Con green economy si intende un modello economico che si prefigge l’obiettivo di coniugare la crescita economica e la tutela dell’ambiente e delle risorse naturali, favorendo lo sviluppo sostenibile sia sotto il profilo ambientale che sotto quello sociale. L’economia verde intende quindi contrastare l’impatto ambientale negativo generato dal ciclo di trasformazione delle materie prime a partire dalla fase di estrazione, incentivando soluzioni come l’impiego di energie rinnovabili, il riciclo dei rifiuti e pratiche ecosostenibili per il relativo smaltimento.
La green economy, pertanto, incoraggia la crescita sostenibile attraverso investimenti (pubblici e privati) volti a diminuire le emissioni di carbonio e l’inquinamento, incrementare l’efficienza energetica e l’utilizzo delle risorse naturali rinnovabili, oltre a tutelare le biodiversità grazie alla creazione di infrastrutture che migliorano il benessere umano e l’equità sociale riducendo al contempo i rischi ambientali e la scarsità ecologica.
Di conseguenza la green economy è importante perché inventiva le economie nella transizione verso modelli di crescita sostenibili caratterizzati da basse emissioni di carbonio, facendo sì che le risorse naturali continuino a fornire quanto necessario per garantire continuativamente il benessere della collettività.
Quali sono i pilastri della green economy
La green economy si basa su principi che si affiancano ai tre pilastri dello sviluppo sostenibile (economico, sociale e ambientale) promuovendo innovazione, efficienza e competitività. Un modello che mette al centro persone e natura, basato su cinque pilastri fondamentali:
Benessere – La green economy è incentrata sulle persone e si concentra sulla crescita della ricchezza per sostenere e migliorare il benessere degli individui. La ricchezza nella prospettiva “green” non è esclusivamente finanziaria includendo anche capitali umani, sociali, fisici e naturali. Pertanto l’economia verde dà priorità agli investimenti e all’accesso ai sistemi naturali sostenibili, alle infrastrutture, alla conoscenza e all’istruzione per garantire la prosperità.
Giustizia – L’economia verde è inclusiva e non discriminatoria, promuove l’equa distribuzione di opportunità e risultati, riduce le disparità, si basa sulla solidarietà e sulla giustizia sociale e incentiva la collaborazione per risolvere i problemi.
Confini planetari – La green economy tutela, restaura e investe nella natura. Pertanto promuove i valori funzionali, culturali ed ecologici della società e della natura tutelando contestualmente la biodiversità e i sistemi naturali. Riconosce inoltre la limitata sostituibilità del capitale naturale, e si basa sul principio di precauzione per evitarne la perdita.
Efficienza e sufficienza – L’economia “green” è orientata a sostenere il consumo e la produzione sostenibile in quanto prevede la produzione a basse emissioni di carbonio in modo da risparmiare risorse naturali, allineare prezzi, incentivi e sussidi con i costi reali attraverso meccanismi in cui chi inquina paga.
Buon governo – La green economy è promossa da istituzioni integrate, responsabili, collaborative e coerenti, prevede la partecipazione pubblica incentivando trasparenza e dialogo sociale con regole interdisciplinari.
Perché la green economy è importante per le aziende
La green economy è particolarmente importante per le aziende, e i motivi sono molteplici. Innanzitutto, un’azienda “green” può incrementare il fatturato grazie all’aumento delle esportazioni in quanto i mercati esteri tendono a privilegiare le imprese verdi, aumentandone di conseguenza la competitività.
Nonostante gli svantaggi dovuti all’aumento dei costi di produzione, legati principalmente all’acquisto di nuove infrastrutture e a investimenti ingenti nelle tecnologie necessarie per rendere ecosostenibili i processi produttivi, le aziende che operano seguendo i principi della green economy sono più attraenti sia per i consumatori, sia per potenziali investitori.
Nel medio periodo, inoltre, quelli che inizialmente sono svantaggi si trasformano in vantaggi. Processi più efficienti e green, ad esempio, comportano la riduzione dei consumi energetici e di materie prime. Di conseguenza, i costi collegati a produzione e smaltimento diminuiscono al pari di quelli per il packaging dei prodotti.
Le aziende della green economy, poi, creano nuove opportunità lavorative (i cosiddetti “green jobs”) e nuovi posti di lavoro per figure come consulenti e impiantisti. Ad esempio, gli impiantisti nelle aziende “verdi” possono concentrarsi sulla certificazione degli impianti produttivi, con valutazioni che potenzialmente portano all’installazione di nuove soluzioni per generare energia pulita e ridurre le emissioni inquinanti generando altri posti di lavoro.
I “green jobs”, invece, sono nuove posizioni particolarmente importanti per le aziende che decidono di adottare la green economy e abbisognano di figure in grado di supportare la transizione sostenibile. Non è quindi un caso che molte aziende abbiano assunto consulenti debitamente formati per adeguare i propri stabilimenti ed edifici ai principi dell’economia verde.
Come adottare la green economy
Per adottare la green economy le aziende devono necessariamente rivedere il modello di business mettendo al centro il benessere collettivo e l’impatto ambientale, integrando processi produttivi innovativi ed ecosostenibili oltre a introdurre politiche aziendali “green”.
Inoltre, le imprese possono seguire alcune pratiche come coinvolgere i dipendenti nell’adozione di comportamenti sostenibili. Infatti, per operare rispettando l’ambiente, tutti i dipendenti e i collaboratori devono essere consapevoli della “missione” nonché motivati per contribuire alla trasformazione aziendale coinvolgendoli nell’attuazione di pratiche sostenibili affinché adottino comportamenti coerenti con i principi della green economy.
Limitare gli sprechi, poi, è un obbligo per le aziende “verdi” oltre ad essere essenziale per contenere i costi. Riciclare i rifiuti o sfruttare materiali biodegradabili per la produzione è una delle molteplici possibilità per raggiungere lo scopo. Anche perché la corretta gestione dei rifiuti e del relativo smaltimento è un aspetto fondamentale per tutte le aziende, a prescindere dal fatto che siano “green” o meno.
Gli scarti e i rifiuti di un’azienda, infatti, possono essere utili per altre imprese che integrano nei processi produttivi il riciclo dei materiali. In questo senso per le aziende che adottano la green economy l’approvvigionamento delle materie prime è un aspetto fondamentale. Diventa quindi cruciale sapere se le materie prime utilizzate sono quelle più ecosostenibili, o se ne esistano di alternative che consentono di ridurre ulteriormente l’impatto ambientale del ciclo produttivo.
Ridurre le emissioni inquinanti è un passaggio fondamentale che si concretizza in diversi modi interessando anche aspetti non collegati alla produzione. Ad esempio, è importante porre attenzione all’utilizzo delle risorse e agli spostamenti. In quest’ottica, reperire materie prime e risorse da fornitori “locali” e dare lavoro a persone che vivono nelle aree limitrofe a quelle dove si trova l’azienda permette di ridurre le emissioni di CO2.
Un obiettivo perseguibile anche percorrendo altre strade come adottare lo smart working riducendo all’essenziale la presenza fisica dei dipendenti in azienda o, qualora la tipologia di attività non lo consenta, incentivare in vari modi la mobilità integrata e la mobilità sostenibile (ad esempio con veicoli aziendali elettrici, mezzi pubblici, biciclette e car sharing).
La green economy nel marketing: comunicare la sostenibilità
L’adozione della green economy implica anche la necessità di comunicare la sostenibilità aziendale attraverso il cosiddetto “green marketing”. Stante la crescente consapevolezza e la conseguente sensibilizzazione rispetto ai problemi ambientali, infatti, i consumatori stanno adottando sempre più comportamenti sostenibili, anche quando si tratta di decidere cosa acquistare.
Per le aziende, pertanto, è sempre più importante comunicare l’impegno nella produzione di beni e l’erogazione di servizi ecosostenibili. In quest’ottica il green marketing è una strategia che mira a promuovere prodotti, processi o servizi ecosostenibili o comunque volti a ridurre gli effetti negativi sull’ambiente ed è usato anche per promuovere e sensibilizzare i consumatori rispetto ai problemi ambientali più rilevanti.
Non a caso sono sempre di più le aziende che utilizzano il “marketing verde”, sebbene il processo per diventare davvero “green” richieda investimenti ingenti, continuità e raggiungimento di specifici parametri. Utilizzare strategie volte ad enfatizzare determinati aspetti senza che ci siano i presupposti per essere considerati e definirsi un’azienda realmente “green”, inoltre, porta spesso ad un fenomeno ampiamente diffuso nell’ambito del marketing sostenibile, ovvero il “greenwashing”.
Con il termine greenwashing si fa riferimento a una strategia di marketing e comunicazione ingannevole, che pone l’accento su aspetti ecosostenibili “di facciata” senza azioni concrete da parte dei brand in questo senso. Una pratica spesso smascherata e, di conseguenza, controproducente.
Per comunicare la sostenibilità, dunque, è opportuno valorizzare tipologie di packaging che non inquinano e certificare processi, prodotti e servizi sostenibili presso le numerose realtà internazionali che le rilasciano.
Da un lato si tratta di buone pratiche che come contrappeso determinano un incremento dei costi di produzione e di vendita; dall’altro i consumatori sono sempre più disposti a spendere qualcosa in più per comprare prodotti che rispettano l’ambiente.
La scelta dei canali di comunicazione (fisici e/o digitali) dipende fondamentalmente dal target di riferimento, tuttavia le aziende attraverso i propri siti web e i social possono testimoniare l’impegno per la sostenibilità con foto, video e certificazioni conseguite in modo da migliorare la reputazione e la brand awareness.
L'”economia verde” nella gestione delle risorse umane
La green economy implica anche un cambiamento nella gestione delle risorse umane da parte delle aziende. In quest’ottica il settore HR punta sempre più frequentemente sull’adozione di strategie e comportamenti “green” che rispettino il Pianeta e il benessere dei lavoratori. La creazione di contesti lavorativi più “ecologici”, evidentemente, impatta positivamente su esperienza e benessere psicofisico dei dipendenti che percepiscono un miglioramento delle rispettive condizioni lavorative.
Guardando oltre ai profitti, pertanto, le aziende devono innanzitutto modificare e ridurre i consumi e incentivare modelli economici “green” tenendo in considerazione la sicurezza dei lavoratori e l’eliminazione di eventuali diseguaglianze oltre all’impatto ambientale delle attività.
In questo senso è essenziale allineare i valori e i comportamenti dei dipendenti con gli obiettivi di sostenibilità aziendale. Diventa dunque necessario che i vertici siano un esempio da seguire e palesino concretamente la volontà di creare una cultura lavorativa nella quale viene posta particolare attenzione alla sostenibilità e alla sensibilizzazione dei dipendenti rispetto ai temi “green”.
Per facilitare la transizione verso la green economy del settore HR (che diventa green HR, ndr), una possibilità è inserire in azienda la figura del Chief Sustainability Officer (CSO). Il CSO, però, deve avere potere reale per aiutare concretamente le aziende nel raggiungimento di obiettivi sostenibili prefissati e acquisire autorevolezza nel contesto aziendale.
Rivedere la gestione delle risorse umane in chiave green può quindi rappresentare una leva importante per le aziende, in quanto permette di aumentare il valore aggiunto rispetto alla concorrenza. Inoltre, venendo riconosciuti come “employer of choice”, i dipendenti sono più propensi a difendere la reputazione aziendale e a condividerne valori e visione diventando così veri e propri brand ambassador.
In questo modo si ottiene infatti un employee engagement migliore e un incremento della motivazione dei lavoratori, consapevoli di far parte di un’azienda che quotidianamente tutela il benessere dei collaboratori rispettando l’ambiente.
Gli strumenti per la valutazione dell’impatto ambientale delle aziende
L’impatto ambientale delle aziende altro non è che la misurazione di come le rispettive attività impattino sull’ambiente relativamente a consumi, emissioni inquinanti, rifiuti, utilizzo di risorse naturali e altri parametri. Utilizzare uno dei tanti strumenti per valutare l’impatto ambientale (volontari o normativi) permette di individuare le criticità e agire di conseguenza, oltre a poter essere “speso” per promuovere e comunicare ai consumatori l’impegno aziendale in questa direzione.
Tra i tanti strumenti, indicatori e metodi per misurare l’impatto ambientale quelli più rilevanti e utilizzati sono:
– La valutazione ambientale Strategica (VAS): la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente naturale. La VAS si applica sistematicamente a piani e programmi elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente nei seguenti settori:: agricolo, forestale, pesca, energetico, industriale, trasporti, gestione rifiuti e acque, telecomunicazioni, turistico e pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli.
– La valutazione di impatto ambientale (VIA): l’analisi dettagliata relativa ai possibili effetti di progetti e attività su elementi naturali quali aria, acqua, suolo, fauna e paesaggio. La VIA è obbligatoria per progetti come le opere industriali. Nata negli Stati Uniti nel 1969 e introdotta in Europa nel 1985 quale strumento chiave per le politiche ambientali, la VIA è un atto amministrativo normato in Italia dal testo unico in materia ambientale con il D.Lgs. 152/2006.
– L’impronta ambientale, che misura la quantità di risorse naturali consumate e di rifiuti ed emissioni prodotte dall’azienda in rapporto alla capacità rigenerativa dell’ecosistema.
– La carbon footprint (impronta di carbonio), che esprime il totale delle emissioni di gas ad effetto serra espresse solitamente in tonnellate di CO2 equivalente associate a un prodotto, a un servizio o a un’organizzazione.
– L’analisi dei flussi di massa (MFA), che quantifica le entrate e le uscite di materiali ed energia nell’azienda e nella sua catena di fornitura.
– La valutazione del ciclo di vita (LCA), che valuta gli impatti ambientali potenziali associati a tutte le fasi del ciclo di vita di un prodotto o di un servizio.
Allargando il perimetro a tutti gli aspetti della sostenibilità sono particolarmente importanti le dichiarazioni non finanziarie (DNF) – obbligatorie per diverse aziende – e i bilanci di sostenibilità, a cui si aggiungono gli indicatori ESG (Environmental, Social and Governance) che valutano la performance aziendali relativamente al rispetto dell’ambiente, delle persone e della governance, oltre ad essere fondamentali in ambito finanziario per accedere a linee di credito dedicate.
L’importanza della trasparenza nella green economy
Per mettere in pratica i principi della green economy è imprescindibile che aziende, istituzioni e altri soggetti che rientrano nell’economia verde siano trasparenti relativamente alle strategie e alle azioni intraprese e agli impatti su ambiente, economia e società che possono determinare.
Infatti, nella green economy la trasparenza è importante se non imprescindibile per dare credibilità all’adozione di politiche aziendali sostenibili, consentendo di contrastare fenomeni come il greenwashing nel marketing e pratiche volutamente ingannevoli.
La trasparenza nell’economia verde non si limita a principi etici o adesione alle leggi, diventando un vantaggio competitivo per le imprese “green” che, in questo modo, possono fidelizzare e aumentare l’engagement di clienti con benefici reputazionali e in termini di brand awareness rispetto ai competitor che non lo sono.
La trasparenza nella green economy è pertanto un elemento cruciale per la realizzazione pratica del modello di crescita proposto. Non è quindi un caso che l’Unione Europea stia introducendo sempre più norme che prevedono obblighi di trasparenza rispetto alla sostenibilità per le imprese, come la dichiarazione non finanziaria allargata a un numero costantemente crescente di realtà che operano in vari settori e di diverse dimensioni.
Sempre più aziende che operano nell’UE, infatti, devono e dovranno rendere di pubblico dominio le informazioni che riguardano l’impatto ambientale, sociale e sul territorio, oltre ai potenziali rischi per la sostenibilità che devono fronteggiare.
Un quadro normativo parte del Green Deal Europeo, che testimonia come la trasparenza – anche da parte delle istituzioni – sia fondamentale per la green economy in quanto permette di monitorare costantemente e incentivare azioni concrete votate alla sostenibilità, gettando contestualmente le basi e le successive condizioni per una crescita equa, rispettosa dell’ambiente e sostenibile sotto tutti i punti di vista.