L’EY Capri Digital Summit 2017, la manifestazione dedicata agli attori dell’innovazione italiana, è stato un crocevia importante per fare il punto della situazione sulla trasformazione digitale nel nostro Paese, ma anche sulle azioni che l’Italia dovrà metter in atto per cogliere nuove opportunità di business. Il summit ha chiamato a raccolta oltre 550 partecipanti e più di 90 relatori, nella tre giorni di lavori che si è svolta a Capri dal 4 al 6 ottobre.
Giunto alla sua decima edizione, l’EY Capri Digital Summit di quest’anno ha messo in evidenza un approccio certamente più positivo nei confronti dell’innovazione digitale, da parte degli attori presenti. A pensarla così è Donato Iacovone, Ceo di EY Italia, intervistato da Giovanni Iozzia, direttore di EconomyUp durante la terza giornata di lavori della manifestazione. «Un cambiamento importante rispetto al passato – spiega Iacovone – è che le 550 aziende presenti al summit hanno avuto un atteggiamento molto propositivo nei confronti dell’innovazione digitale. Il fil rouge della tre giorni di questa manifestazione è legato alle senz’altro al tema delle competenze digitali, che molto spesso mancano nelle aziende italiane… Ora però è necessario che l’innovazione non si fermi qui. Per non perdere il treno della trasformazione digitale servono investimenti importanti e capacità di intercettare i trend in atto nel proprio settore».
Sul tema delle competenze e della necessità di fare open innovation, da parte delle aziende italiane, si è soffermato anche Eugenio Aringhieri CEO del Gruppo Dompè farmaceutici, che ha detto: «L’open innovation non è un’opzione per le nostre aziende. Nel settore life science, per esempio, la trasformazione digitale ha portato a un vero e proprio cambio di paradigma: prima l’innovazione si faceva in casa, oggi siamo passati ad un approccio aperto, dove gli attori si connettono e i settori si contaminano. Questa modalità di innovazione punta a creare sinergie, perché vista la complessità di questo mondo è necessario mettere a fattor comune le competenze».
Chi sta puntando forte sull’open innovation è soprattutto Banca Sella, attraverso strumenti di investimento come il corporate venture capital. «Open innovation è la parola chiave – spiega Pietro Sella, amministratore delegato del gruppo – significa aprirsi e saper collaborare con una comunità più estesa di imprenditorialità, talento e scambio interdisciplinare. Il Corporate Venture Capital, su questo fronte, è uno dei modi per mettere in pratica queste dinamiche, essendo capace di alimentare il motore principale dell’innovazione, che è l’imprenditorialità, ma anche di essere uno dei metodi più efficaci di open innovation».
#EYCapri: congiuntura tecnologica favorevole, ma servono competenze