Si fa presto a dire innovazione. Ma come si misura l’impatto di un’attività “creativa”, “difficilmente prevedibile”, “in continua evoluzione” come l’innovazione? L’utilizzo delle tecnologie digitali come abilitatori per la crescita economica e lo sviluppo socio-embientale è sempre più diffuso., ma come si possono identificare e misurare in modo corretto gli output generati da progetti che mirano a fare innovazione?
La domanda non è di poco conto, visto che solo ciò che è misurabile è migliorabile, E primo obiettivo dell’innovazione deve essere generare un cambiamento che comporti un miglioramento per il business, per le persone e per il pianeta.
La sfida di chi fa innovazione: misurare l’intangibile
“Ci siamo dati l’obiettivo di riuscire a quantificare l’impatto che producono le nostre iniziative, misurando anche l’intangibile, specie per quanto riguarda le relazioni tra i diversi partecipanti dell’ecosistema innovazione coinvolti nei processi che caratterizzano la modalità di escecuzione dei progetti” dice Luciano De Propris, Head of Open Innovation di ELIS Innovation Hub che, con il suo Innovation Hub, è un ecosistema allargato di consulenza aziendale per l’innovazione, e conosce quindi bene la sfida della misurazione in ambienti complessi. “L’iniziativa Open Italy ci pone quotidianamente a confronto col tema dell’innovazione collaborativa: mettere insieme corporation, istituti di ricerca, startup e giovani talenti per abilitare progettualità fondate sull’experience sharing e sul peer learning non può prescindere dall’analisi e dall’individuazione dei fattori che concorrono a farci raggiungere i risultati attesi”, continua De Propris. “Si tratta di meccanismi complessi, stratificati, e quindi di difficile tracciatura: la community, di fatto, funziona se alla fine del lavoro condiviso ciascun attore, oltre ad aver soddisfatto le esigenze espresse dal business, riscontra un avanzamento culturale basato sullo scambio di competenze e di conoscenze con le controparti”.
Quantificare e migliorare l’innovazione: Innovation to Impact Model
Elis Innovation Hub (EIH) ha definito un vero e proprio sistema di misurazione di un concetto, quello di innovazione, che lo stesso De Propris definisce “abusato e difficile da imbrigliare in strutture logiche”. È sempre più importante che, all’interno delle aziende, l’innovazione non sia a sé stante, ma sia strettamente correlata e collegata ai KPI di sostenibilità e strategici dell’azienda. Abbiamo quindi cercato prima di ogni altra cosa di inquadrare il fenomeno alla luce degli obiettivi specifici dell’Open Innovation collegandolo alle logiche di impatto di ELIS
Primo fra tutti è la “multi stakeholder coopetition”, ovvero la capacità di attori diversi, con interessi talvolta convergenti e talvolta divergenti, a collaborare e competere simultaneamente per affrontare grandi sfide complesse e per crescere spesso. L’altro obiettivo riguarda il “capitale relazionale”, ovvero il coinvolgimento di tutti i soggetti comunitari dentro e fuori le organizzazioni, aumentando il loro livello “empowerment” per il successo personale e la crescita professionale.
“Impatto su pianeta e persone” è il terzo pillar che prevede di generare nuove soluzioni, migliorare i processi e le relazioni solo e se l’impatto ha una ricaduta positiva per comunità e ambiente. “Intra e inter generazionalità” è alla base del paradigma includere per crescere,ovvero includere e far parlare fra di loro diverse generazioni per trovare nuove vie di sviluppo. Infine, solo attraverso “sperimentazioni reali è possibile favorire lo scaling” dei soggetti innovativi i cui modelli di business sempre più rivolti alla generazione di impatto, devono lavorare con le grandi e velocemente.
Raccogliendo e mappando queste aree di indagine tipiche dell’innovazione, abbiamo creato un modello di valutazione che aiutasse noi, e chiunque si occupi di generare e gestire innovazione, a quantificare i propri impatti e a relazionarli con gli obiettivi strategici e di sostenibilità dell’azienda. Si chiama “Innovation to Impact”, proprio perché è innovando che generiamo più impatto per più persone. Lo abbiamo costruito insieme alla startup Open Impact, spin-off dell’Università Bicocca di Milano, perché siamo i primi a credere che la co-innovazione e la sperimentazione con i soggetti innovativi sia utile per costruire proposizioni di valore.
Questo modello si poggia sullo SROI (Social Return on Investment), internazionalmente riconosciuto come uno degli indici più utilizzati dalle organizzazioni e dalle aziende per misurare l’impatto dei propri investimenti e iniziative in termini di rendimento sociale. Racconta De Propris: “la sfida rimane sempre mettere a fattor comune le competenze e le expertise dei soggetti coinvolti per stimolare la capacità di assimilazione dell’ecosistema: lo SROI in questo senso ci sta aiutando sia a misurare il valore condiviso sia a facilitare la crescita delle soluzioni sviluppate. Tutto questo è essenziale anche per suggerire alle aziende il corretto modello di finanziamento per passare da un proof of concept alla messa in produzione vera e propria”.
Un modello affidabile a disposizione di tutte le imprese
Ma come si alimenta, pragmaticamente, il modello? I dati vengono raccolti in modo sistematico all’interno del programma Open Italy, nel corso del quale vengono costantemente mappati gli output generati grazie a multi stakeholder coopetition, all’intra e inter generazionalità, al capitale relazionale, alla realizzazione di sperimentazioni concrete e lo scaling dei soggetti innovativi generando più impatto per più persone e per l’ambiente. “In seconda battuta”, continua De Propris, “si misura l’impatto della singola iniziativa, contestualizzandone la portata anche alla luce delle informazioni estratte dal nostro repository – che contiene lo storico dei progetti realizzati a partire dal 2017) – e dell’interpolazione con i ranking mondiali, che trasformano questi dati in moltiplicatori utili a fornire anche valutazioni di natura economica. In generale, più aziende partecipano a un progetto, più aumenta l’impatto che riusciamo a generare”.
È questa, d’altra parte, l’essenza della co-innovation.
Ciò non significa comunque che non si possa valutare anche l’impatto generato da e per la singola azienda su iniziative proprie. “Infatti, a partire da quest’anno”, conclude De Propris, “siamo in grado di mettere a disposizione di ciascuna delle organizzazioni il modello “Innovation to Impact” con i suoi strumenti digitali, i suoi KPI mappabili e utilizzabili nella rendicontazione non finanziaria. Il primo meccanismo a disposizione è “Innovation With impact” – ovvero aiutiamo le aziende a misurare il cambiamento generato da progetti e programmi di innovazione. Stiamo lavorando e sviluppando il secondo meccanismo che è “Innovation For Impact”, dedicato a un ampio spettro di stakeholder che vogliono orientare le loro decisioni strategiche in direzione di più impatto per più persone, e quindi realizzare nuovi progetti e programmi di innovazione che abbiano integrato nel proprio DNA l’impatto, non come mero complemento, ma obiettivo del business. In questo secondo meccanismo parliamo con i rami di sostenibilità, HR, People Care delle aziende, ma anche alle organizzazione, agli Enti del Terzo Settore, alle imprese sociali, alle cooperative, alle grandi NGO e alle Fondazioni.
Si tratta di un modello affidabile, che intendiamo sfruttare anche per potenziare le nostre attività di consulenza oltre i confini dell’hub: alle imprese interessate ad adottare e seguire questo approccio proponiamo infatti meccanismi di supporto personalizzato che aiuteranno le organizzazioni a calcolare l’innovation to impact di singoli progetti, percorsi di crescita e aree di sviluppo”.