C’è una macchia bianca nel quadro nero degli investimenti esteri in Italia. Ed è emersa chiaramento nel corso di un recente seminario organizzato dalla Camera di Commercio di Milano, attraverso la sua associata Invest in Lombardy. In controtendenza rispetto alla ormai dilagante dialettica sullo stato di crisi dell’economia italiana, l’incontro è stato l’occasione per mettere in luce il forte dinamismo e la capacità di resistenza dell’economia nel territorio lombardo. Una sferzata di ottimismo, di quelle che il nostro Paese non riceve più ormai da anni.
Se l’Italia come Paese appare infatti piuttosto inibita in quanto a capacità di affascinare gli investitori stranieri, la Lombardia rappresenta un’importante eccezione. Campagne di attrazione dei capitali esteri, di cui Invest in Lombardy è promotrice, hanno portato questo territorio a far parte della classifica delle dieci regioni dell’Europa occidentale più attrattive in termini di investimenti. Non sorprende quindi che, guardando al numero totale degli investimenti esteri diretti verso l’Italia, ben il 70% passi per quella regione. E’ stato inoltre messo in luce come su un numero totale di 100 multinazionali presenti nel nostro paese, ben 92 abbiano scelto Milano come sede della propria filiale.
Si tratta di una fotografia – quella scattata dal rapporto sull’economia locale della Camera di Commercio di Milano – che deve fungere da stimolo per il Paese affinché questo si organizzi per migliorare il profilo italiano in termini di affidabilità, trasparenza e norme fiscali. Una tale politica, perseguita a livello nazionale, porterebbe enormi benefici per tutti i settori, ed in particolare quelli a carattere fortemente innovativo, come il mercato Tlc. Quest’ultimo comparto fornisce un esempio emblematico del motivo per cui l’Italia ha una forte ed urgente necessità di rinvigorire la propria politica di attrazione degli investimenti esteri.
Recenti studi mostrano come pur se il paese si colloca tra è tra i “big five” dell’Ue per investimenti nel settore Tlc (con un tasso di re-investimento dei guadagni del 14% dei ricavi totali in nuovi investimenti, contro una media del 13,5% in Francia, del 11% in Spagna, del 10% in Germania e del 5,5% nel Regno Unito), il 2013 si sta presentando come l’anno in cui, per la prima volta, la crescita del comparto – l’unico trainante della nostra debole economia – ha segnato una battuta d’arresto. Come si spiegano questi dati apparentemente in contrasto? Le risposte potrebbero essere molte e complesse. Senza entrare in analisi troppo tecniche ed astratte, che non troverebbero qui la loro giusta collocazione, si può dire che il rebus è più facilmente interpretabile alla luce del dato sulla mancanza di sufficienti investimenti esteri nel nostro Paese.
Ecco il bastone nella raggiera. Ecco l’elemento che rende la crescita del settore Tlc in Italia più scivolosa che negli altri Paesi europei, nonostante gli sforzi compiuti dagli operatori italiani nel reinvestire gli utili, per migliorare l’offerta e rimanere competitivi.
Una più completa panoramica sulle cause dell’arresto della crescita a fronte di una buona tenuta degli investimenti interni è quindi offerta dalla costatazione che l’Italia – come Paese – è carente sul piano della capacità di attrazione di capitali esteri. Sono gli stessi capitali che giocano un ruolo determinante nella crescita del settore Tlc in Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna e che rappresentano uno dei fattori cruciali per garantire uno sviluppo positivo, costante e duraturo per l’intera economia dei nostri partner comunitari. Nonostante la crisi economica che la attraversa, infatti, l’Europa riesce ancora a mantenere intatto il proprio fascino agli occhi degli investitori stranieri.
Al netto di queste osservazioni, è possibile concludere che c’è un urgente bisogno che nel nostro Paese si definisca una strategia di attrazione dei capitali esteri simile a quella messa in atto autonomamente dalla regione Lombardia. Al lavoro volto ad aumentare la capacità di investimento degli attori domestici, va affiancato un piano per il miglioramento del profilo italiano in termini di affidabilità, trasparenza e norme fiscali.
Mantenere viva la fiamma dell’innovazione ha dei costi che richiedono una vision non discriminatoria delle risorse sulla base della loro provenienza, ma che al contrario faccia della diversificazione una strategia di attrazione sistematica.