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I modelli di corporate venture capital: come le aziende possono investire sulle startup



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Non c’è un solo modo di fare corporate venture capital. Ecco i tre principali modelli che le aziende seguono per investire sulle startup: con un veicolo dedicato, da sole o affidandosi a un operatore specializzato

Pubblicato il 25 mar 2025



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Questa settimana sono stato a Barcellona per la riunione trimestrale dell’Open Innovation Club, che organizziamo insieme a Tech Barcelona e che coinvolge le principali aziende catalane (tipo Bacardí, Eria, Fluidra, Mango, SABA, …).

Il topic di questo incontro era il Corporate Venture Capital (CVC). Per me è stata l’occasione per fare il punto su questo segmento dell’open innovation che è oggetto di continua evoluzione.

Tra le altre cose ci siamo concentrati su un aspetto che non è così immediato da cogliere: le diverse modalità e i modelli con cui le aziende possono fare Corporate Venture Capital, ossia investire in startup. Il panorama qui è molto eterogeneo.

Tuttavia, può aiutare ad orientarsi, fare due macro-distinzioni.

Corporate Venture Capital, tre macro-modelli

La prima distinzione riguarda ila modalità con cui gli investimenti vengono fatti. Al riguardo possiamo distinguere tra tre principali modelli di corporate venture capital.

Stand alone fund

La modalità – più simile a quella dei VC – è avere un veicolo dedicato (“stand alone fund”). Quindi una società separata che fa investimenti e che è strutturata come un fondo di investimento. Un esempio è Bosch che investe attraverso fondi gestiti da Robert Bosch Venture Capital GmbH (“Bosch Ventures“, sono arrivati al quinto fondo).

Off-the-balance sheet

L’alternativa è quella di fare gli investimenti dallo stato patrimoniale dell’azienda (appunto “off balance sheet”), senza avere una struttura dedicata ed organizzata sulla modalità del fondo di investimento.

La stragrande maggioranza delle aziende seguono questo modello (il 93% dei casi in base ai dati di Stanford University’s Graduate School of Business, 2021). Engie in Francia, Sky nel Regno Unito, Eni tra le italiane.

Al di là del tecnicismo, la principale differenza è il budget dedicato agli investimenti e la sua stabilità nel tempo. Nel caso di un fondo il capitale è allocato in modo irreversibile. Nel caso di off balance sheet investments invece ci può essere un multi-year commitment (in questo caso si parla di “evergreen” CVC) oppure l’impegno può essere definito esercizio per esercizio, sino a casi ove invece il capitale non è predefinito ma mobilitabile all’occorrenza.

In tutti questi casi, tuttavia, i piani possono essere soggetto a modifica. Il rischio è che l’unità di CVC, in presenza di condizioni di mercato difficili per l’azienda o di cambi di governance, rimanga senza benzina (entrando di fatto nel novero degli “Zombie CVC)”.

Partecipazione in fondi terzi

Una opzione alternativa alla precedenti è quella di fare investimenti indiretti. In questo caso l’azienda investe come LP (limited partner) in fondi di Venture Capital che a loro volta investono nelle startup.

Rispetto alle strategia di cui sopra, il minore impegno (sia di capitale che di risorse) si accompagna con una minore capacità di influenza sulle strategie di investimento (nella sostanza si ha accesso al deal flow del fondo – comprese un po’ di informazioni sulle portfolio company – ma non si ha voce in capitolo sulle scelte di investimento).

La partecipazione in fondi di terzi è considerato come un buon modo per le aziende per fare esperienza (è utile vedere come professionisti lavorano) e accedere a deal flow su geografie e ambiti non vicini.

Esempi di aziende si affidano a venture capital

Molte aziende seguono questo approccio, sia come unica modalità di investimento (è il caso per esempio, di Snam, per lo meno al momento) o a complemento di una strategia di investimenti diretti (quello che fa Iren con la partecipazione a fondi come Tech4Planet e Mito Tech Ventures).

A2A ha fatto una scelta diversa affidando la gestione del proprio fondo di CVC (360LIFE I) ad una società di Venture Capital (360 Capital) – quindi esternalizzando la gestione – ma di fatto essendo l’unico investitore (e quindi mantenendo una significativa capacità di indirizzo).

Guardando fuori dall’Italia, Telefonica ha un ampio portafoglio di fondi di VC cui partecipa (in alcuni con ruoli importanti, da anchor investor, in altri con ruoli minori). Qui, al riguardo, è interessante vedere come, nel tempo, Telefonica abbia ridotto le attività di investimento diretto per fare di Wayra una società di innovazione che gestisce il portafoglio di investimenti (sia diretti – si parla di quasi un migliaio di startup investite in dieci anni – che indiretti) e, di recente, anche fondi CVC di aziende del gruppo (come Vivo Ventures) e non. Si parla, in questo caso, di “CVC as a service”.

Chi mette i soldi nel fondo di corporate venture capital?

La seconda distinzione riguarda chi conferisce il capitale. Qui il differentiator è se l’iniziativa è di un’unica azienda o se prevede la partecipazione di più aziende.

Il caso Single LP

Nel primo caso (Single LP) il fondo di CVC ha una chiara matrice aziendale e in genere un marcato orientamento strategico: è di fatto uno strumento al servizio dell’impresa che lo utilizzo come meglio ritiene.

Il caso Multple LPs

Nel momento in cui il capitale si apre a terzi (Multiple LPs) le tesi di investimento devono essere condivise con gli altri LPs e, di necessità, cresce l’attenzione alle performance finanziarie.

Ovviamente la situazione varia in funzione delle percentuali di partecipazione al capitale. Chi fa da anchor investor (ossia sottoscrive per primo il fondo e in genere con quote maggiori) ha maggiore capacità di indirizzo rispetto a chi si aggrega con quote minori. Un esempio qui è 360LIFE II, il secondo fondo lanciato da A2A. Dei 140 milioni A2A ne ha messi 40 di fatto essendo il principale investitore industriale (De Nora ne ha messi 10). Al fondo poi partecipano anche CDP Venture Capital e Bpifrance come partner istituzionali e finanziari.

Le iniziative di sistema

Caso a parte sono le iniziative multicorporate che potremmo definire “di sistema” (“Ecosystem VC”) che sono disegnate per prevedere la partecipazione di più aziende e quindi hanno un struttura di governance più bilanciata.

L’esempio forse più famoso è Aster Capital che è supportato da Solvay, Schneider Electric e Alstom (oltre a Plastic Omnium che si è aggiunta nel secondo fondo lanciato nel 2017). Su questo modello sono stati costruiti i fondi multicomparto (Energy, Infastructure, Industry, Service) di CDP (Fondo Corporate Partner I) cui hanno investito molte aziende italiane (Snam, Edison, Baker Hughes, Italgas, Terna, …).

n conclusione: una grande eterogeneità di situazioni e modelli che peraltro continuano evolvere. Discussione da mantenere aperta (in un precedente post avevamo analizzato obiettivi – finanziari vs strategici – e orizzonti di un CVC).

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