Le aspettative delle piccole e medie imprese italiane sono decisamente rosee per il 2018: la metà prevede un crescita dal 6 al 10%. Le leve dello sviluppo? Nuove tecnologie, innovazione, ricerca, investimento sui talenti aziendali. Perché, dopo la crisi economica iniziata nel 2008, anche le pmi hanno capito che, se volevano espandersi ed investire all’estero, dovevano intraprendere nuove vie. Tanto che le nostre piccole e medie imprese risultano essere avanti, rispetto al resto del mondo, nell’adozione dell’automazione robotica dei processi in fabbrica. È il “new deal delle aziende italiane 4.0” come viene descritto dall’indagine EY Growth Barometer – Italy che esplora le previsioni di crescita, le strategie e le sfide dei leader del middle market italiano. L’analisi si basa sulle interviste realizzate per il report globale EY Growth Barometer: Global Highlights che ha preso in esame il punto di vista di 2.340 top manager di aziende del middle market in 30 Paesi. Dal focus sulle pmi italiane emerge un quadro sostanzialmente positivo, seppure con le inevitabili luci e ombre. “In questo momento l’Italia – dice il curatore del report, Paolo Zocchi, Mediterranean Growth Markets Leader, EY Italia – dimostra di avere a cuore questo argomento. Stanno tutti investendo e cercando di trovare nuove vie di sviluppo di tecnologie innovative per essere più competitivi. Anzi secondo noi queste competenze digitali aiuteranno le micro e medie aziende italiane a svilupparsi ed entrare in mercati nuovi. Quindi cadono le barriere del passato: una volta se eri grande potevi facilmente entrare in mercati lontani, oggi con queste tecnologie anche se sei di media dimensione puoi dire la tua sui mercati internazionali. La ricerca sta dimostrando che le pmi italiane hanno una percezione maggiore rispetto alle altre aziende nel mondo”. Ma vediamo in dettaglio cosa è emerso dalla ricerca.
PMI NEL 2018: CRESCITA ATTRAVERSO FUSIONI E ACQUISIZIONI
Le medie imprese italiane mostrano fiducia e hanno ambizioni di ulteriore sviluppo: il 52% punta a una crescita tra il 6% e il 10% nel corso del prossimo anno, una percentuale maggiore rispetto al resto del mondo (34%), mentre il 30% (in linea con le altre aree, 31%) prevede un incremento tra lo 0 e il 5 %. Al contrario, il numero di top manager italiani che si attende una crescita dell’11% o superiore è inferiore rispetto al totale (30%), mentre è leggermente maggiore la percentuale di coloro che prevedono una contrazione (7% contro il 5 a livello mondiale).
La principale leva di crescita per il middle market italiano è il consolidamento tramite M&A (21% delle risposte, rispetto al 12% nel resto del mondo), perché le aziende cedono le attività per focalizzarsi sul loro core business, seguita dall’accesso a nuovi mercati geografici e dall’aumento della quota di mercato.
COMPETIZIONE: PER LE NOSTRE AZIENDE È STIMOLO MA ANCHE RISCHIO
Per i leader italiani, l’aumento della concorrenza rappresenta uno stimolo, ma anche un rischio per la crescita (25% delle risposte, contro il 20% nel resto del mondo) e i nuovi player che entrano nel mercato di riferimento sono visti come una delle sfide principali. Al secondo posto tra i rischi più rilevanti le barriere commerciali (16% delle risposte), seguite dall’instabilità geopolitica (14%).
IL PROBLEMA PRINCIPALE DELLE PMI ITALIANE: LA SCARSITÀ DELLA DOMANDA
Riguardo alle sfide che il middle market italiano sta affrontando, la scarsità della domanda è un elemento ritenuto importante in Italia più che altrove: è al secondo posto (17 % delle risposte) rispetto al quarto posto occupato nel resto del mondo (14%).
Questo fattore spiega probabilmente perché il middle market italiano è concentrato sui risultati di bilancio e ritiene l’incremento degli utili o dei margini il suo parametro di successo principale (23% delle risposte) e la redditività il suo maggiore motore di innovazione (28%), un dato superiore al resto del mondo (19%). Allo stesso modo, l’efficienza della filiera produttiva è uno dei primi due fattori trainanti della produttività (23%).
AUTOMAZIONE DEI PROCESSI: ITALIANI MEGLIO DEGLI ALTRI
Oltre alle pressioni competitive, i leader del middle market italiano – con il 20% delle risposte, il 3% in più rispetto al resto del mondo – posizionano la trasformazione tecnologica al primo posto tra le sfide per la crescita. Le medie imprese italiane si dichiarano inoltre orientate al futuro con una particolare attenzione all’automazione robotica dei processi (RPA): l’11% ha già adottato l’RPA, contro il 5% a livello globale, e un ulteriore 15% dichiara che prevede di farlo nei prossimi dieci anni.
PMI E LAVORO: UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE
In linea con i propri piani di crescita, la maggior parte del middle market italiano ha intenzione di assumere: circa un quarto (24%) si focalizza sull’assunzione di personale a tempo pieno e, con i vertici aziendali orientati alla gig economy, il 19% cerca soprattutto collaboratori esterni o indipendenti. I top manager italiani ritengono che trovare talenti con le giuste competenze sia il fattore probabilmente più incisivo sulla crescita dell’azienda, ma sono meno preoccupati rispetto al resto del mondo dalla carenza di risorse competenti (11% delle risposte, contro il 14% a livello globale).
“Le possibilità offerte dalle nuove tecnologie – spiega Donato Iacovone, CEO Italia e Managing Partner Italia Spagna e Portogallo di EY, commenta – e l’entrata nel mondo del lavoro delle generazioni più giovani, che ambiscono a una professione interessante più che alla carriera e chiedono maggiore flessibilità ed equilibrio tra vita e lavoro, stanno rendendo possibili nuove forme di collaborazione, come la gig economy e il job crafting, che già alcune imprese italiane stanno valorizzando per incentivare nuove forme di motivazione e di incremento della produttività. Come nel resto del mondo, le aziende del middle market italiano hanno un’esigenza di persone con competenze specialistiche, un segno della generale carenza di competenze in settori quali ICT, scienza e tecnologie, sanità”.
PMI E COLLABORAZIONI: L’IMPORTANZA DEL NETWORK
I leader del middle market in Italia non sono solo concentrati sulle proprie persone, ma guardano anche al di fuori della propria organizzazione: oltre l’83% ritiene che il successo dipenda dallo sviluppo di una forte rete di collaborazioni (86% a livello globale).
Sebbene dichiarino che avvalersi delle idee e della creatività interne sia la loro principale priorità (22% delle risposte, contro il 25% a livello globale), essi sono leggermente più propensi a investire in start-up rispetto agli altri Paesi (14% contro il 13%).
Paolo Zocchi conclude: “L’orientamento al futuro e la propensione a guardare al di fuori dell’azienda sono punti di forza del middle market italiano. La parte migliore dell’imprenditorialità italiana ha dato al mondo grandi esempi di innovazione, combinati con un’ottima artigianalità e design. C’è di più: il continuo impulso verso le nuove tecnologie può favorire l’internazionalizzazione dell’eccellenza e della qualità italiana, che sono ancora gli elementi distintivi della competenza delle nostre imprese, soprattutto ora che il nostro Paese non deve più fare i conti con la carenza di capitale”.
A livello globale, rivela lo studio di EY, le imprese familiari ritengono che i mutamenti demografici saranno il fattore che nei prossimi 12 mesi avrà l’impatto più immediato sulle loro strategie di business e prospettive di crescita (34% delle risposte), seguito dalla trasformazione tecnologica (24%). Inoltre, esse ritengono che il tema dei talenti (15%), con la carenza di competenze qualificate, inciderà sul loro futuro più dell’effetto dirompente dell’innovazione digitale e dell’insufficiente flusso di cassa, che invece sono le sfide principali per i leader delle imprese non familiari.