Se un’azienda ha un problema e chiede un aiuto pubblicamente a più di 375mila persone in giro per il mondo, quante probabilità ha di trovarne almeno una che sia in grado di risolverla? Tantissime. Così almeno la pensa la comunità di InnoCentive, che si definisce la più grande piattaforma del mondo di problem solving attraverso idee innovative.
Si tratta di un marketplace di open innovation su cui le organizzazioni possono lanciare competizioni aperte per trovare un rimedio a determinate questioni problematiche. A fornire online le possibili soluzioni, secondo i dettami del crowdsourcing e di una metodologia denominata Challenge Driven Innovation, è una rete di quasi 400mila solver (scienziati, ricercatori, esperti di varie discipline…) provenienti da più di 200 paesi del mondo. Chi riesce a dare l’idea che incontra l’esigenza dell’azienda che ha pubblicato la “challenge” guadagna un premio in denaro che può valere decine o centinaia di migliaia di dollari, a seconda della complessità. Ci sono state sfide ricompensate perfino con un milione di dollari.
Quest’anno InnoCentive, guidata e presieduta dal venture capitalist Craig Jones, celebra il suo quindicesimo compleanno. È stata fondata infatti nel 2001 come divisione di ricerca&sviluppo open di Eli Lilly. L’idea venne in mente tre anni prima a Alph Bingham e Aaron Schacht, due manager esperti di innovazione della multinazionale farmaceutica americana che stavano studiando i possibili benefici che poteva avere Internet sul business dell’azienda. A ispirarli fu Linux, il sistema operativo open source creato da Linus Torvalds nel 1991 che riusciva a competere con i principali sistemi proprietari grazie al lavoro di migliaia di volontari.
“Ci siamo immaginati un sistema online che avrebbe attratto centinaia o migliaia di cervelli in grado di risolvere un problema sinteticamente”, ha detto il co-
founder Bingham, che è stato ceo di InnoCentive e ora è membro del consiglio di amministrazione della società. Il punto di partenza era il principio per cui “ci sarà sempre qualcuno più intelligente di te al di fuori del tuo team o della tua organizzazione: una prospettiva diversa è fondamentale per risolvere un problema in modo efficace”. Pura open innovation, insomma. Teorizzata quando il termine non esisteva ancora e le aziende erano ancora gelosissime del loro modo di fare innovazione all’interno delle proprie strutture.
InnoCentive andò online con 21 problemi che Eli Lilly non riusciva a risolvere da anni. Le ricompense iniziali erano piuttosto basse rispetto al settore di riferimento, che all’inizio era appunto quello farmaceutico: 20-25mila dollari. Ma a fine anno, un terzo delle questioni era risolto. Quando la società si accorse che il sistema poteva funzionare, cominciò ad attrarre sulla piattaforma altre compagnie come seeker (così sono chiamate le organizzazioni che lanciano le sfide): furono invitati persino i competitor. Fu così che nel 2005, InnoCentive si separò da Eli Lilly diventando uno spinoff autonomo finanziato con circa 30 milioni di dollari da parte di vari investitori tra cui Spencer Trask & Company.
A oggi, le “challenge” lanciate su InnoCentive sono state più di 3.000 e il compenso complessivo proposto ha superato quota 48 milioni di dollari. Tra le organizzazioni (profit, non profit e governative) che hanno puntato su questo portale per risolvere problemi di carattere economico, scientifico e tecnico o ideare nuovi prodotti e servizi ci sono state la Nasa, AstraZeneca, Roche, Accenture, Lumina Foundation. Anche in Italia ci sono aziende che si sono avvantaggiate della creatività della comunità di InnoCentive, tra cui Enel, che grazie alla piattaforma ha risolto un problema legato alla neve che si posa sui cavi della corrente elettrica.
Le soluzioni sottoposte dai solver sono state 59mila, in settori che andavano dalle life sciences all’ingegneria fino all’analisi dei big data. Nel 2008 InnoCentive, che ha le sue sedi a Waltham, a due passi dal Massachusetts Institute of Technology di Boston, e a Londra, ha anche lanciato una piattaforma SaaS, InnoCentive@Work, che consente alle organizzazioni di usare il sistema di problem solving anche solo all’interno delle “mura” aziendali.