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I 6 pilastri del Metaverso: ecco perché lo rendono diverso dal digitale tradizionale

Le piattaforme di multiplayer online gaming rientrano a tutti gli effetti nello scenario del Metaverso, in una convergenza tra videogiochi e social network. Ma quali sono i pilastri che lo rendono così interessante rispetto al digital tradizionale? Ecco l’elenco dei punti chiave

Pubblicato il 25 Mag 2023

Metaverso: 6 pilastri

Ogni giorno milioni di utenti si collegano online e socializzano in tempo reale su differenti mondi virtuali: il Metaverso, dunque, esiste a livello di experience e da diversi anni (come analizzato nel precedente articolo).

Le piattaforme di multiplayer online gaming, infatti, rientrano oramai a tutti gli effetti all’interno dello scenario del Metaverso, una vera e propria convergenza tra i videogiochi e i social network in real-time. Inoltre, grazie alla R&S e all’innovazione tecnologica, l’experience che riusciamo a vivere tramite i visori si sta perfezionando, diventando così sempre più realistica e ingaggiante.

Ma perché questa nuova tecnologia, che unisce il mondo fisico con il mondo digitale, viene considerata il futuro delle nostre interazioni digitali? Quali sono i pilastri del valore che rendono il Metaverso così interessante rispetto al digital tradizionale?

Engagement

L’engagement può essere considerato sicuramente come uno dei punti cardine del Metaverso: più sono ingaggianti questi nuovi mondi sociali virtuali, più l’utente si trattiene al loro interno. Prendiamo ad esempio mondi come Minecraft, Roblox, o Fortnite: si tratta di piattaforme che nascono e prosperano prima di tutto come luoghi virtuali il cui principale scopo è quello di intrattenere.

In generale, infatti, quando parliamo di Metaverso dobbiamo prima di tutto parlare di videogiochi, un’industria dal valore di circa 200 miliardi di dollari (più del doppio di cinema e musica messi assieme), che grazie alla diffusione dello smartphone ha ormai raggiunto la metà dell’intera popolazione umana. I mondi sociali virtuali sono, infatti, prima di tutto una specifica categoria di videogiochi, i cosiddetti videogiochi multiplayer online, che permettono di unire in tempo reale all’interno dello stesso mondo persone che si collegano da diverse parti del mondo, che possono così giocare insieme.

Se quindi il Metaverso parte dal videogioco, funziona, lo dicono i numeri. Guardando, infatti, qualche dato, ad oggi Roblox conta 67,3 milioni di utenti attivi giornalieri e circa 214 milioni di utenti attivi mensili, in gran parte giovani o giovanissimi. Fortnite secondo le ultime stime conta oltre 250 milioni di utenti attivi mensili. Da soli, questi due titoli attraggono quasi mezzo miliardo di persone al mese, in contrapposizione abbastanza netta con piattaforme di Metaverso che invece non partono dal gaming: se pensiamo, infatti, a mondi come Decentraland, gli utenti attivi si contano nell’ordine delle migliaia.

Socialization

Nel 2019 Tim Sweeny, amministratore delegato della Epic Games – la società produttrice di Fortnite – alla domanda se si trattasse ancora soltanto di un gioco ha risposto così: “Fortnite è un gioco. Ma vi prego di rifarmi questa domanda tra dodici mesi”. Un anno dopo, ad aprile 2020, oltre 27,7 milioni di persone hanno partecipato insieme al concerto virtuale di Travis Scott proprio su Fortnite. All’interno di queste piattaforme è, infatti, possibile replicare le stesse dinamiche sociali della vita reale, come organizzare e partecipare ad eventi, visitare mostre e concerti, pianificare cerimonie, e così via. Con una caratteristica chiave: si tratta sempre di attività da fare… insieme.

Il secondo pilastro del Metaverso è, infatti, proprio la socializzazione: si tratta di veri e proprio luoghi virtuali dove le persone, oltre a giocare, si incontrano, si conoscono, interagiscono in tempo reale come nella realtà. Da questo punto di vista, questi nuovi mondi risultano decisamente più efficaci rispetto ai social network tradizionali, dove i feedback e le interazioni a seguito di un contenuto pubblicato si manifestano in differita (social come TikTok sono sempre più simili a una televisione che a un luogo di socializzazione). Zuckerberg lo ha capito prima di altri: queste piattaforme virtuali sono oggi un crossroad tra l’entertainment e i social network, ma rappresentano a tutti gli effetti il futuro della socializzazione digitale.

Anche qui, i numeri parlano chiaro. Ad oggi, infatti, ben il 50% della GenZ accede a questi mondi virtuali sociali senza giocare al gioco principale (fonte: Newzooo Mini Survey: Metaverse and VR). Nulla di strano, se ci pensiamo bene. Anche nel mondo reale l’aggregazione sociale avviene in luoghi di intrattenimento, dove ci si ritrova spesso solo per socializzare senza la necessità di usufruire delle attrazioni principali: non tutti bevono al pub, non tutti ballano in discoteca, non tutti si sfidano al bowling, e via di seguito. Sarà pure un modo virtuale, ma anche nel Metaverso le nostre abitudini restano quelle di sempre.

Digital Ownership

E se le nostre abitudini come esseri umani restano le stesse, anche i nostri bisogni non cambiano: vogliamo distinguerci, esprimere noi stessi, dare segnali legati in qualche modo al nostro status. Più tempo le nuove generazioni passano all’interno di questi mondi virtuali, più sentono la necessità di sentirsi rappresentati. Nel mare magnum digitale, infatti, ogni utente vuole personalizzare la propria identità digitale, il proprio avatar, e mostrare così qualcosa di unico di sé stesso. Non è quindi un caso se le prime industry che sono entrate in questi mondi virtuali sono proprio quelle afferenti al mondo della moda e del lusso.

I luoghi sociali virtuali sono così diventati delle proprie e vere economie virtuali, all’interno delle quali è possibile comprare prodotti, servizi, luoghi, esperienze e dove, soprattutto, è possibile fare bella mostra dei propri oggetti digitali – proprio come nel mondo reale! Da tutto ciò emerge un terzo importante pilastro del Metaverso: la proprietà digitale.

Ma per effettuare questo scambio di valore, alla base delle economie virtuali ci sono evidentemente delle tecnologie di payment. Esistono sia tecnologie tradizionali, quelle per intenderci utilizzate per i pagamenti all’interno degli store digitali con i quali siamo abituati a interagire, come ad esempio l’App Store del nostro smartphone; ed esistono anche tecnologie nuove, come la blockchain, che promettono di rivoluzionare il modo in cui queste economie virtuali funzionano decentralizzandone il funzionamento. La blockchain, infatti, permette di decentralizzare il possesso dei dati senza dover far affidamento (e senza pagare commissioni) a potenti intermediari come Apple o Google, che ad oggi garantiscono l’efficacia delle transazioni nelle economie virtuali. È proprio grazie alla blockchain che esistono le criptovalute, una vera e propria valuta digitale da utilizzare nelle transazioni; e soprattutto gli NFT (dall’inglese Non Fungible Token), certificati univoci di provenienza e originalità digitale che, se legati a un oggetto nel Metaverso, lo rendono unico e quindi rivendibile a terzi.

Immersione

Il quarto pilastro del Metaverso è l’Immersione: grazie a tecnologie di realtà virtuale sempre più sofisticate, la simulazione della realtà risulta, infatti, essere più credibile e performante, e dunque più ingaggiante, capace di farci provare le stesse emozioni che proviamo nella realtà fisica. Un coinvolgimento totale, un vero e proprio effetto placebo definitivo per il nostro cervello.

Diversi studi dimostrano, infatti, quali sono le potenzialità e gli effetti della realtà virtuale sul cervello umano. Tra gli esperimenti più noti c’è l’Einstein Embodiment, condotto da un team di ricerca dell’Università di Barcellona, dipartimento di Psicologia Clinica e Psicobiologia. L’esperimento ha visto il coinvolgimento di 30 soggetti d’età compresa tra i 18 e i 30 anni. Dopo una serie di test cognitivi e risoluzioni di problemi, è emerso che chi aveva speso del tempo “nel corpo di Einstein” aveva performato decisamente meglio. Inoltre, dopo un’attenta analisi dei risultati, è stata riscontrata una correlazione tra autostima e miglioramento cognitivo: insomma, erano diventati più intelligenti!

Le implicazioni della realtà virtuale sono dunque potenzialmente enormi, e non soltanto dal punto di vista delle neuroscienze. Quando ci immergiamo in questi mondi virtuali con un visore, infatti, possiamo anche muovere il nostro corpo, correre, sudare, e quindi allenarci realmente – come, ad esempio, in Tennis League VR, un gioco/simulatore di Tennis in realtà virtuale sviluppato da AnotheReality e H.I.P.

Intelligenza

Il quinto pilastro del Metaverso ricorda una tecnologia di cui si sta parlando molto proprio in queste settimane: l’Intelligenza (Artificiale). Se infatti questi mondi virtuali sono principalmente popolati da avatar governati da veri essere umani, già oggi al loro interno è facile incappare nei cosiddetti NPC (Non Playing Characters) o AVI (Agenti Virtuali Intelligenti). Si tratta di avatar come gli altri, ma governati da Intelligenze artificiali più o meno complesse, con le quali conversare e interagire in maniera naturale come facciamo con un chatbot. Lo stesso Stephenson, quando immaginava il suo Metaverso, lo popolava di “demoni”, degli assistenti virtuali estremamente intelligenti proprio come quel ChatGPT con il quale ci siamo ormai abituati ad interagire.

Converseremo sempre più con questi “umani artificiali” e forse non soltanto con loro. Anche i nostri migliori amici a quattro zampe diventeranno artificiali, come ci suggeriscono progetti come Peridot (della Niantic, la stessa società che ha realizzato Pokemon Go), un videogioco che arricchisce il nostro mondo con simpatici e intelligenti animali di compagnia in AR. Qualcuno si ricorda del vecchio Tamagotchi?

Ma l’Intelligenza del Metaverso non si limita alle utili e coinvolgenti Intelligenze Artificiali che lo popolano. Anche gli oggetti e gli ambienti, siano essi fisici o virtuali, acquisiranno Intelligenza, come ci suggerisce il concetto di Gemello Digitale già noto da anni nel mondo dell’industria. Grazie alle tecnologie simulative, infatti, potremo personalizzare prodotti e ambienti in maniera granulare, per ogni utente; potremo letteralmente predirre quando un prodotto sta per rompersi; e il prodotto stesso, altamente automatizzato, potrà ordinare le sue parti di ricambio in autonomia prima ancora che succeda il fattaccio.

Dematerialization

E se molti prodotti diventeranno intelligenti, molti altri… scompariranno. Il sesto ed ultimo pilastro del Metaverso è, infatti, proprio legato alla smaterializzazione. Grazie alle tecnologie simulative, ai mondi virtuali 3D e soprattutto alle XR (eXtended Realities), possiamo già oggi smaterializzare qualsiasi oggetto fisico, qualsiasi ambiente, persino qualsiasi persona. Se questa caratteristica è facilmente evidente nella realtà virtuale, ne realizzeremo la vera potenzialità soltanto con la realtà aumentata o mista, quella tecnologia che ci permette di “aumentare” il reale con informazioni contestuali e interattive in tempo reale. Veri e propri ologrammi quindi, oggetti tridimensionali interattivi altamente realistici che interagiscono in maniera fluida con lo spazio fisico, fino a mescolarsi con esso.

Zuckerberg nella famosa e-mail del 22 giugno 2015 mandata ai suoi azionisti afferma: “quando avremo un buon sistema di AR/VR, non avremo più bisogno di comprare telefoni, televisioni, o molti altri oggetti fisici – diventeranno semplicemente applicazioni in uno store digitale”. Grazie al Metaverso, e in particolare grazie alla diffusione della realtà aumentata, molti oggetti che diamo per scontato essere fisici saranno smaterializzati, diventeranno ologrammi nello spazio che potremo modificare, spostare, copiare. Diventeranno software, proprio come è successo ai DVD, ai CD, ai documenti e ai libri, tutti oggetti fisici che grazie al digitale sono ormai in gran parte diventati semplici files. Grazie al Metaverso, quindi, gran parte del mondo che ci circonda potrebbe presto diventare una app, e l’impatto di questa smaterializzazione sulla nostra vita di tutti i giorni sarà prima dirompente e, subito dopo, pressoché irrinunciabile.

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Lorenzo Cappannari
Lorenzo Cappannari

CEO e Co-Founder di AnotheReality, azienda specializzata dal 2016 nello sviluppo di soluzioni legate alle tecnologie del metaverso. È inoltre professore, divulgatore e autore di “Futuri Possibili, come il metaverso e le nuove tecnologie cambieranno la nostra vita”, edito in Italia per Giunti Editore. Hanno contribuito alla stesura di questo testo anche Antony Vitillo (in arte “Skarredghost”), Vincenzo Rana (CEO di Knobs), e Marco Giacalone (CEO di Giacalabs).

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