Samantha Cristoforetti è volata nello spazio portando con sé dieci innovazioni italiane. L’astronauta nata a Milano 37 anni fa, cresciuta a Malè (Trento), laureatasi in ingegneria meccanica a Monaco di Baviera e capitano dell’Aeronautica Militare, è stata la prima, poche ore fa, a entrare sulla Stazione spaziale internazionale (Iss), dove trascorrerà quasi sei mesi alle prese con moltissimi compiti: almeno 200 esperimenti in corso, che seguirà con agli altri cinque astronauti a bordo. Tra questi ci sono anche dieci esperimenti Made in Italy che contribuiranno a migliorare la vita degli astronauti ma anche la ricerca scientifica sulla Terra. “Ci si potrebbe chiedere perché andiamo nello spazio per fare ricerca scientifica quando la possiamo fare a Terra” ha detto recentemente Cristoforetti, prima donna italiana astronauta a partecipare a una missione. “Il punto è che il fatto di essere in orbita ci permette di eliminare gli effetti della gravità”. E questa è un’occasione unica per la scienza.
I progetti di ricerca scientifica e dimostrazione tecnologica sono stati ideati da Università, centri di ricerca, aziende e pmi italiane, e selezionati dall’Asi (Agenzia spaziale italiana) con i Bandi nazionali di Volo Umano e la Call per progetti di partenariato pubblico-privato per la utilizzazione della Iss. Eccoli.
ISSPRESSO – Una macchina a capsule multifunzione in grado di erogare bevande calde, tra le quali il tipico caffè espresso italiano, anche nelle difficili condizioni imposte dallo spazio, in assenza di gravità e secondo leggi di fluidodinamica completamente diverse da quelle che vigono sul nostro pianeta. La macchina, che si chiama appunto Isspresso e dovrebbe essere operativa all’interno della Iss a partire dal prossimo aprile, è stata costruita in Italia dalla collaborazione fra l’azienda ingegneristica torinese Argotec, Lavazza e Finmeccanica-Selex Es. Per assemblare questo pezzetto di bar da far funzionare in orbita gli scienziati sono dovuti ricorrere a tecnologie e studi presi a prestito dal mondo delle trivellazioni petrolifere e dei fluidi per portare l’acqua alla giusta pressione e all’adeguata temperatura. Risultato: un apparecchio che pesa 20 kg all’interno del quale, per esempio, il tubo per l’acqua è realizzato in acciaio (anziché la solita plastica) e resiste a pressioni di più di 400 bar. Isspresso prepara anche tè, tisane e brodi in grado di reidratare gli alimenti degli astronauti.
POP 3D – Costruita da Altran e Thales Alenia Space, è la via italiana alla stampa tridimensionale in orbita. Si tratta di un dimostratore per un processo di produzione automatizzato per la realizzazione di oggetti a tre dimensioni in assenza di peso. L’obiettivo di questa sperimentazione è consentire in futuro la fabbricazione in orbita di pezzi di ricambio per i veicoli spaziali. La Cristoforetti userà un kit per la produzione automatizzata di un piccolo oggetto di plastica tramite stampante 3D e una videocamera filmerà la creazione dell’oggetto attraverso una finestra trasparente della stampante stessa, consentendo il monitoraggio visivo da terra.
DRAIN BRAIN – Esperimento coordinato dal medico Paolo Zamboni, responsabile del Centro per le malattie vascolari dell’università degli studi di Ferrara e della ricerca sulla Ccsvi nella sclerosi multipla. Punta a verificare l’ipotesi secondo la quale una delle cause della sclerosi multipla potrebbe essere il restringimento dei vasi sanguigni di testa e collo. L’esperimento si pone come obiettivo quello di studiare il riflusso del sangue dal cervello in microgravità e, in ultimo, di contrastare alcune malattie neurovegetative. I meccanismi di riflusso venoso dal cranio sono fra i maggiori fattori che regolano la fisiologia del cervello, ma non è noto come questi funzionino in microgravità. Attraverso l’utilizzo di un pletismografo a estensione a bordo della Stazione Spaziale Internazionale si potrà studiare il meccanismo del riflusso in microgravità e contribuire alla comprensione dei fenomeni di adattamento fisiologico. In particolare il pletismografo è un’unità elettronica portatile a estensione disponibile in diverse lunghezze per adattarsi alle dimensioni di collo, gambe e braccia, con un’unità di memoria. I pletismografi vengono indossati dall’astronauta nello spazio e i dati vengono quindi memorizzati e trasferiti a un laptop per la trasmissione a terra.
WEARABLE MONITORING – Basato su una maglietta equipaggiata con sensori in grado di misurare il ritmo del cuore e del respiro durante il sonno, è un’unità elettronica portatile per raccogliere i dati. Dovrebbe contribuire a scoprire nuove strade per migliorare la qualità del sonno. Responsabile del progetto è la Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus. Scopo: approfondire la conoscenza sui meccanismi fisiologici che determinano una ridotta qualità del sonno nello spazio. L’astronauta indosserà, prima di dormire, una maglietta con sensori tessili per la rilevazione dell’elettrocardiogramma e del respiro e la misura delle vibrazioni cardiache più un termometro esterno per la temperatura cutanea. Il sistema registrerà i parametri biologici dell’astronauta durante tutto il periodo di sonno e al risveglio i dati memorizzati verranno trasferiti ad un laptop per la trasmissione a terra delle analisi. Grazie alla sua estrema semplicità d’uso, la maglia sensorializzata servirà per sperimentare un sistema facile da utilizzare sulla terra per la diagnosi remota dei disturbi del sonno direttamente dal domicilio del paziente, nell’ambito di servizi di telemedicina.
CYTOSPACE (Cell Shape and Expression) – Il modo in cui le cellule si sviluppano in assenza di peso è il focus dell’esperimento Cytospace, realizzato dall’Università Sapienza di Roma e da Kayser Italia. Cytospace si propone di capire come la forza di gravità influisce sul citoscheletro cellulare cambiandone la forma. In altre parole, valutare l’effetto della microgravità sull’attività dei geni: in particolare come convertono le informazioni in essi contenute nel processo per produrre proteine. Cellule campione saranno coltivate e alimentate con idonei nutrimenti chimici a bordo della Iss. Riportati a Terra, saranno analizzati e i risultati interpretati al Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare dell’Università Sapienza di Roma: si spera di ricavare informazioni per nuove terapie per le patologie in cui il citoscheletro e la forma cellulare sono coinvolti, dall’osteoporosi al cancro.
VIABLE ISS – È l’esperimento di microbiologia proposto dal dipartimento di Agrobiologia e Agrochimica dell’Università della Tuscia di Viterbo, che ha come obiettivo scientifico lo studio della formazione e dello sviluppo di biofilm su alcuni materiali comunemente impiegati in ambito spaziale, sia in condizioni standard, sia previo trattamento con prodotti antimicrobici. In parole povere Viable Iss monitorerà la presenza di funghi e batteri negli ambienti della Stazione.
BONE-MUSCLE CHECK – Ha il compito di “validare un sistema semplice e innovativo per quantificare lo stato di debilitazione ossea tramite un prelievo salivare”. È realizzato dall’Università di Salerno. L’esperimento prevede la raccolta e il congelamento ad intervalli temporali prefissati di campioni di urina e saliva che saranno poi analizzati con la supervisione di scienziati dell’Università di Salerno per il monitoraggio delle condizioni del metabolismo osseo e muscolare degli astronauti. La dimostrazione della affidabilità di analisi di laboratorio sulla saliva potrebbe essere utile sulla Terra in tutti quei casi in cui i prelievi di sangue sono difficili o impossibili (età pediatrica, necessità di ripetizione più volte al giorno per più giorni consecutivi, ecc.) e per sviluppare apparecchiature biomediche per analisi automatizzate su saliva.
ORTHOSTATIC TOLERANCE – L’astronauta italiana eseguirà un programma di allenamento personalizzato tramite attrezzature già presenti a bordo della Iss. Prima del volo e dopo il rientro a terra sarà effettuato un test di tolleranza ortostatica (passaggio dalla posizione supina alla posizione eretta) con monitoraggio della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa per capire come si altera una parte del sistema nervoso che coordina l’apparato cardiocircolatorio. L’intolleranza ortostatica è il sintomo più frequente che si manifesta dopo i voli spaziali. Le informazioni acquisite, elaborate dagli esperti dell’IRCCS San Raffaele Pisana Roma, serviranno per progettare nuove tecniche di addestramento degli astronauti per future missioni di lunga durata. Le ricadute pratiche sono applicazioni cliniche per prevenire disturbi legati all’inattività, o per il recupero e la riabilitazione di soggetti affetti da patologie dell’apparato motorio e con scompenso cardiaco o l’atrofia dei muscoli, specialmente in pazienti anziani costretti a letto.
NANOPARTICLES AND OSTEOPOROSIS (NATO) — L’esperimento valuterà l’efficacia di particolari nanoparticelle su cellule staminali mesenchimali adulte umane, isolate da midollo osseo, per contrastare l’osteoporosi indotta da microgravità durante il volo spaziale. Anche in questo caso saranno analizzate colture di cellule cresciute sulla stazione spaziale. Servirà non solo per le prevenire la riduzione di massa minerale ossea indotta dalla permanenza sulle stazioni spaziali, ma anche per indagare le problematiche ossee legate all’invecchiamento delle persone sulla terra. L’esperimento è stato ideato dall’Università di Pavia.
BLIND AND IMAGINED (SLINK) – Studiare l’adattamento del cervello allo spazio è l’obiettivo di questo esperimento sotto la responsabilità del Politecnico di Milano e l’IRCCS Santa Lucia di Roma: un sensore optoelettronico rileva i movimenti e acquisisce i dati mentre l’astronauta fa finta di lanciare una palla orizzontalmente con vari livelli di forza, 48 ripetizioni. Servirà a capire i meccanismi senso-motori che gli astronauti sviluppano in ambiente di microgravità e identificare quali contromisure apportare nelle missioni spaziali di lunga durata (per esempio l’invio di uomini su Marte) per salvaguardare l’apparato muscoloscheletrico dei cosmonauti.
La recente esplosione del razzo Orbital 3, che portava proprio rifornimenti ed equipaggiamento per gli astronauti della Iss e l’hardware per due esperimenti della nostra astronauta, non ha inficiato la missione: dall’Agenzia Spaziale Italiana fanno sapere che la Nasa sta già provvedendo a rimpiazzare il materiale andato perduto e tutto si svolgerà come da programma, senza problemi per Samantha.