Il convegno

Industria 4.0: «Serve un elettroshock culturale»

Lo ha detto il Ceo di Digital360, Andrea Rangone, al summit a Roma sulla quarta rivoluzione industriale. Un fenomeno che, hanno concordato i relatori, è essenziale per rimettere in moto la competitività delle nostre imprese. Bene il piano Calenda, ma occorre «cambiare mentalità a tutti i livelli, dalla politica all’impresa»

Pubblicato il 26 Gen 2017

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“Per l’Industria 4.0 è il momento del cambiamento”: lo ha detto Andrea Rangone, co-founder degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano e Ceo di Digital360, riassumendo il senso di INDUSTRY 4.0 – 360 SUMMIT, il convegno organizzato oggi alla Camera dei deputati dalla stessa Digital360. Politici, industriali, economisti, dirigenti pubblici: tutti d’accordo nel sottolineare che, se pure l’Italia è in ritardo sulla tabella di marcia rispetto ad altri Paesi, l’adeguamento alla quarta rivoluzione industriale è essenziale per rimettere in moto la nostra competitività nell’industria manifatturiera e non solo. Il governo ha varato il piano Calenda sull’Industria 4.0 che, hanno osservato in molti, offre una serie di vantaggi per le imprese intenzionate a digitalizzare i processi produttivi. Ma è essenziale anche puntare su informazione, conoscenza e competenze. “La spinta tecnologica e l’apertura culturale di chi fa impresa devono viaggiare insieme” ha osservato ancora Rangone.

Ad aprire i lavori è stato Stefano Quintarelli, deputato del gruppo Civici e innovatori, che ha osservato: “Lo scenario tecnologico cambia molto velocemente. Nemmeno il pc è più soltanto computer e tastiera. È nel contesto di questo cambiamento che si vanno ridefinendo le filiere: con l’Industria 4.0 cambia il rapporto azienda-clienti”. Quintarelli ha poi evocato la questione “sicurezza”, un tema “non solo tecnologico ma anche culturale. Nei prossimi anni – ha detto – ogni oggetto sarà collegato all’altro, ci saranno computer ovunque, cambieranno scenari e processi nel mondo del lavoro, perciò la security è un tema delicato da affrontare”. Tuttavia “non ha senso opporsi all’evoluzione hi-tech. Istruzione, formazione e welfare faranno la differenza”.

Dalla “pervasività del digitale come motore dell’Industria 4.0” è partito nel suo intervento Andrea Rangone. “Cloud, Internet of Things e Big Data sono in grado di abilitare il cambiamento nel fare impresa” ha affermato. Ricordando che “in una economia matura la crescita economica è legata alla capacità di generare nuove imprese” e che “negli Usa il 40% del PIL arriva da aziende con meno di 30 anni di vita”, Rangone ha rimarcato che in Italia siamo in ritardo rispetto all’Europa sul tema delle startup. Non solo: al nostro Paese “mancano circa 23 miliardi all’anno per lo sviluppo del digitale. La quarta rivoluzione industriale – ha ribadito – sta cambiando il mondo, ma l’Italia rischia di rimanere indietro”. Perciò, per far correre il Paese, è fondamentale un “incrocio tra politica e imprese su questi temi”. Altrettanto importante è la diffusione della cultura 4.0. “Per un cambiamento vero – ha aggiunto – serve un elettroshock culturale. Il digitale deve entrare a far parte della nostra cultura”.

Sulla situazione attuale dell’industria italiana e sulle sue prospettive di adeguamento alla quarta rivoluzione industriale si è concentrato l’intervento di Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio IoT del del Politecnico di Milano. “In Italia i 2/5 delle aziende non conoscono l’Industria 4.0 – ha rilevato Miragliotta – e dei restanti 3/5, solo il 30% già ha sperimentato soluzione di smart manufacturing. Il 40% dei top manager – ha proseguito – non conosce il paradigma dell’industria 4.0. Va meglio con l’IoT, ma non basta. Dalla manutenzione alla logistica serve uno sprint per arrivare ad abbracciare la quarta rivoluzione industriale”.

Il deputato Lorenzo Basso ha sottolineato la “necessità di valorizzare le piccole e medie imprese, che non possono essere tagliate fuori dall’Industria 4.0” e di seguire “la via italiana” alla quarta rivoluzione industriale. Che, ha rimarcato, “non è una moda passeggera”.

Del piano Calenda per l’Industria 4.0 ha parlato Stefano Firpo (Ministero dello Sviluppo economico): “È un piano meritocratico e selettivo, la sua attuazione ora è nelle mani delle aziende. Introduce provvedimenti come l’iperammortamento, la riduzione di Ires e Irap e incentiva gli investimenti. Queste misure rendono l’Italia molto interessante”.

A sua volta Marco Taisch, professore odinario di Sistemi di Produzione Automatizzati e Tecnologie Industriali del Politecnico di Milano ha voluto ricordare l’importanza del tema competenze contemplato dal piano Calenda e della necessità di allineare professionalità e mercato: “Le skill sono un asset importantissimo perché oggi osserviamo un alto tasso di disoccupazione giovanile e molte imprese che cercano competenze non le trovano. Un doppio dramma che ci obbliga a formare competenze, ma anche formatori e a ideare sistemi di comunicazione in grado di orientare i giovani fin da subito. Spingiamo i ragazzi dove c’è mercato. Diciamo loro la verità, cosa succede davvero nel mondo”.

Per tutti i dettagli sul summit e sugli interventi degli altri relatori leggi l’articolo di CorCom

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