Se la chiamano “quarta rivoluzione industriale”, non è un caso. L’Industry4.0 è destinata a ridisegnare processi produttivi, impianti, fabbriche, prodotti ma anche modelli di business e relazioni in intere filiere. Una grande opportunità, quindi, per un Paese fortemente manifatturiero come l’Italia. Ma anche un enorme rischio, se non sarà rapidamente colta, di perdere competitività.
Le rivoluzioni si possono subire o affrontare da protagonisti. In Italia abbiamo una tradizione manifatturiera da leader, che adesso va rilanciata con l’innovazione. Primo passo: comprendere che internet, cloud, big data, augmented reality, cognitive computing sono concetti che sempre di più hanno a che fare con le fabbriche, con qualsiasi fabbrica. Dopo gli uomini, anche gli oggetti cominciano a dialogare fra di loro, producendo un’enorme quantità di dati (e informazioni) che potranno aiutare gli uomini a far meglio tante cose, a cominciare dalla produzione.
Attenzione, però. Il paradigma dell’industry 4.0 non si può affrontare e comprendere solo come se fosse una questione tecnologica. Per funzionare, e ridare nuovo slancio all’economica italiana, richiede uno spirito imprenditoriale forte e coraggioso. Ha quindi ragione il ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, quando sostiene che “saper cogliere questa sfida, non riguarda solo il Governo, ma riguarda soprattutto gli imprenditori”. Il Piano per l’Industria 4.0 è un importate strumento di politica economica ma funzionerà solo se gli imprenditori faranno la loro parte. Sarebbe un errore fatale interpretarlo come l’ennesimo incentivo temporaneo per dare un po’ di ossigeno alle imprese. Se questa è una rivoluzione, non si torna indietro.
In una economia matura, come quella italiana, la crescita economica è legata alla capacità di generare nuove imprese: lo sappiamo, lo abbiamo sentito dire spesso. Ma c’è anche un altro fattore di crescita che non deve essere trascurato: la capacità delle imprese esistenti di farsi “nuove”, di cambiare cultura, pelle, modo di agire. È necessario quindi che la nascita di nuove imprese, le startup, viaggi insieme all’apertura culturale di chi l’impresa la fa già da tempo.
L’Industria 4.0 è, deve essere, una grande occasione di open innovation. Il 2017 sarà un anno importante, perché quel che si riuscirà a fare di nuovo dentro e attorno alle fabbriche, alla manifattura, si riverbererà inevitabilmente su tutto il sistema economico. Perché in un mondo sempre più connesso funzionerà sempre meno l’individualismo imprenditoriale e sarà invece premiato chi, non solo riuscirà a produrre innovazione, ma sarà anche capace di condividerla.
* Andrea Rangone è CEO di Digital360 e fondatore degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano