Nel contesto di incertezza legata alla pandemia le imprese italiane hanno compreso come l’Innovazione Digitale sia una leva fondamentale per la competitività e la crescita: nel 2022 quasi la metà delle grandi imprese e PMI italiane aumenterà il budget ICT e si prevede una crescita superiore al 4% negli investimenti, riprendendo il trend pre-pandemia, dopo il rallentamento registrato nel 2021. Sono questi i risultati delle Ricerche degli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformaton Academy, presentati il 30 novembre scorso.
Avere un budget adeguato non è tuttavia condizione sufficiente per riuscire ad innovare efficacemente.
Le imprese si sono ritrovate in un contesto in continuo cambiamento in cui modelli e schemi del passato possono dimostrarsi poco efficaci se non addirittura dannosi. È un mondo nuovo, come Alice nel paese delle meraviglie, popolato da creature fantastiche in cui la logica non è convenzionale.
È stato questo il contenuto della seconda tavola rotonda del Convegno del 30 novembre “Startup e Imprese nella trasformazione digitale: open innovation per accelerare la ripresa” che ha visto relatori: Andrea Coccia, Direttore Innovation e New Product Development di Gruppo Cimbali, Lorenzo Cordin, Head of Digital & Open Innovation di UnipolSai, Eda Fetahu, Open Innovation Expert di Amadori e Demetrio Migliorati, Head of Innovation di Banca Mediolanum.
I modelli organizzativi tradizionali, quelli funzionali, divisionali ma anche a matrice, puntano sulla specializzazione, sui silos di competenze, sulla gerarchia, sulla stabilità, perdendo in trasversalità, agilità e capacità di reazione e apertura. Servono invece nuove competenze, nuove metodologie di lavoro, nuovi strumenti operativi ma, soprattutto, nuove attitudini per affrontare la quotidianità. È quanto dice la Regina Rossa ad Alice.
Ed è sempre più chiaro come, per diminuire anche se non annullare il rischio insito nella trasformazione digitale, occorra innanzitutto lavorare sull’organizzazione per porre le condizioni del successo.
Molte organizzazioni da tempo, come primo passo, costituiscono una Direzione o una figura preposta alla governance dell’innovazione, l’Innovation manager o la Direzione Innovation, con il compito di definire processi, metodologie e modalità di orchestrazione dell’innovazione nell’azienda.
Si riduce di anno in anno, infatti, la percentuale di aziende di grande dimensione che decide di gestire le attività in modo non strutturato (18%) o che crea all’occorrenza team dedicati a singoli progetti di innovazione (29%). Nel 10% dei casi vengono formati dei Comitati interfunzionali con figure professionali provenienti da diverse funzioni. È spesso un primo tentativo di sviluppo trasversale dell’innovazione tramite il coinvolgimento di diverse Funzioni, che però spesso soffre della mancanza di un una figura di riferimento che accentri le esigenze e gli stimoli raccolti e abbia il tempo (e il budget) per supportare lo sviluppo di progetti, fungendo anche da punto di riferimento per competenze metodologiche e strumenti. Tale Direzione è sempre più posizionata come diretto riporto al vertice aziendale, per migliorarne la visibilità, ma anche l’allineamento con la strategia.
Nelle PMI invece la Governance dell’innovazione si limita generalmente ad una gestione occasionale in base alle richieste e le opportunità occorrenti; in rari casi si definiscono ruoli che si occupano, parzialmente o principalmente, della gestione dell’innovazione (18%). Il motivo di questa tendenza risiede principalmente nella dimensione e nella mancanza di risorse e competenze.
Strutturare una Direzione Innovazione, tuttavia, non rappresenta necessariamente un punto di arrivo: cominciano ad emergere alcuni casi di aziende che decidono di dismettere la Direzione Innovazione una volta terminato il suo processo di “evangelizzazione” (3%), avendo avuto la capacità di rendere l’innovazione diffusa all’interno dell’organizzazione senza bisogno di un controllo centrale. È il modello dell’onda organizzativa, che molti di voi conoscono bene e che abbiamo presentato nel Convegno del 2018.
Non esiste, infatti, l’innovation per tutte le stagioni, ogni azienda è diversa, si deve far evolvere il modello in modo contingente. L’innovation manager è un abilitatore e deve sapersi trasformare col tempo.