OPEN WORLD

Le trappole dell’open innovation: la competizione interna in azienda

La prima trappola per chi fa open innovation è la competizione interna in azienda: persone e unità diverse si mettono a lavorare con le startup, generando solo disorientamento e confusione. Ecco alcune storie e le soluzioni possibili

Pubblicato il 11 Mag 2021

Photo by Stillness InMotion on Unsplash

Fare open innovation richiede la capacità di comprendere quali percorsi possano produrre risultati e quali invece siano invece delle strade senza uscita. Sapere riconoscere queste ultime in anticipo (idealmente scartarle prima di imboccarle, o, worst case, avere la forza di abbandonarle) può consentire di concentrare energie e risorse sulle iniziative che valgono. Anche perché i team di open innovation sono numericamente piccoli (da qualche unità fino a qualche decina di persone nelle aziende più grandi) e con budget non faraonici. Indi fare poche cose bene è sempre un buon principio guida.

In questi anni di lavoro a fianco di aziende di tutto il mondo abbiamo avuto la possibilità di affinare la nostra capacità di identificare, se non quelli maggiormente virtuosi, almeno i percorsi che non portano da nessuna parte. Inoltre nella quotidianità del confronto con gli innovation leader abbiamo anche imparato a leggere diverse situazioni in cui l’open innovation fa fatica a decollare e a tenere quota.

Ci sono almeno cinque “trappole” quando si fa open innovation. Oggi vi parlo della prima (le altre nelle prossime settimane) che potremmo sintetizzare come segue.

Open innovation, la trappola n.1: la competizione interna 

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Fare open innovation e lavorare con le startup è oggi di moda. Non c’è quindi da stupirsi che diverse persone e diverse unità dentro la stessa azienda vogliano salire sul carro.

Risultato? Aziende con diversi team impegnati a fare cose simili che avviano una pluralità di iniziative spesso mal coordinate.

Di seguito alcune storie (anonimizzate ma vere):

Open innovation, storie di competizione interna in azienda

Un’azienda spagnola ha due business unit e ha creato due unità distinte di open innovation. Se, da un lato, la diversità dei business può rendere complicata una gestione centralizzata, dall’altro avere due percorsi paralleli porta a duplicazioni di sforzi ed (evitabili) inefficienze e ripetizioni di attività.

Una multinazionale francese delega alle unità che gestiscono i diversi paesi la gestione delle attività di innovazione. Il risultato è la creazione di oltre sei diversi programmi di accelerazione quasi totalmente sconnessi più una miriade di iniziative quasi impossibili da tracciare.

La competizione interna, l’impatto sulle startup

Tutto ciò, se per l‘azienda si traduce in inefficienza e aumento dei costi, lato startup significa caos.

Spesso sorrido quando le startup mi dicono di avere discussioni in corso con una certa azienda. Bene, “con chi?”, è la domanda.

Di recente, una scaleup olandese si lamentava del fatto che le discussioni con una multinazionale si fossero arenate. Alla nostra domanda su chi fosse l’interlocutore, la risposta è stata: il responsabile di una business unit per un paese nordafricano ove l’azienda è presente. Troppo lontani dai decision maker affinché potesse succedere qualcosa, nonostante l’interesse per i loro sensori fosse genuino. Noi (che conosciamo bene l’azienda) abbiamo avuto bisogno di quasi un mese per riuscire a cortocircuitare la situazione.

Altra fattispecie tipica è quella di startup contattate da diverse unità della stessa azienda. La reazione – lato startup – è di incredulità mista a confusione e disillusione.

Come risolvere la competizione interna sull’open innovation

Posto che queste situazioni non possono essere risolte “overnight”, di seguito alcune indicazioni per provare a gestirle:

1) Calendarizzare regolari touch point (idealmente su base settimanale o bimensile) tra le diverse unità per condividere piani di azione, liste di target startup e incontri effettuati.

2) Utilizzare una piattaforma unica e condivisa per gestire le interazioni con le startup. Qui purtroppo non ci sono soluzioni di mercato che funzionino bene. Ogni azienda e ogni team usa soluzioni fatte in casa, che sono spesso difficilmente scalabili e condivisibili. Perciò in Mind the Bridge abbiamo sviluppato una piattaforma (MTB Ecosystem, di seguito uno screenshot) per gestire il deal flow (long list / short list) delle nostre aziende clienti e tracciare commenti, incontri e follow-up. Non perfetta ma funziona.

3) Mappare le diverse iniziative e identificare possibili punti di intersezione e dependencies è la base di partenza per semplificare il vostro lavoro (oltre che la vita delle startup che verranno in contatto con voi).

Chiudo citando Kevin Ye: “Don’t (unintentionally?) silo your initiative from other Innovation initiatives!”. Be open, aggiungo io.

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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