«Il digitale costringe le assicurazioni a ragionare su quello che serve davvero al cliente»

È l’effetto finale dell’impatto delle tecnologie sul business, dice l’ad di Cardif Italia Isabella Fumagalli. Le difficoltà? «Rivedere tutto il processo per poter vendere una polizza sullo smartphone. E ridisegnare i prodotti. Stiamo valutando come sostenere economicamente le startup»

Pubblicato il 21 Lug 2015

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Isabella Fumagalli, Responsabile di BNP Paribas Cardif in Italia

Il momento è adesso. «Le compagnie assicurative devono prendersi il rischio di non conoscere i rischi futuri. Altrimenti non riusciranno a fare innovazione». Isabella Fumagalli, amministratore delegato di BNP Paribas Cardif Italia, è consapevole che la sfida è impegnativa ma sa anche che è ineludibile. In questa intervista spiega perché. E perché le startup sono un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. “Le grandi organizzazioni aziendali come le assicurazioni sono paragonabili alle portaerei: grandi e difficili da manovrare, ma hanno il pregio di ospitare i caccia, che si muovono velocemente per esplorare nuovi territori. I nostri caccia sono le startup” ha detto in occasione del lancio di InsuranceUp, il portale di EconomyUp dedicato all’innovazione nel settore assicurativo, che contiene anche una call permanente per idee che siano in grado di rinnovarlo.

Fumagalli, qual è l’impatto delle tecnologie digitali sul business assicurativo?
Il settore assicurativo sta vivendo un paradosso: è quello in cui c’è una minore “esperienza” digitale ma è al tempo stesso il settore che verrà inevitabilmente trascinato dalle nuove tecnologie ad avere un rapporto diverso con il cliente finale. In un mondo sempre più connesso, l’esperienza di protezione sarà sempre più digitale e noi dobbiamo prepararci.

Perché non succede ancora?
Oggi non è ancora possibile per diverse ragioni: alcuni prodotti sono a valore unitario troppo alto, altri troppo complicati, alcune condizioni contrattuali non sono proponibili a distanza. Insomma, ci sono ancora troppe barriere per l’accesso ai prodotti e quelli attualmente in commercio sono ancora una via di mezzo fra tradizione e modernità.

E perché non potete restare fermi?
Perché la trasformazione digitale porta benefici sia al produttore, sia al cliente e permette di ridurre i costi una volta che si può lavorare su grandi numeri raggiungibili grazie a canali fino ad oggi inutilizzati. Noi, ad esempio, abbiamo sviluppato una polizza per i clienti Tim molto conveniente utilizzando un distributore inimmaginabile fino a poco tempo fa. E poi c’è la questione delle industrie collaterali…

Cioè?
Prendiamo la bancassicurazione, che è la più “vicina”. Se la banca va più veloce dal punto di vista dei processi, l’assicurazione diventa un freno. Va, quindi, sviluppata una capacità di collaborare che permetta a tutti di avere vantaggi.

E poi c’è il rischio della concorrenza da parte di industry diverse…
Certo. Non possiamo escludere che chi fino ad oggi ha venduto informazioni, potrebbe in un futuro prossimo vendere anche assicurazioni. Per questo è sempre più importante andare dove c’è la possibilità di accesso a nuovi clienti con nuove esigenze. E il momento di farlo è adesso.

Perché è arrivato il momento?
Perché anche le autorità di vigilanza si stanno già ponendo il problema. La digitalizzazione aiuta anche sul fronte dei controlli, nel settore auto, per esempio, dove c’è una grande presenza di irregolarità. È, quindi, solo questione di tempo.

Quale sarà l’effetto finale di questa trasformazione appena all’inizio?
Questa è l’occasione per mettere davvero il cliente al centro, indipendentemente da quale accesso ai prodotti abbia scelto. Le fabbriche, ovvero le compagnie di assicurazione, sono obbligate a ragionare su quello che davvero serve al cliente, coinvolgendo il distributore.

Quindi lei non vede un futuro di disintermediazione?
No, vedo una partnership verso il cliente dove non sono né la compagnia né il distributore a imporre i loro modi e tempi, bensì il cliente. Questo sarà un fenomeno autonomo e irreversibile. Non saranno le compagnie a rinunciare alla banca, ma il cliente che non la frequenta più. Dovremo allora preoccuparci anche noi su come rendere i nostri distributori più appetibili e supportarli fino al punto di creare una sorta di indifferenza fra i canali, dopo che il processo digitale sarà stata correttamente diffuso.

Quali sono le principali difficoltà di questa trasformazione?
Il rapporto con il cliente, lo abbiamo visto, va pensato come se fossimo una compagnia digitale. La difficoltà maggiore è rivedere tutto il processo e metterci in condizione di poter vendere una polizza attraverso uno smartphone o un tablet. Mettere mano a tutta la catena del valore industriale di una compagnia non è cosa da poco. Probabilmente dovremo mutuare qualche pratica da altre industry, ad esempio dal settore travel & leisure.

E l’altra difficoltà?
La parte più sfidante, dal punto di vista intellettuale, è ridisegnare i prodotti: quali sono i rischi che nel futuro i clienti vorranno coprire? Come? Rispondere a queste domande richiede un’analisi attenta di una grande quantità di dati per andare a capire i filoni sui quali doversi muovere: salute e domotica sono i bacini naturali ma non saranno gli unici. Bisogna crederci, vedere che cosa si fa nei paesi più avanzati, fare ricerche…

Come ci crede BNP Paribas Cardif? Come si è organizzata per gestire la trasformazione?
Abbiamo un laboratorio interno che si occupa di ricerca e sviluppo che ha proprio questo obiettivo: trovare soluzioni per l’innovazione tecnologica e digitale. Abbiamo cominciato il nostro percorso sull’Internet of Things nell’ottobre 2013 con il lancio di un prodotto per la casa, Habit@t, che ci ha appena portato un premio all’interno del gruppo per il modo in cui stiamo ulteriormente sviluppando il prodotto: in co-creazione con i clienti consultati attraverso un gruppo chiuso su Facebook. I consigli e le richieste di blogger e influencer ci porteranno a nuove evoluzioni entro la fine di quest’anno.

Quanto sono utili le startup per accelerare la trasformazione?
L’innovazione è una priorità per tutto il Gruppo BNP Paribas, che investe già a livello globale sulle nuove imprese tecnologiche. Le startup hanno idee che a noi interessano, perché possono avere un’applicazione in ambito assicurativo utile ad accelerare il nostro cambiamento. Per questo le selezioniamo e le accompagniamo nel loro percorso. Anche economicamente. Stiamo valutando come farlo, ma lo faremo. Perché le startup restano il modo più agile per fare innovazione. Non si può pensare di fare solo megaprogetti che durano anni, ma sono necessarie anche piccole sperimentazioni che abbiano durata breve e impegno economico limitato. E all’evento di lancio di InsuranceUp abbiamo visto come stanno crescendo quelle selezionate l’anno scorso.

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