MANAGEMENT

La leadership che serve per l’innovazione: creare un ambiente favorevole alle idee nuove



Indirizzo copiato

Leadership e innovazione: un binomio indissolubile. Perché senza l’endorsement del capo azienda i risultati non arrivano. Ma cos’è l’innovation leadership? La capacità e la volontà di gestire ambiguità, incertezza e rischi. Ma con metodo

Pubblicato il 9 ago 2024



leadership e innovazione

Leadership e innovazione, un binomio indissolubile. “La leadership che serve” è il titolo del libro pubblicato dalla Fondazione Pensiero Solido, che ha lanciato e condiviso un Manifesto con 10 principi per una leadership contemporanea e utile al cambiamento nelle aziende. Qui pubblichiamo il contributo di Giovanni Iozzia, direttore di EconomyUp, dedicato alla leadership che serve per l’innovazione.

In ogni ogni conversazione sull’innovazione in azienda inevitabilmente si arriva al momento in cui qualcuno pronuncia la parola “endorsement”. Originariamente nella lingua inglese si usava per indicare la girata dietro a un assegno, era quindi un segno di approvazione. Dopo è diventata un termine per indicare accreditamento, sostegno, coinvolgimento, in politica come nello spettacolo.

Leadership e innovazione: l’endorsement necessario

Le attività di innovazione non vanno lontano e non portano risultati concreti senza l’endorsement del capo azienda, è il ritornello in ogni lirica intonata dagli innovation manager. Che cos’è questo endorsement se non una leadership investita sul cambiamento, dell’impresa in primo luogo e in senso più esteso della società e del mondo?

Diceva Steve Jobs: l’innovazione distingue tra leader e follower. Nel Manifesto della leadership che serve della Fondazione Pensiero Solido ci sono più punti che contribuiscono a definire il profilo di una Innovation Leadership: la capacità di pensare in prospettiva e di guidare il cambiamento, la volontà di non cercare solo consenso ma anche punti di vista diversi e capaci di aprire nuovi scenari, la tendenza a far crescere una comunità, che può essere la stessa organizzazione ma anche una filiera o un ecosistema.

Da VUCA a BANI: come cambia la leadership

VUCA è un acronimo ormai abusato. Sta per Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity. Risale addirittura alla fine degli anni Ottanta, coniato in un collegio militare per indicare la situazione creatasi dopo la fine della Guerra Fredda e la caduta del Muro di Berlino. È diventato poi un mondo per definire il contesto in cui operano imprenditori e manager per effetto della rivoluzione digitale. Siamo già oltre.

C’è adesso un nuovo acronimo, proposto da Jamais Cascio, storico dell’Università della California, in un articolo dal titolo esplicativo: “Affrontare l’era del caos”. Siamo nella stagione BANI, Brittleness, Anxiety, Non-linearity e Incomprenhensibility. Ci sentiamo fragili di fronte a un mondo non lineare e incomprensibile e questo non può che produrre ansia. C’è l’effetto delle guerre vicine, ma anche di tecnologie come l’intelligenza artificiale che prospettano futuri ancora difficile da immaginare e per questo incomprensibili e temuti.

Innovation leadership: che cosa significa?

Che cosa significa davvero innovation leadership? Com’è e come si comporta un leader che serve per e all’innovazione?

È più facile partire da ciò che non è e ciò che non vuole. I manager – e gli imprenditori – conservativi hanno grandi capacità di gestione, attenzione per i costi e sono alla costante ricerca dell’efficienza, soprattutto finanziaria. Ma rifuggono da ambiguità e incertezza e sono poco propensi a prendersi rischi e, quindi, inadeguati ad affrontare un ambiente BANI e, quindi, a produrre innovazione.

Essere leader per l’innovazione d’altro canto non significa semplicemente fare innovation management. C’è qualcosa di più e lo sanno i capi dell’innovazione che sempre più spesso (sta capitando anche in Italia) diventano CEO. Si trovano di fronte a un livello di complessità maggiore e alla necessità di contemperare la necessità del risultato a breve con la visione a medio e lungo termine. Devono essere un po’ strabici, è l’immagine usata di frequente. Ma non basta accogliere un difetto ottico o prendere a modello Steve Jobs o Elon Musk (per carità…).

Al cuore dell’innovation leadership c’è altro: non abbiamo bisogno di capitani che guidano l’equipaggio oltre le colonne d’Ercole dell’incertezza incomprensibile, di visionari capaci di sedurre chi non vede ciò che a loro appare chiaro, di personaggi brillanti, creativi o stravaganti. Quel che serve è un leader che sa creare un contesto in grado di sostenere (ecco l’endorsement) e far crescere le idee nuove capaci di creare valore: è la sintesi del libro “Innovation Leadership in practice”, pubblicato nel dicembre 2023 in Inghilterra con un sottotitolo esplicativo (“Come i leader trasformano le idee in valore in un un mondo che cambia”) e a cui rimandiamo per chi desidera approfondire il tema.

Leadership e innovazione: un binomio indissolubile

L’innovazione non è una fiera della creatività in libertà. È un’attività che richiede metodo, disciplina, processi strutturati, misurazione dei risultati in un difficile equilibrio fra progetti audaci e limiti (di tempo, di risorse, di competenze). Questa complessa macchina funziona solo se guidata da un leader capace di creare un contesto in cui c’è accessibilità e condivisione e in cui è possibile partecipare alla creazione di nuovo valore con la creatività, le competenze e la passione di tutti.

Leadership e innovazione sono elementi di un binomio indissolubile e il “Manifesto della Leadership che serve” è, in conclusione, anche un decalogo per l’innovazione possibile nelle organizzazioni, dalla più piccola alla più grande. Non è un tema di oggi questo ma è il tema per il futuro prossimo.

Nel libro “Storia del mondo. Dal Big Bang a oggi” Giordano Bruno Guerri ricorda “l’eterno contrasto fra conservatori e innovatori”, visualizzandolo con un esempio preistorico preso in prestito dal brillante “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene” di Roy Lewis. Edward, capo di un gruppo di ominidi dell’Africa centrale, li convince a scendere dagli alberi, “inventa” il fuoco, l’arco e le frecce, nonostante l’opposizione del fratello maggiore, contrario persino alla posizione eretta, considerata oltraggiosa per la specie. E poi, domanda, se sugli alberi ci sono tanti frutti e pochi animali pericolosi perché cambiare qualcosa che funziona? È la stessa domanda che milioni di anni dopo fanno ancora molti titolari di leadership che non serve.

Articoli correlati

Articolo 1 di 3