La sindrome post traumatica da stress si manifesta con difficoltà al controllo delle emozioni, irritabilità, rabbia improvvisa o confusione emotiva, depressione e ansia, insonnia, paura.
Guardando me stesso e anche le persone con le quali entro in contatto, da qualche tempo penso che questa sindrome sia molto diffusa. Dopo oltre due anni di pandemia e ora con la guerra in Ucraina ci sta.
Ho trovato conferma alla mia ipotesi leggendo la Ricerca sulla Percezione del Volontariato che Antonio Preiti ha realizzato per la Regione Toscana e che è stata presentata giovedì 7 aprile. Il volontariato ne esce bene, ma per il resto questa ricerca a base regionale ma fatta in una regione importante, può essere utile per un ragionamento più ampio.
“Caro Palmieri, non so dirle circa la sua ipotesi. So che il 46,7% del campione intervistato avverte un maggiore nervosismo, il 32,7% fa meno attività fisica, o ha smesso di farla; il 26,1% dorme con una certa difficoltà, o dorme meno facilmente; il 24,5% non segue più come prima le regole alimentari; il 18,4% avverte malesseri di carattere psicologico e il 3,3% ha cominciato a prendere ansiolitici.”
Ho letto. I dati dicono anche che è cresciuta impetuosamente la diffidenza sociale, i comportamenti personali sono stati stravolti. Cambiamenti che questo biennio ha sedimentato giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, in modo impercettibile, ma che ora mostrano tutta la loro pesantezza.
“Il 44,6% degli intervistati si dice “molto d’accordo” e il 45,9% “abbastanza d’accordo” nel ritenere che la diffidenza tra le persone sia cresciuta. Quasi due terzi delle persone ha ridotto uscite e frequentazione di bar, ristoranti e negozi, rinunciato a invitare persone a casa propria o a partecipare a incontri in casa altrui.”
La parte della ricerca relativa alle conseguenze della situazione generale sui minori, sugli anziani e sulle persone con disabilità mostra che tutto ciò impatta sui più deboli, come è inevitabile…
“Il 58,2% dei genitori intervistati ha dichiarato che i minori sono stati colpiti pesantemente dal punto di vista psicologico. Anche nel caso degli anziani l’impatto si dimostra enorme, il 58,2% dichiara di essere colpito. Il 65,8% delle famiglie manifesta un disagio pesante riguardo alla situazione dei familiari disabili e un altro 26,4% avverte un disagio non assoluto, ma rilevante.”
Perciò il totale del 92,2% delle famiglie con disabili è stata colpita in vario modo e con varia intensità.
“Purtroppo sì. A questo dobbiamo aggiungere che se nel 2021 avvertiva una crescita generalizzata della solitudine il 36,9% della popolazione della Toscana, quest’anno siamo arrivati al 64,1%.”
Preiti, lei è anche un indagatore del digitale e del suo impatto sulle persone e sulla società. Che ruolo può avere la tecnologia per aiutarci a uscire dalla sindrome post traumatica da stress e dal senso di solitudine?
“La questione del digitale è un problema di misura e di fine. Di misura, perché tende inerzialmente a prendersi tutto il reale, essendo suadente, fluido, senza frizioni. Di fine, perché riesce a essere una modalità senza fine e senza fini (tipico dei video-giochi), nel senso che può anche servire solo a sé stesso e a nient’altro.”
Ci faccia capire meglio…
“All’apparire del telefono nessuno ha pensato che potesse sostituire l’incontro di persona, adesso si può pensare di restare “amici” su Facebook pensando, programmaticamente, di non vedersi mai di persona e neppure di parlarsi. Penso che il numero delle telefonate sia precipitato da alcuni anni a questa parte; adesso la telefonata è un’eccezione, rispetto alla chat o ai social, che è il modo ordinario di comunicare.”
Quindi lei pensa che il digitale non unisca, ma contribuisca ad aumentare la solitudine delle persone?
“Penso che, al di là della distinzione del mezzo del comunicare (incontro personale, telefonata, social, chat) se dentro c’è un rapporto vero, il mezzo non fa differenza. Il fatto nuovo è che chi sfugge alle relazioni vere (fenomeno nuovo, di cui non ho le “prove”, ma di cui sono abbastanza certo), trova più facile evitarle comunicando digitalmente”
Tuttavia, per molti, a partire dalle persone con disabilità, il digitale consente di uscire dalla solitudine…
“Certamente le possibilità di relazione che il digitale apre sono infinite, enormemente maggiori rispetto a tutta la storia del mondo. Potremmo avere vite più intense e ricche di senso, ma spesso l’intensità è solo una piena occupazione del tempo dedicata agli “adempimenti” (controllare i messaggi, vedere i like, ecc.) che non producono nessuna comunicazione vera. È questo il nodo.”