Spesso quando utilizzo il termine “coopetizione”, nelle occasioni in cui mi capita di parlare di open innovation, il risultato è che la gente mi guarda in modo strano. In genere la situazione diventa ancora più strana quando spiego cosa significhi questo termine, ovvero competizione collaborativa tra due concorrenti che decidono di collaborare per creare dei nuovi prodotti o servizi. Questo credo sia anche l’esempio estremo di open innovation.
La letteratura è piena di articoli di aziende che hanno acquisito business concorrenti ma che hanno malamente fallito nell’impresa, o di aziende fusesi in gruppi e sono diventate ancora più competitive, e di partnership strategiche conclusesi nel giro di pochi mesi dall’accordo iniziale. Ma se già collaborare risulta così difficile, quanto sarà difficile competere collaborativamente?
COLLABORARE CON IL CONCORRENTE
La risposta a questa domanda è ovvia, nel senso che non è la classica passeggiata nel parco, come si suol dire, ma è certamente una pratica che può nascondere insidie non banali se non utilizzata nel modo corretto. Di contro, se appunto approcciata in modo giusto, può risultare particolarmente proficua, vantaggiosa, e può certamente dare un impulso non indifferente all’innovazione. Come spesso ho detto in articoli precedenti, innovare apertamente significa fondamentalmente imparare a innovare collaborando con chi non fa parte della nostra azienda, o del nostro mondo aziendale, pertanto risulta chiaro che collaborare con il proprio concorrente diventa una forma estrema di open innovation. Ma anche questa pratica ha delle regole da seguire, molte delle quali si sovrappongono certamente con l’articolo in cui abbiamo discusso il processo delle partnership strategiche, ma sarebbe bene discuterne qualcuno un po’ più nel dettaglio. A questo proposito vorrei sottolineare quattro pratiche necessarie per assicurarsi che la coopetizione diventi una nuova leva competitiva e non un disastro.
1.Definire bene le proprie necessità
Prima di partire è indispensabile capire bene quale sia il risultato atteso da questa collaborazione competitiva, ovvero cosa si vuole ottenere collaborando con il proprio competitor. Converrebbe che questo step sia fatto ancor prima di identificare il potenziale competitor, quindi certamente a monte di tutto l’esercizio. Definire nel dettaglio una strategia di collaborazione potrebbe certamente anche aiutare a capire che tipo di nuovo prodotto vogliamo creare, o che tipo di nuovo servizio fornire ai nostri clienti, e quindi aiutarci nella definizione delle nostre necessità.
2.Essere pronti a condividere informazioni
Essere pronti a condividere informazioni con il nostro competitor: questa forse è la fase più complessa, poiché richiede una notevole apertura mentale. Condividere informazioni con il proprio concorrente non è certamente una cosa ben vista dalla maggior parte degli imprenditori, o dirigenti aziendali, ma è un passo altrettanto indispensabile per creare un rapporto di fiducia, per essere chiari su quanto si vuol costruire, e soprattutto, sia chiaro, non richiede necessariamente condividere informazioni altamente confidenziali o strategiche. Ma certamente prevede un do ut des, che getterà le basi della collaborazione in maniera trasparente e aperta.
3.Focalizzarsi su qualcosa di nuovo
Focalizzarsi sul creare qualcosa di nuovo: è importante che in un esercizio di coopetizione tutti i partner lavorino in maniera congiunta sulla creazione di qualcosa di nuovo. Ogni volta che parlo con gli imprenditori, o con i dirigenti aziendali, emerge spesso il fatto che aziende concorrenti o con business complementari spesso hanno le stesse esigenze. Vogliono lanciare un nuovo prodotto che si differenzi dal portafoglio corrente, o vogliono creare un nuovo servizio complementare ad un prodotto già sul mercato, ma non hanno le competenze digitali per creare una service platform. Questi sono solo alcuni esempi di come una coopetizione potrebbe diventare particolarmente vantaggiosa per la creazione di qualcosa di nuovo, entrare in settori cosiddetti adiacenti, o addirittura creare un prodotto/servizio breakthrough. Questo deve essere l’obiettivo e il focus della coopetizione, altrimenti si corre il rischio di competere in maniera ancora più spinta sullo sviluppo di un qualcosa che appunto non risulti affatto una novità.
4.Trovare la complementarità
Trovare le complementarità da portare al tavolo collaborativo: ovvero far sì che ogni azienda coinvolta nella coopetizione porti delle competenze diverse e complementari. Portare delle competenze simili non è auspicabile, poiché potrebbe compromettere irrimediabilmente la collaborazione. Infatti è bene che le aziende partecipanti mettano a disposizione un diverso know-how, e degli strumenti e/o metodologie di lavoro diverse. In questa maniera si assicura che tutti lavorino per un obiettivo comune, poiché non ci sarebbe sovrapposizione dei compiti, e che tali competenze diventino anche oggetto di condivisione e miglioramento del know-how di tutte le aziende coinvolte.
DUE ESEMPI DI COOPETIZIONE
In questi quattro brevissimi passaggi ho provato a delineare meglio quale potrebbe essere l’iter da seguire nel momento in cui si voglia fare della sana competizione collaborativa, ma sarebbe anche il caso di fare qualche esempio, e nello specifico uno che rappresenta anche la famosa creatività e imprenditoria italiana.
Il primo esempio che ritengo interessante è quello di RepRap, che forse qualche lettore conosce già. Si tratta di un progetto di collaborazione tra diversi attori, che hanno messo a disposizione delle competenze diverse per creare una filiera end-to-end per chiunque voglia approcciarsi alla stampa 3D. Tale modello ha anche ispirato molti FabLab, laddove tali competenze sono appunto presenti, con spesso l’aggiunta di un supporto on site che non guasta mai. Non è difficile trovare i vari nomi di aziende e università coinvolti nel progetto, ma appunto ne vorrei citare solo due, che per chi voglia approfondire, daranno una chiara idea di come due competitors possano beneficiare del fatto di lavorare assieme: Makerbot e Ultimaker sono entrambi produttori di stampanti 3D da tavolo, quindi concorrenti nello stesso settore.
Il secondo esempio interessante è quello famosissimo di Arduino. Moltissimi conoscono la storia di questo progetto e di come abbia gettato le basi dell’open source coding utilizzando una scheda stampata, di come abbia creato una community di sviluppatori attorno a sé, e soprattutto di come abbia inventato un nuovo modello di business basato sulla collaborazione aperta, senza brevetti, senza protezione degli IP. Anche qui è bene citare due competitors, che anche in questo caso hanno beneficiato del progetto collaborativo e soprattutto di tutto quello che si è sviluppato attorno ad esso: Arduino stessa e SparkFun poiché entrambe producono componenti elettronici e schede stampate.
Vi invito ad approfondire entrambi questi esempi, in modo da capire meglio come tutti gli attori di questi progetti di collaborazione competitiva, siano riusciti a beneficiare di un nuovo ecosistema innovativo che li ha aiutati a crescere, a creare nuovi modelli di business, nuovi revenue streams e soprattutto ad avere il supporto delle masse (ai più noto anche come crowdsourcing).
Spero sia chiaro adesso come la coopetizione sia appunto una pratica di open innovation, e di come sia utile arrivare anche a questo estremo per creare nuovo valore, creare nuove proposizioni di valore, e soprattutto nuove opportunità di business. Siete pronti alla sfida?