DIGITAL INSIGHT

Il metaverso è morto? Non proprio, perché servono tecnologie per creare nuove esperienze e andare oltre gli schermi

Dovremo trovare sempre modi nuovi per creare esperienze emozionanti e al contempo accessibili a tutti, sia fisiche che digitali. Da qui la rilevanza di una tecnologia esperienziale come quella del metaverso, che non è finita ma in profonda trasformazione. Ecco qualche esempio.

Pubblicato il 24 Nov 2023

Metaverso e falsi miti (Immagine di PopTika da Shutterstock)

Dopo l’hype dello scorso anno, oggi sui tavoli degli addetti ai lavori si preferisce parlare di mondi virtuali, realtà immersive e altre tecnologie abilitanti, lasciando da parte la keyword che lo scorso anno sembrava essere il trend del momento (e che oggi viene da alcuni definita ironicamente la “M-word”). Quindi il metaverso è già morto? È davvero così?

Il 9 novembre all’Allianz MiCo di Milano, in occasione dell’OnMetaverse Summit, la conferenza internazionale organizzata da Fiera Milano e AnotheReality, si sono riuniti i esperti italiani e internazionali del settore per chiarire lo stato dell’arte delle tecnologie del metaverso e tracciarne i prossimi orizzonti, che sembrano essere molto più vasti e proficui di quanto si dice.

Solo in Italia, infatti, l’impatto economico del metaverso potrebbe raggiungere i 35 miliardi entro 2035 (il dato è nello studio “Il metaverso e l’opportunità per l’Unione Europea”, realizzato da Meta sulle potenzialità della tecnologia in settori come quello dell’istruzione, del gaming, del benessere e del commercio).

Il futuro del metaverso, tecnologie esperienziali per andare oltre gli schermi

Benvenuta trasformazione virtuale quindi? Parrebbe di sì, soprattutto guardando le cose un po’ in prospettiva. Le tecnologie del metaverso, come abbiamo visto anche nei precedenti articoli di questa rubrica, sono tecnologie che aumentano la nostra esperienza del digitale – e presto del mondo fisico, che grazie alla realtà aumentata sta diventando lui stesso la nuova tavolozza di sperimentazione dei creator.

Parliamo di una tecnologia esperienziale quindi, di cui si sente sempre più il bisogno. In parte perché gli schermi sono ormai troppo piccoli per creare vere e proprie esperienze digitali immersive, e da qui i forti investimenti nella direzione delle tecnologie indossabili. Ma soprattutto perché di esperienza c’è, e sempre più ci sarà bisogno.

Lo dimostra la fame che c’è già oggi di esperienze fisiche – pensiamo, ad esempio, al prezzo sempre crescente degli spettacoli dal vivo e dei concerti. Ma non è tutto. Se infatti da un lato si parla sempre più di intelligenza artificiale, che secondo alcuni visionari ha come obiettivo ultimo quello di liberare l’uomo dal giogo del lavoro, dall’altro dovremo trovare sempre modi nuovi per creare esperienze emozionanti e al contempo accessibili a tutti. Da qui la rilevanza di una tecnologia esperienziale come quella del metaverso.

L’importanza dell’elemento musicale nei mondi virtuali

E parlando di esperienza, ad aprire letteralmente le danze dell’OnMetaverse Summit è stato il musicista e performer Gad Hinkis, Head of Content di PatchXR, che si è esibito in uno spettacolo musicale suonando strumenti virtuali nel metaverso, in una jam session unica nel suo genere, che ha coinvolto direttamente il pubblico in quello che sarà, o già è, il concerto del futuro, a cavallo tra la realtà fisica e quella virtuale.

Come abbiamo osservato nell’articolo sulle applicazioni delle realtà immersive nel mondo artistico-culturale, infatti, il settore musicale è stato uno dei primi a sperimentare nuove modalità di performance.

Lo stesso Jean-Michel Jarre ha raccontato di quanto sia importante e da non sottovalutare l’elemento sonoro all’interno dei mondi virtuali. Partire dalla musica per progettare spazi immersivi significa andare oltre il solo senso della vista per generare un tipo di esperienza che coinvolga ogni utente a 360°, un tipo di esperienza che si avvicina sempre più a quella del mondo fisico, fino a quasi superarla.

Vivere per sempre nel metaverso, il progetto Somnium Space

Ma il 9 novembre non si è parlato solo di musica, anzi. Per esempio, abbiamo scoperto che nel metaverso… potremo potenzialmente vivere per sempre! O almeno il nostro avatar, che grazie all’intelligenza artificiale e al tracciamento dei dati delle nostre sessioni virtuali, sarà in grado di apprendere e riprodurre in maniera autonoma i tratti della nostra personalità.

È stato questo, infatti, il fulcro dell’intervento di Artur Sychov, Founder e CEO di Somnium Space. L’ideatore della funzionalità “living forever”, la modalità sperimentata da Somnium Space che consentirà alle persone di lasciare un segno anche dopo la loro scomparsa, si è collegato all’appuntamento proprio dal metaverso tramite il suo avatar, per dimostrare ai partecipanti quanto il mondo virtuale stia diventando sempre più una realtà.

La realtà virtuale al servizio della formazione e degli spazi di domani

La trasformazione digitale, tuttavia, come già è accaduto in passato con altre rivoluzioni e come abbiamo evidenziato più volte, non investirà esclusivamente le Big Tech, ma riguarderà anche e soprattutto la vita quotidiana di tutti noi, in vari ambiti applicativi.

“Disegnare” il mondo del futuro è stato, infatti, il tema di un panel a cui hanno partecipato Andrea Gaggioli, Ordinario di Psicologia Generale e Direttore del Centro studi e ricerche di Psicologia della comunicazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Sergio Nava, Direttore dell’Istituto Marangoni.

Da una parte Gaggioli ha dimostrato come le tecnologie immersive, quali ad esempio la realtà virtuale, possono essere adoperate per generare sensibilizzazione su temi urgenti come la sostenibilità, dall’altra Nava ha sottolineato quanto il metaverso e i mondi virtuali possano offrire nuovi stimoli agli architetti e designer del futuro per liberare la creatività ed essere più competitivi. Due figure provenienti entrambe dal mondo accademico, ed entrambe convinte delle potenzialità offerte dai mondi virtuali per la formazione e l’educazione professionale.

A ribadire il concetto del training da un punto di vista di formazione del personale è stato anche Stefano Merante, Skills Development e TVET Programme Officer di ITCILO (Nazioni Unite), per il quale non credere nel futuro delle tecnologie immersive è solo un ritardare e ostacolare un modello di cambiamento ormai evidente – e quanto più necessario per migliorare processi e pratiche formative ormai obsolete.

Ma progettare il futuro significa anche re-immaginarne gli spazi. A confermare, infatti, la necessità di un dialogo tra tecnologia e realtà anche Mara Servetto, architetto co-founder Migliore+Servetto. In particolare, Servetto ha insistito sulla dimensione fisica dello spazio e di come questa si modifichi e si dilati in funzione delle diverse tecnologie e del loro obiettivo.

Nella progettazione o riattivazione di luoghi urbani, per esempio, Migliore+Servetto ha sempre sostenuto la costruzione di ‘narrazioni spaziali’ costruite non solo di oggetti fisici, ma di parole, di azioni, di movimenti: “Siamo convinti che nella progettazione di uno spazio la forma debba seguire il contenuto, non più la mera funzione. Si tratta di un’estetica della narrazione che supera di gran lunga l’estetica della mera fisicità”, conclude Servetto.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Lorenzo Cappannari
Lorenzo Cappannari

CEO e Co-Founder di AnotheReality, azienda specializzata dal 2016 nello sviluppo di soluzioni legate alle tecnologie del metaverso. È inoltre professore, divulgatore e autore di “Futuri Possibili, come il metaverso e le nuove tecnologie cambieranno la nostra vita”, edito in Italia per Giunti Editore. Hanno contribuito alla stesura di questo testo anche Antony Vitillo (in arte “Skarredghost”), Vincenzo Rana (CEO di Knobs), e Marco Giacalone (CEO di Giacalabs).

Articoli correlati

Articolo 1 di 2