L’industria italiana subirà una nuova contrazione del fatturato nella media del 2013 (-3,5% a prezzi costanti), pur in un quadro di miglioramento nell’ultima parte dell’anno. A partire dal 2014, il sostegno proveniente dalla domanda mondiale e da condizioni interne meno tese in termini di
finanza pubblica e credito potrà ridare slancio all’industria: il fatturato manifatturiero crescerà pertanto dell’1,7% in termini reali nel 2014, con una accelerazione a 2,5% nel 2015. Nell’anno in corso sarà ancora la domanda interna (consumi e investimenti) a creare la maggiore penalizzazione: i dati sulle esportazioni, infatti, anche in una fase non brillante del commercio internazionale, continuano a confermare la capacità delle imprese italiane di intercettare, grazie alla loro competitività, le opportunità presenti. La tenuta dell’export (+0,3% a prezzi costanti) ed il contemporaneo calo delle import
azioni (-2,5%) porteranno il saldo manifatturiero a registrare un attivo record superiore
ai 95 miliardi di Euro a fine 2013. In prospettiva, il mantenimento di una buona crescita negli Stati Uniti e il lento recupero dell’area euro potranno fornire al commercio mondiale la spinta per una solida ripresa, nell’ipotesi che non si materializzino i rischi attualmente presenti (dal percorso di rientro della politica monetaria espansiva statunitense agli squilibri macroeconomici in molti paesi emergenti). Il migliore contesto
macroeconomico consentirà alle imprese manifatturiere italiane di mantenere buoni ritmi di sviluppo delle vendite all’estero (circa +4% nella media 2014-’15, a prezzi costanti), dando slancio agli investimenti necessari a mantenere i livelli competitivi e innescando una timida ripresa dei consumi. Le condizioni sul piano reddituale rimarranno, invece, più critiche. L’analisi di un ampio campione di imprese manifatturiere evidenzia come nel 2012 la crisi abbia portato a una nuova contrazione dei risultati reddituali medi (un punto in meno di ROI, tornato a 3,8%, il livello di minimo del 2009), con risultati particolarmente penalizzanti per le numerose PMI che caratterizzano il nostro sistema produttivo. Il recupero sarà lento e condizionato dalla necessità di stimolare una domanda interna ancora incerta e di mantenere elevata la competitività a livello internazionale. Un sostegno in tal senso potrebbe arrivare dal graduale rafforzamento del dollaro e da una domanda mondiale che potrà accelerare nel 2015. A fronte di limitate pressioni sul fronte dei costi di approvvigionamento e del più efficiente sfruttamento del capitale investito, il ROI medio del manifatturiero italiano potrà tornare su livelli del 5,5%, in seguito anche alla prosecuzione deiprocessi di espulsione dal mercato delle aziende con maggiori difficoltà.
La tutela dell’ambiente: da costo ad opportunità
L’approfondimento cont
enuto nel Rapporto è dedicato all’impatto delle certificazioni ambientali sulle performance delle imprese. La diffusione di strumenti volontari di protezione ambientale (ISO 14000, FSC, EMAS, Biologico) appare un fenomeno non trascurabile nel manifatturiero italiano: circa il 7% delle imprese, pari a poco meno del 30% del fatturato manifatturiero, risulta aver adottato tali strumenti, mostrando un’attenzione al tema ambientale non scontata in una fase di forti difficoltà come quella che ha caratterizzato gli ultimi anni.
Queste imprese sono state caratterizzate, nel periodo 2008-11, da performance migliori sia sul piano della crescita che su quello della redditività: la tutela ambientale sembra dunque essersi tradotta per le imprese che l’hanno sostenuta in un vantaggio sia in termini di riduzione dei costi che di opportunità di mercato. Si tratta di imprese dotate di un insieme complesso di strategie, in cui la scelta di una maggiore
attenzione all’ambiente si affianca ad un insieme di altre leve strategiche: emerge infatti il profilo di imprese più attente all’ambiente, ma anche alla tecnologia, alla qualità, al marketing, alla proiezione internazionale, che grazie ad un migliore posizionamento strategico hanno guadagnato spazio nel tessuto manifatturiero italiano. Da questi risultati sembrerebbe emergere pertanto come l’assottigliamento numerico del manifatturiero italiano, in atto da inizio anni Duemila ma con una brusca accelerazione dal 2008, non si sia tradotto in un impoverimento del suo potenziale di sviluppo, che anzi appare rafforzato dalle caratteristiche delle imprese uscite indenni dalla lunga crisi.
Le previsioni sui settori
Nel 2013, la caduta della domanda interna penalizzerà maggiormente, come già lo scorso anno, i settori legati all’edilizia e i produttori di beni
durevoli, le cui difficoltà condizioneranno anche la filiera a monte dei prodotti in metallo e della metallurgia (che soffre anche della complessa situazione del comparto della siderurgia). In positivo rimarranno solamente la farmaceutica e i prodotti di largo consumo, i cui acquisti sono meno comprimibili e che godono dei vantaggi sui mercati internazionali derivanti dalla presenza di imprese multinazionali. L’alimentare, invece, dovrebbe chiudere l’anno con una lieve riduzione del fatturato a prezzi costanti: gli ottimi risultati sui mercati esteri non saranno infatti sufficienti a contrastare la prudenza degli acquisti delle famiglie italiane. Nel prossimo biennio il ruolo dell’integrazione nelle reti mondiali di produzione e scambi resterà cruciale: i settori attesi sperimentare le migliori performance saranno infatti quelli più presenti sui mercati internazionali, sia in modo diretto (meccanica, elettrotecnica, componentistica auto), che indiretto, attraverso la fornitura di prodotti intermedi all’interno di filiere maggiormente internazionalizzate (gran parte delle filiere dei metalli e della chimica). Questi settori potranno, inoltre, contare anche su un miglioramento del mercato interno, grazie alla ripresa del ciclo degli investimenti, necessario a proseguire il percorso di rafforzamento della competitività. I produttori di beni di consumo e di prodotti per l’edilizia saranno, invece, ancora frenati dalla debolezza della domanda interna, che dovrebbe recuperare in modo molto graduale, e sperimenteranno risultati inferiori a quelli medi manifatturieri. Il miglioramento atteso del ROI sarà diffuso a tutti i settori e più forte nelle filiere dove la selezione comporterà una maggiore intensità dei processi di ristrutturazione e riorganizzazione. Le migliorate condizioni di autofinanziamento sosterranno una generalizzata intensa attività di
investimento, senza un eccessivo appesantimento dell’esposizione debitoria, soddisfatta anche attraverso strumenti alternativi al credito bancario. In questo contesto, la maggiore capitalizzazione attesa dovrebbe portare ad una riduzione del leverage.