Nell’intervista pubblicata lunedì 13 aprile dal titolo “Ecco cos’è la firma digitale e perché è sicura quanto un notaio”, Andrea Caccia (Anorc) afferma: “La firma digitale è tecnicamente sicura: certifica i dati anagrafici, garantisce l’autenticità del documento. Gli errori? Solo umani” inoltre “…i notai dovrebbero continuare a vigilare e segnalare i problemi in modo costruttivo. Ma non dovrebbero opporsi al digitale”.
I notai non sono contro il digitale, tutt’altro: fino ad oggi sono l’unica categoria professionale in Italia che, grazie agli investimenti negli ultimi 2 decenni per oltre 20 milioni di euro in tecnologia, lavorano da anni con la P.A. completamente paperless (senza carta). Tutti gli studi notarili sono collegati tra loro e con la P.A. attraverso la rete e il modello è un punto di riferimento internazionale nella trasmissione in sicurezza. Non solo. I notai non sono contro la firma digitale: la usano tutti i giorni, ogni notaio ne è dotato per legge e in Italia il notariato è stato il primo esempio di e-government nel settore: per questo dal 2002 il CNN è autorità di certificazione dei notai italiani, è socio di AssoCertificatori e dei Gestori di Posta Elettronica Certificata italiani.
La firma digitale non sostituisce, né si può pensare sostituisca tutti i controlli necessari per la costituzione di una società (o per qualsiasi altro atto). Sostituisce soltanto la sottoscrizione autografa dell’atto, ma con modalità del tutto diverse.
La firma digitale non ha un collegamento fisico con il suo titolare, ma è il risultato di una catena di eventi. Perché la firma digitale sia veramente collegata al soggetto che risulta titolare del certificato di firma, non basta che il certificatore abbia correttamente identificato a monte il titolare ma anche che il titolare abbia utilizzato personalmente il dispositivo di firma. Qual è l’anello debole della catena? E’ l’utilizzo personale del dispositivo di firma perché se la usa un soggetto diverso dal titolare, che ne abbia la disponibilità e il relativo PIN, produce una firma assolutamente indistinguibile da quella che avrebbe apposto il suo titolare.
E quindi mentre la firma autografa si può sempre disconoscere a posteriori grazie alla perizia calligrafica per dimostrare che è falsa, con la firma digitale tutto ciò non avviene, né è possibile. Anzi, la situazione si complica. Mentre con la firma autografa un soggetto ha solo l’onere di disconoscere la firma, nel caso di firma digitale si presume che l’utilizzo del dispositivo sia riconducibile solo al suo titolare e, se così non è stato, sarà lui a dover provare di non aver utilizzato personalmente il dispositivo di firma.
Provare il falso a posteriori diventa, praticamente, difficilissimo.
L’uso della firma digitale, quindi, non può essere l’alternativa all’intervento del notaio. Anzi tale intervento è ancora quasi più importante nel mondo digitale che nel mondo della firma autografa, perché́ il notaio si assicura che a firmare sia l’effettivo titolare ed evita quindi che il dispositivo venga utilizzato per frodi.
Per immaginare le conseguenze dell’utilizzo fraudolento di questi mezzi basta guardare cosa succede in quei paesi dove la firma digitale si usa senza alcun controllo: l’utilizzo di titoli falsi per le frodi immobiliari negli USA hanno provocato multe per oltre 100 miliardi di dollari inflitte alle banche americane e 4 milioni di cittadini sono rimasti senza casa.
* Sabrina Chibbaro è notaio componente della Commissione Informatica del CNN, Consiglio Nazionale del Notariato