banca la quale a sua volta eroga il credito), è anche vero che i primi non esercitano necessariamente l’opportunità di scegliere ex ante a chi prestare denaro, selezionando fra tutti i richiedenti e analizzando le caratteristiche del progetto come avviene invece per l’equity crowdfunding. Due sono quindi i modelli dominanti attualmente nel mercato: quello ‘diffuso’ e quello ‘diretto’. Il modello diffuso prevede un ruolo attivo della piattaforma sia nel selezionare le richieste di credito fra tutte quelle pervenute, sia nel decidere l’allocazione del capitale investito. I prestatori mettono a disposizione della piattaforma una certa somma di denaro, fornendo alcune indicazioni rispetto all’importo prestabilito, al tasso di interesse atteso ed al risk appetite, ovvero al profilo rischio-rendimento ritenuto soddisfacente. è la piattaforma stessa ad allocare automaticamente il denaro fra i progetti ritenuti ammissibili, secondo i criteri indicati dai prestatori. Dato il flusso di richieste pervenute attraverso il web, la selezione viene effettuata tipicamente in due fasi, la prima sulla base di criteri standard, la seconda esaminando la situazione specifica e consultando banche dati messe a disposizione da provider quali Cerved, Crif, Experian, l’Agenzia delle Entrate, il Ministero dell’Interno, l’IVASS e OAM – Organismo degli Agenti e dei Mediatori. A volte sono raccolte informazioni sul richiedente anche attraverso i social network e l’analisi di big data relativi ai pagamenti passati, alle movimentazioni delle carte di credito, ad ogni altro elemento ritenuto utile per prevedere la solvibilità. I prestatori non necessariamente scelgono e sanno ex ante chi sarà il soggetto finanziato; possono invece conoscere in prima istanza la capacità di reddito e le sue caratteristiche principali (età per le persone fisiche, residenza, rischio creditizio) e sapranno in tempo reale se i pagamenti a servizio del finanziamento sono regolari oppure no. Una volta divenuti prestatori possono naturalmente chiedere ogni informazione di dettaglio. I rimborsi del capitale nonché gli interessi pagati ogni mese vengono automaticamente reinvestiti, a meno che il prestatore non dia disposizioni diverse. Egli in alcuni casi può chiedere di incidere nella scelta dei prestiti, in funzione del profilo scelto. Il vantaggio di questo modello per il richiedente consiste nella certezza di avere in poco tempo la disponibilità dei fondi, una volta che la pratica è stata accettata, poiché il denaro è già stato depositato. I richiedenti infatti ricevono una proposta dalla piattaforma rispetto al tasso di interesse previsto (il TAN, tasso annuo nominale, e opportunamente il TAEG, tasso annuo effettivo globale), che comprende la remunerazione netta per il prestatore, più un margine per la piattaforma e un secondo eventuale margine che va a finanziare un fondo di sicurezza a tutela dei crediti non rimborsati, laddove previsto.
Il modello diretto consente all’investitore connesso via web di visualizzare in modo trasparente l’identità del richiedente e di scegliere a chi effettivamente prestare denaro, valutando il rapporto fra rischio e tasso di interesse promesso. Temporalmente – a differenza del modello precedente – il processo comincia dai richiedenti, che sono soggetti alla valutazione di rischio della piattaforma (con criteri analoghi a quelli sopra esposti). Sono poi gli investitori a scegliere se e quanto investire nelle diverse campagne di raccolta. Si tratta di un modello più vicino al paradigma del crowdfunding ma che espone ovviamente ad un rischio di insolvenza elevato (poiché l’effetto di diversificazione del portafoglio non è automatico), e risulta time-consuming per il prestatore. In questo caso il ruolo della piattaforma consiste solo nella pre-selezione dei progetti che verranno pubblicati e resi accessibili agli investitori.
Le piattaforme attive in Italia fino al 2016 hanno applicato il modello ‘diffuso’; October è stata la prima a introdurre il modello ‘diretto’ seguita da tutte le piattaforme specializzate in ambito immobiliare. In ogni caso tutte le piattaforme sono caratterizzate da specificità che saranno meglio dettagliate nelle prossime pagine.
I vantaggi del lending
Dalla ricerca dell’Osservatorio è emerso che persone e imprese ricorrono al lending perché hanno consapevolezza chiara del costo, anche se è elevato (evidentemente in altri casi i costi non sono esplicitati in modo chiaro). Inoltre apprezzano la velocità dell’erogazione e quindi riescono a ottenere prestiti in breve tempo, hanno chiarezza e certezza delle condizioni e per molti è una forma di diversificazione dei propri investimenti.
(Articolo aggiornato al 07/08/2020)