Settimana scorsa, leggendo il commento di Safi Bahcall (autore di “Loonshots”) mi è ritornata in mente “Mon amour” di Annalisa: “Ho visto lei che bacia lui, che bacia lei, che bacia me…”
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Premessa
Una intera generazione di business executives è stata formata con un dubbio amletico:
⏩ “Structure follows Strategy” che è stato il “mantra” di Alfred Chandler.
⏩ “Strategy follows Structure” che riassumeva il pensiero di Henry Mintzberg.
Per chi volesse approfondire questo dibattito e l’impatto che ha avuto sui principali filoni di letteratura di management insegnati nelle Business School vi rimando al capitolo 8 del mio libro “Strategia d’Impresa”. Ma non è questo il punto.
Il dilemma dell’open innovation
Oggi, parlando di Innovazione e specificatamente di Open Innovation, mi sembra che siamo tornati ad una guerra tra “fazioni”. In questo caso, non più due, ma ben tre. A Strategia ed Organizzazione si è aggiunta la Cultura. In estrema (ovviamente semplificata) sintesi:
⏩ Reinterpretando il pensiero di Peter Drucker, “Culture eats Strategy for breakfast”.
⏩ Però Safi Bahcall ha recentemente rilanciato sostenendo che “Culture eats Strategy for breakfast but Structure eats Culture for lunch”.
Il dubbio sorge spontaneo: Chi sta mangiando cosa? O, in altri termini, che cosa previene le grandi aziende dall’innovare ed aprirsi a contributi esterni?
⏩ Ralph-Christian Ohr, amico di lunga data e parte del Judging Committee di Corporate Startup Stars, raccomanda di non cercare di cambiare la cultura per modificare la cultura aziendale dato che quest’ultima è ampiamente condizionata dalla organizational structure. Quindi suggerisce di partire a lavorare sull’organizzazione.
⏩ Maija Palmer, ex Editor di Sifted e ora a Global Corporate Venturing, da buona giornalista sintetizza la vicenda con un: “Forget Culture. Forget Strategy. Let’s talk Structure”.
Struttura organizzativa e strategia: quale ruolo?
Quindi sembrerebbe che dovremmo lasciare perdere ogni tentativo di cambiare la cultura aziendale e focalizzarsi “solo” sulla struttura organizzativa. Che ruolo ha quindi la strategia? E, soprattutto, chi lo dice a Chandler? Un terzetto incoerente?
Oggi sono in vena di citazioni e ammetto che citare in sequenza Annalisa e Tommaso Padoa-Schioppa potrebbe suonare un poco irriverente.
Nel dubbio lascio i miei 3 cents (visto che tre è il numero del giorno).
1) L’ ho sempre detto e non mi convinco del contrario: se nelle aziende succede qualcosa è perché c’è “Top Level Buy-In”.
Nulla succede se l’Innovazione non è al centro dello Strategia. Davvero e non solo sulla carta, quindi con pieno e convinto supporto del CEO. Senza questo rimane un dibattito puramente accademico (destinato a sfociare in fiumi di paper, ma in poca sostanza)
2) Se la Cultura non cambia, è difficile che l’Innovazione possa scalare in azienda in termini di risultati.
Quindi programmi come l’Intrapreneurship, le Tech Missions, i Bootcamps, gli Hackathon sono molto utili. Il problema è che la cultura evolve su tempi lunghi. Quindi, riprendendo la provocazione di Ralph-Christian Ohr, meglio partire subito a provare a cambiare la cultura ma senza aspettarsi però risultati overnight.
3) L’Organizzazione (e con essa ruoli, processi, incentivi,…) resta un gigantesco ostacolo all’Innovazione e al Cambiamento in genere.
Serve quindi, a livello organizzativo, dare all’Innovazione un ruolo visibile e rilevante (le migliori aziende hanno un C-level dedicato e una unità di Open Innovation). Se no, il messaggio che passa è che l’Innovazione non è importante. Il tutto va accompagnato con una struttura di incentivi.
Se le azioni di Innovazione non impattano sui compensi delle persone, nessuno alla fine muoverà un dito e continuerà a fare quello che ha sempre fatto.
Tutte queste cose però succedono solo se l’Amministratore Delegato è veramente convinto a farle succedere e spinge con tutte le sue forze (cosa non semplice perché ci saranno un sacco di sacche di resistenza). Ho visto caderne due che ci avevano provato. Crisi di rigetto.
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Facile? No.
Necessario? Sì.
D’altronde, qual è l’alternativa? “Evolve or be extinct” come siamo soliti dire a Mind the Bridge (e per non dimenticarcelo ce lo siamo scritti sulla maglietta).