Il leader innovativo deve possedere una competenza inedita: l’agilità emotiva. A coniare questo termine è Susan David, una delle maggiori esperte mondiali nel campo del management e premiata psicologa della Harvard Medical School. “Emotional Agility” è il titolo del suo nuovo best seller in cui descrive le competenze psicologiche indispensabili per resistere e crescere in periodi di complessità e cambiamento. EconomyUp l’ha intervistata, insieme ad altri maestri di leadership e management, durante il recente World Business Forum a Milano per cercare di capire meglio cos’è l’agilità emotiva. Dalle sue parole è emersa una visione nuova del modo di guidare team e organizzazioni. “I leader devono possedere compassione, coraggio, curiosità, empatia – dice la studiosa – tutte competenze che saranno estremamente ricercate nel prossimo futuro”. Soprattutto il buon leader deve fare in modo che le persone tirino fuori le emozioni. Il che non significa dare a chiunque la possibilità di sfogarsi in modo irrazionale o caotico. Al contrario bisogna “saper creare uno spazio” dove si ascolta ogni voce e si “permette alle persone di tirare fuori se stessi in modo calmo, equilibrato e saggio”. Solo così si può guidare un’organizzazione tra le difficoltà di un’epoca in continua trasformazione. Ma vediamo meglio chi è Susan David, qual è il suo pensiero sull’agilità emotiva e gli esempi che ci ha illustrato, da Google al sistema ospedaliero.
Chi è Susan David, la “madre” dell’agilità emotiva
Susan è CEO di Evidence Based Psychology, fa parte del corpo docente della Harvard Medical School, è co-fondatrice dell’Institute of Coaching della Harvard Medical School/McLean ed è membro degli Scientific Advisory Board di Thrive Global e Virgin Pulse. Scrive spesso per la Harvard Business Review, il New York Times, il Washington Post, il Wall Street Journal e fa parte della faculty di Homeward Bound, un programma mondiale di leadership tutto al femminile che culmina in una spedizione nell’Antartide e ha lo scopo di aumentare l’influenza e l’incidenza delle donne in campo scientifico.
Susan è anche una famosa Executive Coach che applica a singoli e a organizzazioni le proprie conoscenze in materia di emotività, motivazione umana e cambiamento. Lavora spesso negli ambiti della leadership personale, della cultura, dell’impegno e della strategia di gestione del personale. Consulente per i top manager delle aziende appartenenti alla classifica “Fortune 500”, ha dispensato i propri consigli a numerosi leader che si trovavano in situazioni impegnative quali fusioni e acquisizioni, passaggi di leadership e revisioni strategiche. Originaria del Sudafrica, vive nei pressi di Boston con la famiglia.
Le organizzazioni stanno raggiungendo un livello mai visto prima di cambiamento tecnologico, politico ed economico, perciò tutte chiedono alle persone di essere “agili”. Significa che devono essere collaborative, innovative, inclusive, customer-focused. Di fatto nessuno va al lavoro dicendo “Non voglio essere innovativo” o “Non sarò collaborativo”. Di solito la gente ha buone intenzioni. Perciò bisogna cominciare a porsi la domanda: “Cos’è che può sbloccare la capacità degli individui di essere coinvolgenti e connessi in modo da poter affrontare le sfide?”. Dal punto di vista cognitivo e comportamentale c’è un paradosso: quando una persona è bersagliata da tante informazioni, invece di innovare, essere creativa ed esercitare la sua capacità di sintesi, tende a chiudersi e diventa molto focalizzata su quella che lei pensa sia la risposta, senza invece essere particolarmente in grado di integrare le informazioni. Quando siamo stressati, non ci soffermiamo su come è il tempo oggi, o come è la natura intorno a noi, ma sulla minaccia. È il modo in cui gli esseri umani si sono evoluti. Ma l’innovazione viene dalle persone. Perciò abbiamo bisogno di aiutarle a sviluppare competenze che siano emotional agile, emotivamente agili.
Quando siamo stressati ci concentriamo sulla minaccia, perciò non siamo innovativi
Come si mette in pratica l’agilità emotiva?
Il processo di innovazione è un processo creativo ma anche potenzialmente fallimentare. Quando si collabora con un team esistono possibilità di conflitto. Questo significa che i leader, per raggiungere un alto livello di innovazione, hanno bisogno di lasciar perdere l’idea che gli individui debbano stare “dentro o fuori” – o ti piace così o te ne vai – e devono invece sviluppare una maggiore apertura a ciò che stanno provando gli altri.
Può farci qualche esempio?
Prendiamo Google e il suo eccellente team di lavoro. A un certo punto Google ha capito che nella sua squadra stava emergendo un importante fattore chiamato “sicurezza psicologica”. Significa che, se stai cercando di innovare e qualcuno non è d’accordo con te, ti senti comunque sicuro a sufficienza per non essere d’accordo con lui, e non ti preoccupi di essere licenziato, o che ti venga detto: “Sei sempre negativo” o “Stai zitto”. Sicurezza psicologica vuol dire che le persone devono poter portare la loro verità emotiva al lavoro. È una componente che può determinare l’efficacia di una squadra. Un altro esempio: immaginiamo che uno abbia bisogno di un’operazione chirurgica e voglia andare nell’ospedale più sicuro che trova. Leggerà tutte le statistiche sugli ospedali nella sua area e penserà: “Il più sicuro è quello dove c’è il livello più basso di errori riportati”. Ma sbaglierà. Varie ricerche hanno evidenziato che, seppure i dipendenti vedono errori e fallimenti nella propria struttura, spesso sono troppo impauriti per riferirli. Perciò si può pensare che l’ospedale con meno errori sia il più sicuro, ma di fatto è quello dove c’è meno “sicurezza psicologica”. Qui non si riesce a insegnare ai collaboratori come affrontare esiti potenzialmente negativi, perciò non c’è reale capacità di innovare. Ecco perché l’emotional agility è così importante: perché ci si allontana dall’idea che esistano emozioni giuste ed emozioni sbagliate.
Nelle aziende deve esserci sicurezza psicologica: le persone devono poter portare la loro verità emotiva al lavoro
Quindi le emozioni possano aiutare a innovare?
Se consentiamo agli individui di parlare a voce alta e di essere visti, possiamo muoverci verso un livello più elevato di innovazione Quando qualcuno dice “Sono arrabbiato sul modo in cui stai innovando questo prodotto”, occorre fermarsi un attimo e rispondere: “Cos’è che ti preoccupa?”. Solo così si possono mettere in pratica sistemi e processi che siano davvero innovativi.
Con questa strategia non c’è il rischio che le persone creino solo maggiore confusione all’interno delle organizzazioni?
Le emozioni sono dati. Dati davvero importanti su come sta procedendo il lavoro del team e come stanno andando le cose all’interno dell’organizzazione. Ma le emozioni non devono essere i “direttori”. Le persone non devono sentirsi libere di fare quello che vogliono solo perché provano qualcosa, vogliono esprimersi o sono arrabbiate. La differenze sta nell’essere compassionevoli. Il neurologo, psichiatra e filosofo austriaco Vicktor Frankl, nonché un sopravvissuto ai campi di concentramento, sosteneva che c’è uno spazio tra lo stimolo e la risposta. È in quello spazio che risiede il nostro potere di scelta. E nella scelta c’è la nostra crescita e la nostra libertà. Quando uno sopprime qualsiasi emozione negativa, o considerata negativa, non c’è più spazio tra stimolo e risposta. Stai semplicemente reagendo. Ma se qualcuno prova un’emozione, occorre dare il benvenuto a questa emozione, con compassione e curiosità. Bisogna fare in modo che le persone agiscano non perché guidati dalle emozioni ma dai valori.
Le emozioni sono dati su come stanno andando le cose all’interno delle organizzazioni
Quale atteggiamento ci si aspetta da un leader dotato di agilità emotiva?
Immaginiamo che qualcuno stia progettando di innovare un prodotto che non sta funzionando. Spesso, in situazioni come queste, accade che chi parla a voce più alta nella stanza è anche quello che viene maggiormente ascoltato, mentre le altri voci restano inascoltate. Ma il vero leader deve essere in grado di leggere la preoccupazione nei volti delle persone e creare spazio perché possano esprimere le proprie emozioni. Deve saper chiedere: “Chi vogliamo essere come squadra? Quali sono i valori che vogliamo portare nel progetto che stiamo cercando di risolvere? Vogliamo portare collaborazione o caos? Vogliamo ascoltare ogni voce? Vogliamo portare compassione, riconoscendo che stiamo tutti lottando insieme nonostante non ci siano soldi o risorse?”. Come leader non dovrà dire: “Oh, vedo che sei in ansia, parlami della tua ansia” ma dovrà creare spazio. Uno spazio che sia compassionevole, curioso, che permetta alle persone di tirare fuori se stessi in modo calmo, equilibrato e saggio. Ed è questo che manca. Più la situazione diventa complessa e caotica, più il leader deve avere la capacità di far sì che le persone si esprimano in modo equilibrato.
Il leader deve saper creare spazio perché le persone possano esprimere le proprie emozioni
Quanto è difficile convincere manager e top manager che hanno bisogno (anche) di provare compassione?
Difficile o meno, è più che altro essenziale. Più cambiamenti sperimenta, più la gente si chiude nella rigidità. Con rigidità intendo che, se qualcuno ha un’idea, che magari non è la migliore né la più innovativa, finisce che viene presa in considerazione solo quella. Quando le persone sono stressate e non hanno agilità emotiva si possono ottenere idee, ma non vera innovazione. Un’altra ragione per cui la compassione è importante è perché skills come questa faranno la differenza nei leader del futuro. Di recente il WEF ha pubblicato un articolo sull’agilità emotiva sostenendo che le skills emozionali sono le skills del futuro. Tutto ciò che poteva essere automatizzato lo è già, ma non potranno esserlo le professioni relative alla cura. La terza ragione per cui compassione ed empatia sono essenziali è che la depressione è adesso la principale causa di disabilità nel mondo, più del cancro. Per questo ogni organizzazione si dovrebbe occupare del benessere delle persone. Una persona su 5 nel mondo ha problemi di burn out, stress e bassi livelli di salute mentale, e la percentuale sta crescendo. Cosa succederebbe se finalmente le persone fossero viste e avessero la possibilità di modellare il proprio ambiente? Un leader davvero innovativo non può esimersi dal lavorare su questo.