Il coronavirus sta infettando gli uomini ma rischia anche di contagiare l’industria tecnologica e innovativa in Cina e non solo. Proprio il territorio che si suppone essere il focolaio del virus, la metropoli di Wuhan, ospita uno dei più grandi hub industriali cinesi dove nascono circa 800 imprese al giorno, la cosiddetta Optics Valley. Una sorta di Silicon Valley cinese, o almeno una delle principali “valli dell’innovazione” dello Stato asiatico.
In questa prospettiva, non suona così strano che il Mobile World Congress di Barcellona, in programma dal 24 al 27 febbraio, sia stato cancellato dalla Gsma “per cause di forza maggiore” dopo una serie di defezioni eccellenti (Lg, Zte, Ericcson e, a seguire, molte altre aziende). Seppure organizzato in un altro continente e con partecipanti provenienti da ogni parte del pianeta, avrebbe ospitato numerose imprese cinesi. Probabilmente alcune con uffici o basi anche a Wuhan, 11 milioni di abitanti, capoluogo della regione centrale dell’Hubei, dove si continua a morire di coronavirus. Cosa ne sarà della della Optics Valley? Vediamo intanto come si è sviluppata l'”altra Wuhan”, quella che, quando ancora il nuovo coronavirus non esisteva, ha deciso di investire per diventare uno dei campioni dell’innovazione in Cina.
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Wuhan: un porto crocevia di commerci
Wuhan è una sterminata metropoli di circa 11 milioni di abitanti nel centro della Cina, nonché uno dei principali hub industriali del Paese e un importante crocevia di scambi commerciali attraversato da ben due fiumi, il Fiume Azzurro e il Fiume Han, e costellato di laghi e parchi. Sorta circa 3.500 anni fa, la città è finita sotto il controllo britannico nel 1800 (gli inglesi erano particolarmente interessati al suo porto), e, come gran parte della Cina, è stata occupata dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale. Nel 1911 è stata palcoscenico della rivolta di Wuchang che portò alla caduta della dinastia Qing e alla fondazione della moderna Repubblica cinese. Questo governo fu sconfitto dalle forze comuniste nel 1949, portando all’attuale Repubblica Popolare Cinese.
Wuhan, il polo siderurgico dove è nato il coronavirus
Prima di diventare tristemente famosa nelle cronache mondiali per il coronavirus, Wuhan è stata il luogo di nascita dell’industria siderurgica cinese, grazie alla presenza di ferro e carbone nelle vicine miniere. È anche un importante centro di produzione per tessuti, macchinari, camion e prodotti di consumo. Favorita dalla sua posizione centrale, è il principale punto di distribuzione nel centro della Cina per i trasporti fluviali, ferroviari, stradali. Le autorità locali riferiscono che 300 delle migliori aziende del mondo hanno investito nella città. Tra queste la grande catena statunitense Walmart e case automobilistiche come Honda, Nissan e PSA Citroen Peugeot.
Come il virus Sars nel 2002-03, si pensa che il nuovo coronavirus sia stato inizialmente trasmesso dagli animali alle persone attraverso il consumo di fauna esotica da parte degli abitanti locali. In particolare, secondo l’Oms, è probabile che il focolaio iniziale fosse lo Hunan seafood wholesale market, il mercato di animali vivi di Wuhan, dove centinaia di creature vengono macellate ogni giorno davanti agli acquirenti, in pessime condizioni igienico sanitarie. Molte delle persone che l’hanno contratto in origine lavoravano a stretto contatto con gli animali. Anche questa è la Cina: un territorio sconfinato e ricco di contraddizioni, dove accanto alla tecnologia più evoluta sopravvivono usi e costumi locali di antica tradizione.
Wuhan capitale di innovazione
È Xinhua, l’agenzia ufficiale cinese, a definire Wuhan la “capitale dell’innovazione tecnologica”. Già battezzata la “città dei motori”, negli ultimi anni ha seguito un percorso verso l’innovazione tecnologica a 360 gradi, culminato con l’apertura, a dicembre 2019, di una nuova sede della Xiaomi, colosso cinese hi-tech.
I nuovi uffici saranno dedicati allo sviluppo dei business core quali l’intelligenza artificiale, l’internet delle cose e i big data. “Le mie aspettative per il prossimo decennio sono di trasformare Wuhan in un grande centro di ricerca e sviluppo di Xiaomi e in un punto di riferimento tecnologico dell’era dell’intelligenza artificiale”, ha detto alla cerimonia di apertura Lei Jun, fondatore e presidente di Xiaomi.
L’azienda – sottolinea Xinhua – è solo l’ultimo gigante della tecnologia a stabilirsi nella Zona di Sviluppo ad Alta Tecnologia del Lago dell’Est, comunemente nota come Optics Valley.
Wuhan e la Optics Valley
Dal 1988 Wuhan ospita la Zona di Sviluppo ad Alta Tecnologia del Lago dell’Est, che potremmo definire una delle Silicon Valley cinesi. Negli anni quest’area ha registrato un rapido sviluppo di industrie emergenti, come quelle dell’informazione optoelettronica (da qui il nome), della produzione intelligente e dei servizi high-tech. Attualmente nella Optics Valley hanno sede oltre 90.000 aziende. Secondo i dati ufficiali, nel 2018 nella “valle” sono nate 88 nuove imprese al giorno e sono state depositate ben 29.000 domande di brevetto. La produzione delle industrie high-tech di Wuhan ha superato i 1.000 miliardi di yuan (143 miliardi di dollari) con un aumento del 16,1 per cento anno su anno. Sempre nel 2018 Wuhan ha goduto di una crescita annua del Pil dell’8 per cento, superiore alla media nazionale, anche se il rallentamento delle vendite di auto hanno pesato sull’industria automobilistica, pilastro della città.
Breve storia della Silicon Valley cinese (ora spaventata dal coronavirus)
La “valle dell’innovazione” nasce infatti come grande centro di produzione di acciaio e di autoveicoli, dato che le sue radici, come abbiamo visto, risiedono nel settore siderurgico.
**Nel 2001 il Consiglio di Stato cinese la identifica come base per l’industria optoelettronica, branca dell’elettronica che studia i dispositivi che interagiscono con la luce. Le applicazioni vanno dall’illuminazione commerciale e industriale all’automazione.
**Nel 2007 viene istituita all’interno della Optics Valley la base della bio-industria nazionale, Biolake.
**Due anni dopo, nel 2009, il Consiglio di Stato cinese la identifica come il secondo polo nazionale di innovazione del Paese.
**Nel 2015 Wuhan viene aggiunta alla lista delle zone di sperimentazione per l’innovazione in piena scala.
**Nel 2016 la Optics Valley viene inclusa nel primo gruppo di aree nazionali incentrate su innovazione e imprenditorialità.
**Nel 2017, il colosso dell’intelligenza artificiale iFlytek e aziende Internet come Qihoo 360 e Kingsoft vi stabiliscono la loro seconda sede principale
Nell’area di Wuhan sorgono ben 42 università, 56 istituti di ricerca nazionali e provinciali, 58 accademie. In zona operano circa 300mila professionisti della tecnologie e oltre 800mila studenti universitari. La Optics Valley ospita anche i centri di ricerca dei giganti dell’e-commerce Alibaba e della tecnologia Huawei.
“Cinque anni fa, la Optics Valley era ancora un deserto informatico”, ha detto Wang Jiapan, uno dei responsabili del parco. Il progetto – ha ricordato – è decollato dopo che era stato pubblicato un articolo sull’assenza di imprese Internet nello Hubei. Questo ha spinto, nel 2017, le autorità ad agire e a promuovere l’innovazione tecnologica in loco.
Wang ha aggiunto che un altro obiettivo della Optics Valley è trattenere i molti laureati in città, oltre un milione ogni anno, che in passato si trasferivano in città di primo livello come Pechino e Shanghai, dove abbondano le nuove industrie. Da allora è stata lanciata una serie di politiche di sostegno per attrarre aziende tecnologiche, tra cui dieci incentivi varati da poco per incoraggiare l’innovazione e le startup.
“La Optics Valley adesso è tra le regioni più innovative e in maggiore crescita della Cina centrale”, ha detto Wang Xiangwang, membro del comitato permanente del comitato municipale di Wuhan del Partito Comunista Cinese. L’obiettivo ora è arrivare a 20.000 nuove imprese ogni anno e raggiungere un Pil annuo di 200 miliardi di yuan entro il 2021. Coronavirus permettendo.