Al 20 ottobre siamo più di nove milioni ad aver scaricato
Immuni. Eppure critiche e perplessità rimangono immutate.
Di alcune di esse ho detto lo scorso
18 aprile e una rimane ancora insuperabile: l’incertezza su ciò che ti succederà dopo che ti arriva l’avviso, una volta contattata l’Asl o il medico di base.
Un punto critico decisivo, al quale finora né il Governo nazionale né le singole Regioni hanno posto rimedio. L’ultimo (finora) Dpcm del Governo mette nel mirino i medici a proposito del tracciamento: spetta “all’operatore sanitario del Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria locale, accedendo al sistema centrale di Immuni,
di caricare il codice chiave in presenza di un caso di positività”.
Tuttavia la fondamentale domanda di cui sopra rimane senza risposta. Sei mesi dopo siamo ancora lì.
Vedremo se e come (re)agiranno coloro i quali hanno la responsabilità di decidere.
Come sanno bene tutti coloro che seguono la tecnologia solida(le), questa vicenda conferma ancora una volta che l’innovazione non è solo tecnologia ma cambiamento dell’intera organizzazione. Una app, da sola, non basta. L’innovazione da sola non è sufficiente.
Questo apparente paradosso vale per la tecnologia come vale per la comunicazione: se il comunicare non ha riferimento alla realtà, alla fine diventa solo sterile ed effimera propaganda.
La speranza è che almeno qualcuno tra coloro che devono decidere abbia imparato la lezione. Speranza o illusione?