Fondata nel 1871, la Banca Popolare di Sondrio è stata una delle prime banche popolari italiane ispirate al movimento popolare cooperativo del credito.
Il capitale sociale della banca, pari a oltre 1.360 milioni di euro, è distribuito fra circa 162.000 Soci, che in larga parte sono pure clienti. La banca, con un personale di oltre 3.300 dipendenti, conta su una rete territoriale di quasi 370 filiali e un margine di intermediazione che nel 2019 era pari a 903 milioni di euro.
Per la banca è da sempre forte l’interesse per l’innovazione digitale, che si traduce in azioni sia di efficientamento della macchina operativa, sia di rafforzamento dei canali di relazione con i clienti in ottica open banking e sia, ancora, di collaborazione con le Fintech. L’obiettivo è cogliere le opportunità ad ampio spettro, abilitare nuove modalità di interazione ed offrire progressivamente nuovi prodotti e servizi alla clientela in una prospettiva di ecosistema. Per fare ciò l’azienda ha sviluppato un modello organizzativo snello e dotato di un processo decisionale flessibile in relazione al tipo di iniziativa da valutare e intraprendere.
“In Banca Popolare di Sondrio non esiste una Direzione preposta propriamente all’innovazione o, meglio, alla trasformazione digitale. Quest’ultima si muove a seguito di due stimoli principali: da un lato le innovazioni tecnologiche che vengono intercettate e valutate dalla Funzione IT, dall’altro lato le soluzioni innovative che nascono dalle esigenze del business”, spiega Massimiliano Fabani, Responsabile Sviluppo Applicativo di Banca Popolare di Sondrio. Nel primo caso si parla di innovazione “IT-centrica”, in cui è la Direzione IT che in primis fa scouting di innovazione tecnologica e che ha il mandato di sperimentare, con l’obiettivo di proporre nuove soluzioni ai clienti interni qualora abilitanti per l’efficienza o il business. Motore di questa innovazione IT-centrica è in primis Milo Gusmeroli, Vicedirettore Generale e CIO di Banca Popolare di Sondrio, che da sempre stimola attività di Open Innovation in azienda, come la recente collaborazione con l’Osservatorio Startup Intelligence del Politecnico di Milano, che si affianca a relazioni con altre università, associazioni di categoria e startup.
Il processo operativo dell’innovazione parte dall’identificazione di un’idea, che può essere promossa da un attore interno ma anche esterno alla banca. Generalmente la Direzione IT sensibilizza il business sul carattere abilitante e sulla bontà dell’idea, per poi attivare una sperimentazione e formare un team trasversale multidisciplinare, preposto a seguire questa fase, composto da persone dell’IT e di altre unità aziendali.
Se l’idea passa allo step successivo di realizzazione, l’iniziativa si delinea secondo un approccio classico di progetto; anche gli strumenti aziendali di verifica, confronto e monitoraggio sono quindi quelli tradizionali. “Per ogni progetto si cerca di delineare subito l’obiettivo e gli eventuali ritorni economici, per valutare in maniera opportuna l’investimento, che può essere anche non immediatamente finalizzato quando si tratta di una vera e propria sperimentazione, come è stato fatto nel caso dell’avvicinamento alle tematiche della blockchain, con attività di studio e formazione”. Tra i KPI relativi al raggiungimento degli obiettivi strategici, per la Direzione IT è monitorata anche la percentuale di iniziative innovative sviluppate rispetto al totale dell’innovazione portata avanti dalla banca; si tratta di criteri integrati nella gestione ordinaria dell’innovazione.
“La sperimentazione può avvenire anche in collaborazione con realtà innovative come le Fintech: se valutiamo che una di esse ha attinenza col business della banca o con la visione aperta ad ambiti connessi, che si sta viepiù affermando, attiviamo direttamente un’iniziativa progettuale”, spiega Fabani; in questo caso, a livello di procurement, la relazione può essere gestita con gli stessi strumenti utilizzati per gestire i fornitori tradizionali. “Questo tipo di collaborazioni ha il vantaggio intrinseco di poter sperimentare in ambiti anche nuovi per la banca, sfruttando l’esperienza che queste realtà hanno fatto anche in altri contesti e la loro agilità. Due sono i presupposti per la riuscita di queste collaborazioni: da un lato capire fin da subito se le modalità di lavoro delle startup combaciano con quelle dell’azienda, dall’altro ritagliarsi il tempo necessario per seguire queste progettualità, come si suole dire, fuori dall’ordinario”, conclude il manager.