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Intrapreneurship, 6 ingredienti per fare innovazione in azienda con le idee dei dipendenti



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Dalla snellezza del programma alla corretta comunicazione fino al coinvolgimento del top management: ecco quali sono gli elementi per sviluppare l’imprenditorialità interna e ottenere risultati sulla base dell’esperienza biennale di Pelliconi

Pubblicato il 2 lug 2024



Intrapreneurship

Intrapreneurship in una parola significa innovare attraverso i propri dipendenti. Tutti, e non solo quelli che lavorano in funzioni dedicate (Ricerca e Sviluppo e Innovazione), quando presenti in azienda (fenomeno peraltro non frequente in aziende di dimensione non molto grande).

Il principio che ci sta dietro è affascinante. Chi meglio di chi lavora in azienda sa come e dove migliorarla?

I dubbi rimangono sulle effettive capacità di produrre risultati. Tre anni fa avevo espresso tutte le mie perplessità su Sifted (Why most intrapreneurship programmes fail). Molte rimangono, sebbene, al contempo, avessimo iniziato un intenso lavoro di analisi e di benchmarking dell’esperienza di numerose imprese internazionali che sono attive in questo ambito. L’obiettivo era comprendere da cosa dipendesse la scarsa produttività di questi programmi e quali caratteristiche avessero quelli che erano stati in grado di produrre e mettere a terra innovazioni.

Una delle aziende su cui abbiamo testato quanto appreso sull’Intrapreneurship è Pelliconi, leader mondiale nel settore delle chiusure in metallo, alluminio e plastica per l’industria del food&beverage.

Intrapreneurship, due anni di lavoro in Pelliconi

Settimana scorsa agli headquarters di Ozzano si è chiusa la seconda edizione del programma (che hanno internamente battezzato “LiberaMente”). I 6 migliori progetti sono stati presentati davanti all’Amministratore Delegato Marco Checchi, al Direttore Generale Pierluigi Garuti e a tutti i responsabili delle funzioni aziendali.  Di questi 3 verranno incubati a settembre in Silicon Valley nel Venture Studio di Mind the Bridge per affinarne le potenzialità implementative.

Il progetto “Verde Insieme”, promosso dal Regional Manager Oceania, Inian Anbalagan, mira a ridurre drasticamente l’utilizzo di packaging di plastica negli imballaggi per pallet delle spedizioni di Pelliconi, sostituendoli con materiali di carta e bio-plastiche.

Il progetto “Wine & Spirits” di Sofia Guggi e Fabio Fiocchi, invece, intende sfruttare competenze e prodotti di cui Pelliconi già dispone per entrare nel mercato dei vini e liquori (al momento poco presidiato) realizzando tappi a vite.

Infine, il progetto “Imballo del Futuro” proposto dal gruppo composto da Pasquale Cirelli, Alessio Canosa, Giuliano Febas e Francesco Di Tullio (un team 100% abruzzese dato che i suoi componenti provengono dallo stabilimento di Atessa) prevede la modifica delle dimensioni delle scatole di imballaggio per aumentare la quantità di tappi, consentendo una riduzione dei costi di imballaggio, del numero di spedizioni e ottimizzando quindi l’efficienza della logistica.

L’altro aspetto interessante è che due progetti che erano emersi dalla scorsa edizione sono entrati in fase di implementazione industriale. Uno consente di ottimizzare le tempistiche del cambio di settaggio in linea di produzione (promosso dal team composto da Mariano Di Domenica e Arturo Tucci), mentre il secondo ha lo scopo di valorizzare lo scarto derivante dal processo di produzione del prodotto “tappo corona” (promosso dall’esteso team che ha visto come partecipanti Alessandro Cicchetti, Mario Del Corso, Giuliano Febas, Daniele Zinni, Maurizio Marca, Fabio Fiore, Domenico Di Renzo e Michele Fattibene).

Visto che Pelliconi prevede, attraverso l’adozione di queste innovazioni, di ridurre sia i costi che l’impatto ambientale, il top management ha deciso di riconoscere un premio economico ai dipendenti che le hanno rese possibili.

Gli i ntrapreneurs di Pelliconi con il management dell’azienda

Due indizi non fanno una prova, ma danno alcune indicazioni. Provo a riassumere gli aspetti che rendono l’esperienza di Pelliconi interessante.

Gli ingredienti per sviluppare l’imprenditorialità in azienda

  1. Snellezza
    In Pelliconi abbiamo strutturato un programma di Intraprenuership “lean”, con pochi passaggi (tecnicamente “Stage & Gate”) che richiedono un coinvolgimento (sia dei dipendenti che delle strutture coinvolte) leggero nelle fasi inziali e via via crescente (ma su un numero di progetti limitato). Un problema emerso dall’analisi di benchmarking era quello di programmi eccessivamente strutturati, che risultavano troppo time consuming.
  2. Tecnologia
    L’uso di una piattaforma specifica (in questo caso Babele) ha aumentato efficacia ed efficienza nella gestione del processo.
  3. Top-Level Buy-In
    Il top management ci ha messo la faccia (sempre presente nei momenti chiave sia di lancio e che di chiusura così come durante il Venture Studio in Silicon Valley) e il budget. Non solo per realizzarlo ma soprattutto per sostenere e incentivare la reale partecipazione dei dipendenti (hanno fermato gli impianti per permettere a tutti di essere presenti all’evento di lancio, hanno invitato tutti i partecipanti alla presentazione finale, hanno dato il tempo, durante le giornate lavorative, per lavorare sui progetti, hanno retrocesso parte del valore economico creato).
  4. Evoluzione
    La prima edizione aveva l’obiettivo di coinvolgere. Per questo avevamo tenuto le challenges volutamente ampie (sostenibilità e miglioramento della giornata lavorativa). I risultati in termini di partecipazione erano andati oltre le più rosee aspettative: oltre 130 progetti presentati, di cui oltre il 60% da “blue collars”. Nella seconda edizione abbiamo scelto di restringere le sfide su obiettivi più specifici (le challenges erano focalizzate sul rendere la logistica del packaging più efficiente ed eco-sostenibile e ampliare, attraverso l’innovazione di prodotto, il raggio di diversificazione del business). Il numero dei progetti presentati è di conseguenza sceso (28), ma non la qualità (i 6 progetti arrivati alla fase finale sono tutti molto solidi e con grande potenziale implementativo). Per la terza edizione è previsto l’ampliamento ai dipendenti di tutte le filiali estere (la gestione di un programma multi-lingua – dato che l’inglese non è diffuso ad ogni livello, soprattutto se si vuole realmente coinvolgere tutti i dipendenti – non è aspetto triviale, ma la tecnologia aiuta).
  5. Implementazione
    Uno dei boomerang dei programmi di intrapreneurship è quello che succede (rectius non succede) dopo la scelta dei progetti vincitori. Se quello che l’azienda riconosce come interessante non viene realizzato si genera inevitabilmente frustrazione. Avere capacità snelle di Venture Building a valle del programma diventa quindi essenziale. Ovviamente implementando solo quello che ha senso di mettere a terra, senza obbligo alcuno (anche qui dall’analisi di benchmarking erano emerse scelte non ottimali).
  6. Comunicazione
    Essere chiari nelle aspettative. Non stiamo cercando la prossima Google. Vogliamo che ciascun dipendente si senta libero di proporre il proprio contributo. L’azienda valuterà quali di questi hanno potenziale in base a criteri di selezione comunicati in modo trasparente e volti ad incentivare progetti in linea con la strategia dell’impresa. 

LiberaMente, appunto.

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