CORONAVIRUS E INNOVAZIONE

Isinnova: la società che trasforma le maschere da sub in respiratori è un simbolo italiano di open innovation

Isinnova è salita alla ribalta mediatica per l’idea di trasformare le maschere da sub di Decathlon in respiratori per malati di coronavirus. Ma come è nata e che cosa fa questa srl bresciana? Ecco la storia: un caso Made in Italy di collaborazione e contaminazione tra “inventori”, aziende e addetti ai lavori

Pubblicato il 16 Apr 2020

Il team di Isinnova

Il nome di una srl bresciana, Isinnova, sta facendo il giro del mondo in questi giorni. È l’azienda che ha avuto l’idea di trasformare le maschere da sub di Decathlon in respiratori per malati di coronavirus grazie alla collaborazione con Fablab Brescia. E ora Isinnova è finita sui telegiornali, sui social e nelle pagine dei quotidiani nazionali e internazionali, da FoxNews a The Indipendent. Un esempio di creatività tutta italiana applicata alla tecnologia. Ma anche un eccellente caso di open innovation, la strategia in base alla quale si cercano idee e soluzioni innovative al di fuori del perimetro aziendale. Perché la giovane Isinnova nasce per sviluppare idee innovative in proprio ma anche in collaborazione con altre imprese e grandi aziende. E ora più che mai è diventata, quasi involontariamente, un simbolo: il simbolo di quell’Italia marchiata a fuoco come zona rossa, che sta pagando e pagherà costi elevatissimi in termini di vite umane ma anche economici, e che pure reagisce con grinta, ingegno, inventiva, creatività e spirito di collaborazione. Il motore economico del Paese piegato eppure resiliente. Ma partiamo dalla cronaca degli ultimi giorni.

Mascherine che si trasformano in respiratori: Isinnova una storia bresciana

Mascherine che si trasformano in respiratori: Isinnova una storia bresciana

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L’idea durante l’emergenza all’ospedale di Brescia

Come ha raccontato su EconomyUp Gianluca Dettori il 16 marzo, Isinnova entra in campo quando stanno finendo le valvole per le macchine di rianimazione dell’ospedale di Chiari a Brescia. Scoperta la cosa Nunzia Vallini, collaboratrice del Giornale di Brescia, contatta Massimo Temporelli, presidente e co-founder di The FabLab, e lanciano l’idea di costruire le valvole mancanti con le stampanti 3D. Isinnova mette a disposizione il proprio know-how e, tramite il suo fondatore e CEO Cristian Fracassi, compra la stampante che viene installata all’ospedale per autoprodursi le valvole necessarie.

L’innovazione che non chiede permesso: a Brescia salvati dal coronavirus grazie alla stampa 3D

Il passo successivo: le maschere da sub

Come si è arrivati alle maschere da sub? L’idea è venuta a un medico, Renato Favero, ex primario dell’ospedale di Gardone Valtrompia: “Ci stavo pensando da un po’ e, avendo in casa una maschera da snorkeling, avevo iniziato a esaminarla per capire se fosse possibile adattarla a scopi sanitari – ha raccontato a Repubblica  – Poi la mia compagna mi ha suggerito di rivolgermi all’impresa di Fracassi, che ha da subito dimostrato un’estrema disponibilità”.

Vista dal team di Isinnova la storia è questa (e coincide): “Un primario d’ospedale in pensione, il dott. Renato Favero, ha suonato alla nostra porta, ci ha fatto una lezione di anatomia sul funzionamento di polmoni, alveoli, virus e polmonite, per poi chiederci di aiutarlo nell’impresa di trasformare maschere da sub in maschere per la respirazione da utilizzare in ospedale. Inutile dire la nostra risposta: ci abbiamo lavorato giorno e notte, Isinnova ha ingranato la sesta e in meno di 10 ore avevamo il prototipo che due ospedali bresciani stanno testando in questi giorni”.

È stato il team di Isinnova a contattare Decathlon, che produce e distribuisce la maschera Easybreath da snorkeling: “Si sono resi immediatamente disponibili a collaborare, fornendo il disegno Cad della maschera che avevamo individuato – spiega il team dell’azienda bresciana a Repubblica – Il prodotto è stato smontato, studiato e sono state valutate le modifiche da fare. È stato poi disegnato il nuovo componente per il raccordo al respiratore, che abbiamo chiamato valvola Charlotte e abbiamo realizzato in breve tempo tramite stampa 3D”.

La maschera da sub di Decathlon trasformata in respiratore da Isinnova
A sua volta Decathlon ha diffuso questo comunicato via social: “Ci teniamo a ribadire, in qualità di ideatori e produttori oltre che distributori, che questa maschera è stata concepita per lo snorkeling e quindi raccomandiamo di non modificarla autonomamente, perché i flussi d’aria potrebbero essere alterati. Tuttavia, considerato il contesto senza precedenti che stiamo vivendo, il nostro team di ingegneri si è reso disponibile a collaborare con i centri di ricerca più accreditati che hanno come finalità validare l’adattabilità della maschera riducendo i rischi collaterali. Nella fattispecie stiamo collaborando, su richiesta della Regione Lombardia, con il Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, fornendo loro i disegni e le caratteristiche tecniche del nostro prodotto. Contiamo in questo modo di dare un contributo. È il momento di attivare la responsabilità individuale e la fiducia collettiva, in questo contesto difficile che l’umanità sta vivendo”.

Marco Ruocco, Project Officer & Analyst, ha dichiarato alla stampa: “La valvola è stata brevettata per evitare future speculazioni, ma tutto il progetto è disponibile online e chiunque può scaricare la documentazione e stampare liberamente la valvola, purché non la utilizzi con finalità commerciale”

Il 23 marzo Isinnova scrive su Facebook: “Privati e aziende si sono resi subito disponibili a stampare i pezzi che servivano. Sono arrivati i primi pezzi e nei prossimi giorni arriveranno anche gli altri fino a quota 500 kit. Ringrazieremo uno ad uno tutti quelli che hanno dato una mano ma nel frattempo”. I pezzi verranno consegnati alla protezione civile che in queste ore sta già ricevendo le maschere pronte.

Ma cosa fa esattamente Isinnova?

Nel sito Linkedin la descrizione dell’attività della società è, potremmo dire, asettica: “Isinnova aiuta privati ed aziende a sviluppare le loro idee, accompagnandole per mano lungo tutto il percorso, dall’analisi di fattibilità al business plan, dalla progettazione alla prototipazione, dai test alle certificazioni, dalla comunicazione alla produzione, fino alla vendita dell’idea, prodotto, processo”.

Più colorita (ed efficace?) la definizione attribuita loro un paio di anni fa dal “Giornale di Brescia”: “Inventori in proprio e per conto terzi”. Il giovane team è formato da ingegneri, designer ed esperti di comunicazione pronti a raccogliere idee di ogni tipologia e settore e trasformarle in oggetti concreti. Il gruppo si rivolge ad aziende e privati che hanno un’idea innovativa e desiderano trasformarla in un prodotto finito. Non a caso il loro motto è una frase di Thomas Edison: “Avere un’idea è un’ottima cosa, ma è ancora meglio sapere come portarla avanti”. Alla base di tutto, però, c’è un’azienda aperta alle collaborazioni e alle contaminazioni.

Come nasce Isinnova: l’incontro tra giovani e aziende

Isinnova nasce a novembre 2014 a Brescia come incubatore di idee e viene presentata alla stampa a marzo 2015. CEO e fondatore è Cristian Fracassi, all’epoca trentunenne. Ingegnere edile, un dottorato in ingegneria dei materiali, Cristian Fracassi consegue un Master in Economia e sviluppo dell’idea di business promosso dall’Associazione Industriale Bresciana (Aib). Dopodiché fonda Isinnova con Alvise Mori, imprenditore di seconda generazione che, insieme al padre Aristide, gestisce la Mori 2A, realtà del bresciano che produce contenitori per alimenti in metallo e in plastica. Tuttora Alvise Mori è Project Manager di Isinnova.  “Come giovani Aib – dice nel 2015 a QuiBrescia l’allora presidente dell’Associazione industriali Federico Ghidini – volevamo costruire nuove opportunità di impresa. Volevamo trovare dei modelli che abbinassero a imprenditori affermati idee nuove, magari portate avanti da giovani del nostro territorio. Isinnova è l’esempio perfetto”.

“Abbiamo un cassetto pieno di idee – afferma nel 2015 Alvise Mori – e per il momento non ci interessano risultati economici. Stiamo lavorando a progetti innovativi che avranno un ritorno a lungo termine ma che rappresentano una grande opportunità per il nostro sistema imprenditoriale”. Una visione obiettivamente lungimirante, visti i risultati che la società sta ottenendo in questi giorni, innanzitutto in termini di visibilità.

L’incontro con il gruppo Lonati nel 2017

Nei primi tre anni di vita l’incubatore di idee Isinnova raccoglie più di 300 idee innovative, di cui una quarantina diventano progetti concreti. Intanto un progetto di Isinnova per il monitoraggio dei danni post-terremoto attrae l’interesse (e i finanziamenti) della famiglia Lonati, a capo dell’omonimo gruppo metalmeccanico bresciano. Il 31 maggio 2017, insieme a Isinnova e a un’impresa di ingegneria sismica, Mtm Engineering, Lonati dà vita, attraverso la società Dinema, alla startup DFT Electronics. Obiettivo: sviluppare e commercializzare l’idea di Cristian Fracassi e del collega Mauro Torquati. Ad oggi DFT Electronics propone Sismo, una tecnologia in grado di monitorare lo stato di salute di strutture civili quali edifici, abitazioni, ponti e fabbriche attraverso una rete di sensori ed un software di elaborazione dati.

I progetti di Isinnova

In questi anni Isinnova ha realizzato una quantità innumerevole di progetti in proprio o per conto delle aziende, alcuni decollati, altri rimasti in nuce. Tra i primi Blice, un sistema per verificare la qualità di un prodotto surgelato. Per un’impresa del settore Isinnova ha ideato un nuovo tipo di retina obbligatoria sulle auto in caso di trasporto di cani. In proprio ha realizzato un sistema a mattoni in legno tipo Lego che in poche ore consente di allestire una casa o un ricovero di emergenza. Ha poi ideato un sistema innovativo che consente di trattare gli impianti avicoli impiegando il 70% in meno dei prodotti chimici normalmente utilizzati. L’ha fatto grazie all’intuizione di Sergio Metelli, un bresciano collaboratore della società agricola Agrimosaico di Calcio, che si è affidato a Isinnova per il brevetto e la consulenza strategica. L’ennesima applicazione concreta di un concetto solo apparentemente astratto: quello dell’open innovation.

(Aggiornato al 16/04/2020)

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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