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L’Agile Pragmatico, gestire il cambiamento trasformando la cultura e la leadership in azienda



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Spesso confinato all’area innovazione, il metodo Agile non è un rito per iniziati ma un modello per avere organizzazioni e leadership in grado di affrontare contesti in rapido mutamento. Ne parliamo con Stefano Mainetti, Executive Chairman di adesso.it e “cultore” della materia

Pubblicato il 2 mag 2024



Stefano Mainetti, Executive Chairman di adessoit
Stefano Mainetti, Executive Chairman di adesso.it

Meno ideologia e più metodologia, la migliore per fare la trasformazione digitale in azienda. È l’approccio necessario per andare oltre l’eccesso di aspettative sull’Agile, spesso confinato all’area innovazione. È l’Agile che Stefano Mainetti, Executive Chairman di Adesso.it, definisce Pragmatico, quindi capace di entrare nelle imprese per generare valore anche in contesti instabili, complessi e con una grande velocità di cambiamento.

“’L‘Agile Pragmatico è un approccio che rispetta la cultura manageriale dell’azienda cliente e che si propone come un servizio che aiuta a focalizzarsi sulla generazione di valore e non a seguire delle procedure operative innovative”.

Agile e trasformazione digitale: cambiare approccio

L’Agile corre il rischio di essere percepita come una buzzword, legata ad un’altra, quella della trasformazione digitale. Un modello organizzativo basato su trasversalità, orchestrazione, iterazione e sostegno alle persone. Tutto l’opposto delle organizzazioni tradizionali ancora prevalenti nelle grandi aziende.

È stato raccontato e proposto, l’Agile, come risposta possibile all’instabilità provocata dalla diffusione del digitale e sintetizzata nell’acronimo VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity), che risale addirittura alla fine degli anni Ottanta, coniato in un collegio militare per indicare la situazione creatasi dopo la fine della Guerra Fredda e la caduta del Muro di Berlino.

Ma siamo già oltre. Siamo nella stagione BANI, nuovo acronimo proposto da Jamais Cascio, storico dell’Università della California: Brittleness, Anxiety, Non-linearity e Incomprenhensibility. Ci sentiamo fragili di fronte a un mondo non lineare e incomprensibile e questo non può che produrre ansia. C’è l’effetto delle guerre vicine, ma anche di tecnologie come l’intelligenza artificiale che prospettano futuri ancora difficile da immaginare e per questo incomprensibili e temuti. Anche dentro le aziende.

L’Agile in azienda: uso poco profondo o solo di marketing

Non basta più la risposta dell’Agile? Si, a patto di cambiare approccio, appunto. Di non considerarlo più come lo stravagante modo di lavorare di una setta, qualcosa che funziona solo tra chi sperimenta e prova a innovare, una cultura che non può incontrarsi con quella enterprise.

“Anche se ci sono ricerche che dicono che il 30% delle grandi aziende nel mondo lo utilizzano. Ma è un utilizzo non profondo, spesso a macchia di leopardo, in alcuni casi solo di marketing. Perché manca un pezzo, manca la pragmaticità. Magari rispondi a una survey dicendo che fai Agile ma in realtà non lo fai, lo fai con lo stile di leadership “command and control“, ricorda Mainetti, che è imprenditore, docente alla School of management del Politecnico di Milano, attento conoscitore del mondo startup e appassionato cultore (potremmo definirlo così…) della materia.

Perché usare l’Agile? E cos’è un’Agile Organization?

Comprendere l’Agile fino in fondo richiede molto di più che fare qualche iterazione come previsto nei sacri testi“, dice Mainetti, che propone due domande: perché dovrei usare l’Agile? E cosa significa davvero essere un‘ Agile organization?

Il perché. “Se tu lavori con un contesto che cambia in modo esponenziale come quello di oggi (il VUCA diventato BANI visto sopra, ndr.) con un progetto waterfall, che ha uno scope fissato e va in modo lineare, quando arrivi alla fine del progetto il contesto è cambiato: hai tenuto i tempi, i costi sono sotto controllo, la governance è stata ottima, ma non hai raggiunto l’obiettivo. L’unico modo intelligente e adattarsi al cambiamento e lo puoi fare con iterazioni proprie della metodologia Agile. Un’azienda che deve fare trasformazione digitale ha bisogno di questo approccio”.

Che cosa credono i C-Level e che cosa i team

È facile? No. È possibile? Sì. “La distanza tra quello che accade nelle aziende e il vero Agile è abissale. E lo conferma qualche numero dal report State of Agile Culture di Agilebusiness.org . “Il 97% delle C level credono di lavorare in modo agile, quando solo il 2% dei team di delivery dicono che è vero. Impressionante la differenza di percezione!”.

Un altro dato: l’80% dei capi azienda dichiarano che la loro organizzazione è capace di adattarsi, mentre solo il 15% dei loro diretti riporti, quindi senior manager, dicono che è vero. Il 91% sostiene di incoraggiare la sperimentazione, ma solo il 35% nei team dice che l’errore è incoraggiato. Anzi, chi sbaglia spesso la paga pure. “A questo punto il re è nudo”, commenta Mainetti. “Quel che manca è un approccio pragmatico, una via solida in grado di rendere l’approccio graduale, comprensibile e adottato in tutta l’azienda”.

Perché i top manager fanno fatica a capire l’Agile

E qui entrano in gioco il mindset, la cultura aziendale, lo stile di leadership. E i luoghi comuni sull’Agile che portano i top manager a tenerlo confinato nei team innovazione e lontano dal business. “Dicono: non riesco a pianificare a lungo termine perché questi mi pianificano solo iterazione dopo iterazione. Mi dicono quanto costa un’iterazione, ma non mi dicono cosa costa il progetto complessivo. Io come faccio a fare un budget”, racconta Mainetti. “E poi non mi documentano niente perché mi rilasciano software. E ancora finché un team funziona così va bene, ma come faccio a scalare su quattro, cinque e ancora altri?”. E poi ci sono le “cerimonie” (le riunioni previste dal metodo Scrum, ndr.): che cosa c’entrano con la nostra cultura? Qui serve un projetct manager e basta. “I top manager fanno fatica a capire l’Agile, perché non lo conoscono, ma anche perché in fondo mette in discussione lo stile di leadership che prevede il comando e controllo”.

Come se ne esce? Mainetti risponde con questo grafico sui diversi livelli di maturità del modello Agile

Il livello di maturità dell’Agile in azienda

“Partiamo dall’asse dello scope manageriale. Inizialmente sperimento l’Agile con un team: va bene, abbiamo fatto l’app per gestire i resi nei punti vendita, ad esempio. Poi andiamo avanti: voglio fare anche l’app per il cliente e poi quella per l’ecommerce e così via. Quindi devo scalare su più team. Quando devo coordinare più team di un progetto di trasformazione digitale, siamo in quella fase che si chiama Scaling. Estendo il modello a tutta l’azienda. A questo sono punto sono diventato agile?”.

La cultura aziendale e lo stile di leadership

La risposa è…ni. L’azienda ha acquisito business agility, ma il top manager continua a chiedere: ma come faccio a gestire tutto il resto? “Magari ha capito il percorso, ma fatica a comprendere come deve cambiare la cultura, che è l’asse verticale del nostro grafico. Che cosa dovrebbe accadere? All’inizio hai il team che usa Trello, Teams e fa Scrum. Siamo nella fase degli strumenti, diversi dal resto dell’organizzazione, e cominci a capire qualcosa. Arrivati alla terza fase devono essere superate nuove difficoltà. Perché quando si deve iniziare a scalare, cioè inizi a definire bene che cosa vuol dire fare Agile devi andare sui principi, dalla soddisfazione del cliente all’accoglienza dei cambiamenti, che sono molto attenti alle persone, fuori e dentro l’azienda”.

“I principi dell’Agile sono stati pensati per gestire l’incertezza e mettono in discussione l’approccio deterministico del management tradizionale, della leadership eroica che non sbaglia mai e definisce gli indirizzi. Tu sei un manager pagato per controllare l’azienda e quando cominci a capire quei principi dici: cavolo, queste regole mi fanno perdere il controllo dell’azienda”, continua Mainetti.

“Che cosa vuol dire accogliere i cambiamenti? Abbiamo fatto il budget, abbiamo detto che per fine anno spendiamo un milione e adesso tu mi dici che serve un milione e mezzo perché bisogna accogliere i cambiamenti anche in fase avanzata dello sviluppo e magari lo facciamo anche durante una cerimonia?!?! Ma perché dovrei dirti di sì? Chi la va dire al Board?”. Perché, Mainetti? “Perché è un’opportunità di generare valore, ma solo se hai un modello capace di identificarlo e valorizzarlo in modo opportuno.”

È nella fase dei principi che comincia a manifestarsi lo scollamento visto sopra nei numeri del report State of Agile Culture “Quello che succede è che ci si prova ad agire seguendo l’Agile in modo estemporaneo, con team che si muovono in modo quasi clandestino, senza seguire fedelmentele regole dell’azienda: sono come carbonari. Si usano strumenti e metodologie, ma non si riesce ancora ad accoglierne i principi”.

Come può un leader eroico accettare che un team si chiuda in una stanza per quattro ore e decidere come riorganizzarsi per lavorare meglio nei prossimi 15 giorni? “Solo se smette i panni dell’eroe e dà priorità alla generazione di valore”, risponde Mainetti. “Tutti hanno il compito di generare valore. Il capo non devo dire come lavorare, ha scelto dei validi collaboratori, hanno quell’obiettivo e decidono loro il modo migliore di raggiungerlo. Bisogna dare e creare fiducia per far uscire i superpoteri che ciascuno ha. Se è Cristiano Ronaldo fa tanti gol, se è uno coi piedi storti, ma altrettanto appassionato, amerà svolgere il ruolo di magazziniere e gonfierà tutti i palloni alla pressione giusta”.

I principi dell’Agile sono uno dei pilastri di Adesso.it, la società nata dall’acquisizione di WebScience da parte della compagnia tedesca adesso SE, quotata alla Borsa di Francoforte, all’inizio del 2023. Abbiamo riscontrato in adesso SE la stessa base valoriale e la stessa attenzione alle persone. Il gruppo internazionale nel 2023 ha superato il miliardo di euro di fatturato e ci ha scelto come piattaforma di sviluppo per l’ingresso nel mercato italiano. La focalizzazione sulla generazione di valore per i propri clienti e sui propri dipendenti è provata, da un lato dai tassi di crescita superiori alla media del mercato ICT, dall’altro dal fatto di essere da anni “best employer” in Germania e ora, a valle del percorso di internazionalizzazione intrapreso, in seconda posizione nel ranking europeo.

Le persone contano più dei processi e degli strumenti

Chiudiamo con una “bomba”. “Nelle Agile Organization le persone contano di più dei processi e degli strumenti”, dice Mainetti. “In adesso.it abbiamo un’area denominata People Care: nessuno può farle pressioni o interferire con il suo lavoro”. La responsabile si chiama Sonia Maccioni e, assieme al suo team, si occupa di mettere tutte le persone nelle condizioni di performare al meglio.

Per poter arrivare a questo punto è necessario un cambio di leadership, che è un punto di arrivo importante nell’adozione corretta dell’Agile. “Devi diventare un host leader. La metafora più semplice è quella di una serata con amici a casa tua. Hai invitato 10 persone, versi da bere, quando vedi che in un bicchiere sono rimaste solo poche gocce, ebbene sai bene che quello è il tuo. Ti preoccupi quando noti che c’è qualcuno da solo sul terrazzo che sembra annoiarsi. Ci tieni a metterti in gioco per coinvolgerlo, per fargli apprezzare la serata. Ma se qualcuno comincia a saltare sul divano, lo richiami, no? Metti tutti nella condizione migliori per godersi la serata. Questa è la host leadership che serve alle aziende per affrontare il cambiamento e per andare oltre alla leadership eroica”.

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