In molti si chiedono se il dibattito relativo al Metaverso si sia spento, dopo il grande interesse che ha suscitato nei mesi scorsi, per lasciare spazio alle nuove tendenze come l’Intelligenza Artificiale. C’è chi è ancora scettico su questo tema, definendo il Metaverso come l’ennesima operazione di marketing da parte delle Big Tech, e chi invece ci ha creduto fermamente fin dall’inizio e continua tuttora a crederci.
D’altronde, non è possibile trascurare i numeri: secondo Tim Sweeny, amministratore delegato della Epic Games (una delle aziende più attive nella costruzione del nuovo paradigma tecnologico), ad oggi l’audience totale dei diversi mondi sociali virtuali conta oltre 600 milioni di utenti attivi.
Il Metaverso del futuro, da “Snow Crash” di Stepheson al “The Metaverse” di Matthew Ball
È il 1992 quando Neal Stephenson, scrittore di opere di fantascienza e cyberpunk, pubblica il romanzo “Snow Crash” all’interno del quale appare per la prima volta il termine Metaverso. Lo sfondo è un’America alla fine del ventesimo secolo dominata dalle grandi corporation, tra scorie atomiche e periferie postindustriali. L’unico modo per fuggire dalla quotidianità è scegliere di vivere appunto nel Metaverso: un mondo alternativo generato dai computer a cui è possibile accedere tramite dispositivi di realtà virtuale e all’interno del quale si può fare pressoché qualsiasi cosa.
Il Metaverso descritto da Stepheson è una visione di futuro non ancora raggiunta dalla tecnologia attuale. Ha provato a spiegarla e definirla secondo la moderna terminologia tecnologica Matthew Ball, uno degli esperti di queste tematiche più noti a livello internazionale. Secondo Ball, il Metaverso è una rete interoperabile di mondi virtuali 3D in tempo reale, che possono essere vissuti in modo sincrono e persistente da un numero effettivamente illimitato di utenti, con un senso di presenza individuale e con continuità di dati – come identità, storia, diritti, oggetti, comunicazioni e pagamenti.
Il Metaverso descritto da Ball ha, quindi, delle caratteristiche alle quali non si è ancora arrivati: ad esempio, attualmente all’interno di uno stesso mondo sociale virtuale non si possono collegare contemporaneamente un numero illimitati di utenti; inoltre, questi vari mondi non sono collegati tra loro in maniera interoperabile (e forse non lo saranno mai!).
Il Metaverso come esperienza tra videogioco e social network
Ma anche se la visione tecnologica descritta da Ball non è ancora completamente raggiunta, possiamo tranquillamente affermare che il Metaverso esiste a livello di experience, e da diversi anni. Milioni di utenti socializzano in tempo reale su diverse piattaforme di multiplayer online gaming anche note come mondi sociali virtuali, e lo fanno fin dai primi anni duemila grazie a intuizioni come quella di Philip Rosedale e il suo Second Life.
È infatti in quegli anni che la tecnologia del gaming online matura a tal punto da permettere agli utenti di fare anche altro all’interno di questi grandi videogiochi multiutente. All’interno di Second Life gli utenti giocano, ma al tempo stesso possono incontrarsi, conoscersi, vendere prodotti e servizi. Si tratta insomma di una vera e proprio convergenza tra un videogioco e un social network in tempo reale.
Dopo Second Life, molte altre piattaforme come Minecraft, Roblox e Fortnite hanno conquistato la scena. Oggi questi veri e propri luoghi digitali rappresentano dei punti di incontro per le nuove generazioni, che passano la maggior parte del proprio tempo online.
La dimostrazione è data anche dai numeri: il 50% della Gen Z accede a queste piattaforme per socializzare, il 75% dei giovani americani ha un account su Roblox (una intera generazione!), e durante la pandemia il numero di utenti attivi di Second Life ha raggiunto la cifra di 900.000 (17 anni dopo il lancio del gioco).
Le tecnologie per accedere al Metaverso: l’importanza della realtà virtuale
Mentre quindi centinaia di milioni di persone sperimentano quotidianamente l’esperienza del Metaverso in una sua versione primordiale, quella dei mondi sociali virtuali appunto, l’ecosistema delle tecnologie abilitanti che ne permetteranno una diffusione ancora più capillare sta evolvendo rapidamente. Oltre ai mondi simulati in 3D, infatti, tra le tecnologie del Metaverso ricordiamo la Blockchain (che abilita la creazione di economie decentralizzate all’interno dei mondi virtuali), l’Intelligenza Artificiale (che, tra le varie applicazioni, dà anche voce agli avatar sintetici all’interno di questi ecosistemi), ma soprattutto la Realtà Virtuale (VR) e la Realtà Aumentata (AR).
La VR permette di entrare in prima persona all’interno di questi mondi, mentre la AR consente di sovrapporre elementi virtuali all’ambiente fisico che ci circonda. Entrambe sono lati della stessa medaglia e spesso vengono definite insieme come “realtà estese” (XR, eXtended Realities) o “tecnologie immersive”.
Sulla loro rilevanza ricordiamo la mail del 22 giugno 2015 in cui Mark Zuckerberg spiega ai suoi azionisti il motivo dell’acquisizione di Oculus VR – startup per la quale ha da poco pagato una manciata di miliardi di dollari. “Our vision is that VR/AR will be the next major computing platform after mobile in about 10 years. It can be even more ubiquitous than mobile – especially once we reach AR – since you can always have it on. It’s more natural than mobile since it uses our normal human visual and gestural systems. It can even be more economical, because once you have a good VR/AR system, you no longer need to buy phones or TV’s or many other physical objects – they can just become apps in a digital store”.
Mentre la tecnologia AR, quella con maggiore potenziale fra le due, è ancora relativamente lontana da una diffusione capillare (almeno nella sua versione indossabile), la VR conta già decine di milioni di dispositivi venduti, e offre opportunità di ingaggio dell’utente quantomeno incredibili. Permette di provare emozioni simili a quelle reali, ci trasforma in protagonisti della narrazione, rende più divertente il fitness e più immersivo l’intrattenimento. L’unico modo per capirlo veramente… è provarla.
Possiamo quindi dire che le tecnologie XR siano fondamentali per la diffusione massiva del nuovo paradigma del Metaverso? È probabile. Lo stesso Stepheson dichiara in un suo tweet: “The assumption that the Metaverse is primarily an AR/VR thing isn’t crazy. In my book it’s all VR”. E non è un caso che Snowcrash sia stato pubblicato nel 1992, quando sul mercato stavano diffondendosi i primissimi dispositivi VR.
Il mondo del lavoro: professioni in evoluzione
La duttilità sintetica di queste tecnologie porterà senza dubbio interessanti cambiamenti nelle società dei prossimi anni, non soltanto dal punto di vista sociale ma anche professionale. Ogni nuova tecnologia ha sempre avuto un impatto più o meno importante sul mondo del lavoro, ma nel caso delle tecnologie emergenti ci sono caratteristiche importanti che vanno considerate.
Prendiamo la tanto discussa Intelligenza Artificiale, ad esempio. Grazie alla sua diffusione, dovremo capire fino a che punto avremo ancora bisogno di professionisti che svolgono determinati tipi di attività. Inoltre, visto che queste nuove tecnologie hanno la tendenza a diffondersi sempre più rapidamente, dovremo chiederci come convertire verso nuove skill intere categorie professionali (non sarà facile).
In questo scenario, il Metaverso acquisisce un ruolo rilevante. Alcuni studiosi come Youal Harari prevedono scenari distopici come la nascita di una “classe inutile”, che vivrà grazie alle sovvenzioni degli Stati e spenderà sempre più tempo all’interno del Metaverso per non annoiarsi.
Ma è forse più interessante guardare alla recente nascita di nuove figure professionali afferenti a questo ecosistema tecnologico, come il Crypto Artist, il Blockchain Developer, lo Unity Developer, il 3D Content Creator, etc. Infatti, secondo il recente Work Trend Index di Microsoft, il 51% della Gen Z e il 48% dei Millennials immaginano di svolgere un qualche tipo di lavoro all’interno del Metaverso nei prossimi due anni.
Da questo punto di vista quindi, il Metaverso non è solo una visione tecnologica o una Experience, ma rappresenta una vera e propria nuova Industry, che unisce nuove e vecchie figure professionali sotto lo stesso cappello e la stessa etichetta.