Per il quarto anno consecutivo il trend nei budget ICT rimane positivo, con una crescita tra il 2,8% e il 2,9% per il 2020 – trainato dalle grandi imprese – ancora meglio del già positivo 2,6% registrato lo scorso anno. Sono percentuali di crescita lontane da quelle della nostra, tormentata economia e che indicano una fiducia nel digitale che è segno dei tempi, anche in Italia fortunatamente.
Si diffonde la tendenza a dedicare budget per l’Innovazione Digitale anche in altre Direzioni, soprattutto nelle grandi imprese, dove sono presenti nel 61% dei casi, con trend di crescita in valore per il 2020.
Rimane al top delle priorità l’investimento in “Big Data” e sale al secondo posto “Cybersecurity” per le grandi imprese; per le PMI, invece, la priorità ricade sui sistemi ERP e CRM, segno che questo comparto sconta un notevole ritardo sugli investimenti in tecnologie.
Sono questi alcuni dei risultati della Survey Innovation degli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy a cui hanno preso parte 236 tra Chief Innovation Officer e Chief Information Officer di grandi imprese (oltre 250 dipendenti o oltre 50 milioni di euro di fatturato) e 525 tra Amministratori Delegati e C-level di PMI (tra 10 e 249 dipendenti e meno di 50 milioni di euro di fatturato) e che sono stati presentati al convegno “Innovazione Digitale 2020: imprese e startup insieme verso l’open company” al Politecnico di Milano, di fronte a 500 partecipanti.
Innovazione digitale: ci investe solo il 28% delle piccole aziende
I meccanismi di Open Innovation risultano essere sempre più adottati, in primis dalle grandi imprese. Il 73% di questo comparto dimensionale ha indicato di adottare approcci di innovazione aperta per la gestione dell’Innovazione Digitale, dato in aumento rispetto agli scorsi anni. Vi è una maggiore propensione a investire in azioni di Open Innovation di tipo Inbound (o Outside-in), 70% del campione, ovvero quelle iniziative che hanno l’obiettivo di incorporare stimoli esterni di innovazione all’interno dei processi dell’impresa. Le pratiche di Outbound (o Inside-out) Open Innovation, ovvero per esternalizzare stimoli di innovazione interna che possono trovare utilizzo in iniziative esterne, sono meno diffuse ma decisamente utilizzate: il 51% dei rispondenti alla Survey ha dichiarato di adottarle.
Tuttavia le PMI risultano meno propense all’adozione di approcci di Open Innovation: solo il 28% del campione, infatti, conferma di investire in iniziative di innovazione aperta. Escludendo le PMI innovative, ovvero quelle che basano il proprio business su soluzioni tecnologiche avanzate, molte di queste realtà devono ancora affrontare il tema della trasformazione digitale della propria azienda. L’ecosistema di attori fonti di stimolo di innovazione si sta quindi riconfigurando. Mentre negli anni passati risultano prevalere attori tradizionali come Vendor ICT e Società di consulenza, nel prossimo futuro appaiono suscitare crescente interesse attori nuovi. Nei prossimi tre anni le startup saranno scelte dal 25% dei rispondenti, riducendo il divario con Società di consulenza (23%) e Vendor ICT (30%).
Innovazione digitale: il 35% delle grandi imprese collabora con startup, l’85% delle pmi non è interessato
Seppur gli investimenti in startup hi-tech italiane non risultino paragonabili agli ecosistemi degli altri Paesi, neanche in Europa, il mercato italiano sta maturando e con esso anche la consapevolezza delle opportunità che possono derivarne, anche grazie ad alcune recenti azioni governative.
Secondo i dati della Survey Innovation, il 35% delle grandi imprese collabora con startup. Per quanto riguarda le PMI invece, scontando anche in questo caso un ritardo nel processo di trasformazione digitale, ben l’85% dei rispondenti afferma di non essere interessato.
Innovazione digitale: solo l’11% dei “piccoli” vuole usare il voucher per l’Innovation Manager
Nonostante Henry Chesbrough abbia dichiarato pochi giorni fa al Corriere della Sera che le nostre PMI sono più veloci e reattive all’innovazione, esse scontano un ritardo cronico che è di risorse ma innanzitutto culturale. Lo conferma anche la disattenzione rispetto all’ultimo intervento governativo a loro favore. Solo il 32% è a conoscenza del decreto MiSE per il voucher a fondo perduto per consulenze da parte di un Innovation Manager qualificato, e solo il 11% ha intenzione di fruirne. Sebbene la cifra messa in gioco sia insufficiente a soddisfare la numerosità di queste imprese, si tratta di una misura importante che intende stimolare l’avvicinamento ai nuovi trend dell’innovazione in un comparto fondante della nostra economia.
Il nostro augurio è che la strada seguita dai casi lungimiranti individuati dalla nostra ricerca sull’innovazione digitale venga sempre più spesso intrapresa, anche dalle PMI, substrato della nostra economia. Il processo si è oggi attivato, e non possono essere perse le nuove opportunità offerte da azioni quali il voucher per gli Innovation Manager per le PMI e l’attesa disponibilità di fondi determinata dalla prossima reale attivazione del Fondo Nazionale Innovazione per il rilancio della nostra economia, da troppo tempo in affanno.