L'ANALISI

Innovazione e mercati: perché la tecnologia e l’industria del software non sono una bolla

Il Software as a Service crescerà del 19,6% entro il 2021: segno che l’industria del software è ancora sulla cresta dell’onda, nonostante i timori di chi è stato scottato dalla bolla tecnologica del 2000. Ad oggi il comparto vale 500 miliardi di dollari e solo negli Usa dà lavoro a 10 milioni di persone. Ecco perché

Pubblicato il 09 Gen 2019

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Il Software as a Service (SaaS) segnerà un tasso di crescita medio del 19,6% tra il 2016 e il 2021, contro l’8,5% previsto per il software tout court e il 3,3% del totale dell’IT: in tutti i casi, ritmi di incremento superiori a quelli del Pil Usa, che si attesta su una media del +2,3%. I dati sono quelli di Gartner, Forrester, PwC e Fmi e li ha elaborati Battery Ventures, una società di investimento che si occupa di private equity e venture capital in Usa, Londra e Israele. Secondo Battery, e anche secondo noi di P101 SGR (società che gestisce fondi di venture capital, specializzata in investimenti in startup innovative e technology driven), sono sufficienti a spiegare come mai è ancora presto perché la tecnologia sia prossima a un crollo, come temono molti osservatori di Borsa scottati dallo scoppio della bolla del 2000.

Negli USA, i finanziamenti del VC, che per mestiere investe in business promettenti, sono cresciuti di quattro volte negli ultimi sei anni: un indizio non indifferente per immaginare le potenzialità ancora inesplorate del settore di cui parliamo. Ed è in particolare l’industria del software a essere sulla cresta dell’onda: un’industria che ha conosciuto fin dalla sua comparsa sulla scena globale, alla fine degli anni ‘70, uno sviluppo senza sosta da zero agli oltre 500 miliardi di dollari del valore attuale, indipendentemente da ere e modelli di fruizione. Solo negli USA il comparto dà lavoro a 10 milioni di persone, di cui 2,5 milioni direttamente nella produzione del software e il resto nell’indotto: non solo, lo stipendio medio di uno sviluppatore è il doppio di quello di un lavoratore generico in USA, secondo lo studio “The $1 Trillion economic impact of software”.

Nel report gli analisti elencano le ragioni perché il software non conoscerà rallentamenti di sorta. Sono almeno cinque: la prima sta proprio nei numeri, tutti improntati a un solido segno più; la seconda è che il software sta diventando sempre più pervasivo, infiltrandosi laddove prima c’erano mercati di nicchia. E, ancora, sta rimpiazzando l’hardware grazie alla virtualizzazione; oltre a svolgere servizi e lavoro di manutenzione che prima necessitavamo la mediazione umana. Infine, qualsiasi azienda, in qualsiasi settore, che solo pochi anni fa poteva permettersi di considerare l’aspetto tecnologico come collaterale, ora ne deve fare il suo core business ed è costretta a diventare, di fatto, una società software.

Con un peso sempre maggiore dei SaaS: secondo International Data Corporation (IDC) nel 2018 il 27,8% del mercato del software per le imprese è fatto da applicazioni SaaS, rispetto al 16,6% del 2013. Dunque, siamo solo all’inizio dello sviluppo di un’industria che nel 2030 varrà 1.000 miliardi di dollari per superare i 5 trilioni nel 2050, assumendo una crescita di appena il 5% annuo.

E non è più la Silicon Valley il posto dove tutto accade: fin dal 2008 tutte le maggiori geografie hanno superato gli USA in termini di ritmi di crescita degli investimenti. Anche la vecchia Europa, che ha incrementato i suoi investimenti di 9,1 volte dal 2008 al 2017 rispetto alle 3,1 volte degli Stati Uniti. E se il 2017 ha registrato un calo, questo è attribuibile proprio agli USA, mentre Europa e Canada hanno incrementato la loro spesa in IT rispettivamente del 72% e del 71% anno su anno.

Un altro trend in fase embrionale che si ritiene avrà una crescita esponenziale è quello delle piattaforme di virtualizzazione dei server: che valevano 1,9 miliardi nel 2016 e arriveranno ai 7,7 nel 2021 con un Cagr, un tasso di crescita medio annuo, del 32,7%. È un altro report, lo State of the Cloud Report 2018, pubblicato da Bessemer Venture Partners, a spiegarne le ragioni: è diventato relativamente più facile accedere al cloud e dunque dare vita a una cloud company che da startup diventi velocemente scaleup. Hanno impiegato un anno a fare il balzo Twilio, una piattaforma di cloud communication per costruire app di messagistica, e Box per la gestione di contenuti sofisticati, poco più di tre anni sono bastati a SendGrid, leader mondiale nei sistemi di marketing email.

Nel mercato del cloud è in atto un processo di consolidamento che ha già portato all’emergere di quattro aggregatori: Adobe, Oracle, Salesforce e SAS. Secondo il Global Software Market Perspective di GP Bullhound, a definire le direttive di sviluppo del settore saranno alcuni trend che oggi sono appena nascenti: il primo è quello dell’intelligenza artificiale e del machine learning che diventeranno sempre più pervasivi nei processi e nelle decisioni aziendali. La cybersecurity stessa si baserà sempre di più su algoritmi capaci di apprendere per difendere persone e aziende dai continui attacchi hacker, mentre il numero di device connessi aumenterà in maniera esponenziale.

Ancora, le big corp stanno adottando sempre più sistemi di Software Asset Management per ottimizzare la spesa in IT. E c’è sempre maggior interesse verso la containerization technology che semplifica, attraverso la virtualizzazione, lo sviluppo e la gestione delle applicazioni, in quanto supera la necessità di possedere un’intera macchina virtuale per ognuna di esse. Infine, i contenuti: gli utenti di software di consumo chiedono contenuti di qualità per cui sono disposti a pagare a differenza del passato. Noi di P101 SGR crediamo che su queste direttrici si troveranno le occasioni di investimento del prossimo futuro.

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Giuseppe Donvito
Giuseppe Donvito

Partner di P101 SGR, società di gestione di fondi di venture capital specializzata in investimenti in società innovative e technology driven

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