FORMAZIONE

Diventare Innovation Manager: il percorso di ELIS Innovation Hub

“Un ecosistema dell’innovazione che funziona anche da vivaio di giovani talenti”. Così il direttore Luigi de Costanzo descrive Elis Innovation Hub, che propone un percorso strutturato e sul campo per la formazione di innovation manager

Pubblicato il 11 Dic 2023

Campus ELIS, 27 Settembre 2023 (photo courtesy ELIS)

Come si alimenta oggi una macchina delle idee? E quali caratteristiche deve avere un innovation manager, per riuscire a catalizzare bisogni e obiettivi in soluzioni capaci di rispondere a ecosistemi sempre più complessi? Le competenze che occorrono alla professione, per gestire tutte le variabili in gioco, sono molteplici: tecnologiche, organizzative, relazionali. Il percorso da intraprendere e seguire per diventare un innovation manager è di conseguenza tutt’altro che lineare.

Per questa ragione cominciano a nascere anche in Italia spazi pensati per la formazione degli innovation manager. Strutture in grado di accogliere giovani talenti e fornire loro gli strumenti, le competenze per affrontare il percorso professionale e, soprattutto, le esperienze sul campo, fondamentali quando si parla di percorsi non lineari.

E proprio sul campo lavora ELIS Innovation Hub, luogo d’incontro da diversi anni tra grandi aziende e startup, ma anche tra professionisti qualificati e giovani che vogliono diventarlo. “Il nostro obiettivo è duplice – spiega Luigi de Costanzo, Direttore di EIH – Quando realizziamo un progetto, ci impegniamo innanzitutto a rispondere ai bisogni d’innovazione di un’azienda, ma allo stesso tempo facciamo in modo che quel progetto sia anche un’occasione di apprendimento e sviluppo per i profili junior che inseriamo nei vari team. È un ecosistema dell’innovazione che funziona allo stesso tempo da vivaio”.

Diventare innovation manager: il contesto

Alle domande iniziali su come si alimenta oggi una macchina delle idee e come si formano i futuri innovation manager, la prima risposta di ELIS Innovation Hub è il contesto. Una rete di oltre 120 grandi aziende e piccole e medie imprese, 500 startup, insieme a centri di ricerca, e un’azione di recruitment di giovani talenti su tutto il territorio nazionale, che pesca però innanzitutto dal corso di ingegneria digitale realizzato da ELIS presso il proprio campus a Roma, in collaborazione con il Politecnico di Milano.

Non solo. Bacini di recruitment sono anche i master dedicati a intelligenza artificiale e advanced analytics, gli Innovation Bootcamp Open Italy e il programma Junior Consulting.

Le aziende, con i loro bisogni di innovazione e i loro investimenti iniettano energia nel sistema. Startup, centri di ricerca e altri soggetti innovatori, generano idee e soluzioni. Ma l’ecosistema non è la somma dei componenti.

“Sperimentiamo non di rado la difficoltà delle aziende a trovare l’interlocutore giusto per il salto in avanti che vogliono compiere sul fronte dei processi, dei prodotti o dell’organizzazione – racconta de Costanzo – Allo stesso tempo, il principale ostacolo che lo startupper ci indica nello sviluppo della propria idea è la difficoltà a entrare in dialogo con la grande azienda. È un filo interrotto e l’ecosistema è ciò che riesce a ricongiungere questo e molti altri fili necessari per realizzare un’idea e generare valore”.

Il metodo e il percorso per diventare innovation manager

Come funziona la metodologia EIH? Quali sono le fasi di engagement e di crescita che attraversano gli aspiranti innovation manager all’interno dell’ecosistema? “La macchina delle idee parte necessariamente dal bisogno del cliente”, precisa de Costanzo. Può trattarsi dell’elaborazione di un modello di business o di un nuovo approccio organizzativo da imperniare su una tecnologia di frontiera o su componenti di automazione.

“Se si tratta di una dimensione prettamente tecnologica – prosegue de Costanzo – individuiamo la soluzione che risponde al meglio alla sfida, strutturiamo una proposta con la codifica del risultato e identifichiamo un’area di riferimento interna che possa, dopo aver effettuato un’analisi del contesto e sondato l’effettivo grado di maturità del cliente sul tema, formulare una proposta e un’offerta”.

Questa prima fase è affidata a un senior manager che, coadiuvato da un senior consultant, struttura l’approccio al progetto e le risorse da assegnargli”.

Conclusa la prima fase di analisi e formato il team di progetto, entrano in gioco i profili junior, che vengono assegnati alla squadra con compiti operativi definiti, ma soprattutto con un percorso di crescita che arricchisce la fase di esecuzione con una dinamica di sviluppo delle competenze personali.

“Per quanto giovani, parliamo comunque di professionisti tecnicamente già formati – sottolinea de Costanzo – Per questo il piano di sviluppo tocca soprattutto gli aspetti di pianificazione strategica, di organizzazione operativa del lavoro, gli aspetti relazionali all’interno del team e nel dialogo con il cliente”.

L’importanza dell’esperienza sul campo

La partecipazione a un progetto segna l’inizio del processo di sviluppo personale dei profili junior. “Senior manager e senior consultant, oltre a guidare lo sviluppo del piano nel rispetto dei tempi, hanno anche l’incarico di accrescere le professionalità delle persone che lavorano nel proprio team. Personalizzano i percorsi dei giovani colleghi, definiscono le loro aree di competenze e quelle di miglioramento. In base a questo obiettivo, ogni progetto è corredato da corsi di formazione che, in modo incrementale, erogano conoscenze da valorizzare quotidianamente nel piano operativo di ciascuno. Sono poi previsti momenti di confronto strutturati e altri informali, che fungono come attività di tutoring e di mentoring”.

Nella logica dell’apprendimento sul campo, anche il momento conclusivo del progetto acquista un duplice significato: “È il momento della verità per valutare il lavoro svolto e la capacità di risposta data ai bisogni del committente, ma è anche il momento di verifica del percorso di crescita pensato e realizzato per le figure junior del team”, spiega de Costanzo.

In questa fase viene anche definita la strategia di comunicazione tesa a valorizzare gli obiettivi raggiunti. “Anche questo fa parte del corredo di esperienze che deve maturare un professionista maturo – conclude de Costanzo – Saper comunicare il proprio lavoro è una competenza centrale che ci impegniamo a sviluppare nei nostri collaboratori”.

(Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con ELIS)

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Domenico Aliperto
Domenico Aliperto

Domenico Aliperto vive a Milano, dove si è laureato in Relazioni Pubbliche all’università IULM e dove segue da giornalista i temi dell’economia digitale e dell’innovazione tecnologica. Viaggia, scrive e all'occorrenza fotografa per testate nazionali e siti specializzati come CorCom, Digital4 e Pagamentidigitali.it. Ha collaborato con ItaliaOggi e Milano Finanza e con i magazine Capital, Business People e Bell’Italia.

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