Molte sono le aziende che abbracciano i principi di ingaggio dei dipendenti, di sviluppo di nuovi prodotti più incentrato sui bisogni degli utenti, che vedono nella sperimentazione e nell’iterazione un modo per imparare e accrescere la loro base di conoscenza. In tal senso, oggi sono numerose le realtà che a livello globale adottano il Design Thinking nel loro modo di operare, non solo per la creazione di nuovi prodotti ma anche nel modo di collaborare all’interno dell’azienda stessa.
Partendo da casi molto famosi come 3M, che ha portato i principi di design nella creazione dei suoi centri di innovazione per innescare una cultura dell’innovazione centrata sugli esseri umani e non sulla tecnologia all’interno dell’organizzazione, arrivando a SAP che ha istituzionalizzato il centro di eccellenza AppHaus per condividere e trasferire l’umanizzazione delle soluzioni non solo per il prodotto e il servizio ma anche per condividere con l’organizzazione stessa il mindset di design thinking alle sue risorse e persone, per concludere con PepsiCo che, dal 2012, ha intrapreso una trasformazione profonda volta a mettere al centro dell’organizzazione i valori di design thinking non per la sola progettazione di nuovi prodotti ma anche per la condivisione di visioni e prospettive rispetto al futuro dell’azienda e della nutrizione partecipata. Una trasformazione che ha portato l’azienda da 1 designer nel 2012 a più di 250 designer oggi, compreso un Chief Designer Officer e una serie di hub di design e innovation distribuiti nel mondo e in posizioni di mercato strategiche per PepsiCo.
Per questa ragione l’Osservatorio di Design Thinking for Business ha organizzato un momento di confronto per comprendere la visione che sta dietro questa valorizzazione del design anche nel panorama italiano e condividere esperienze centrate sulla relazione tra design e sviluppo di neo-imprese: “Entrepreneurship by design: boosting new corporate ventures throught design”.
L’incertezza ha un ruolo positivo nel progettare innovazione e nel dare un boost alle nuove iniziative delle corporate venture, sostiene il professor Nathan Furr (Università di INSEAD), che ci ha aiutato a fare il punto sullo stato dell’arte nella ricerca e nel management. In particolare Furr invita a soffermarsi sul concetto di “design science”, ovvero di come un pensiero progettuale possa aiutare le persone e le organizzazioni a disegnare tool per gestire l’incertezza e produrre innovazione.
Quando si parla di incertezza spesso si parla del modello VUCA (Variabilità, Complessità, Incertezza e Ambiguità), ovvero del fatto che il mondo in cui viviamo è soggetto a diverse dimensioni di incertezza che si sovrappongono e intrecciano creando contesti ancora più complessi. Incertezza è quindi la mancanza di un chiaro modo di capire la probabilità di accadimento di un evento, generando una impredicibile variabilità nei risultati generati. In questo contesto, come possono i leader e le organizzazioni gestire questa incertezza?
Nathan Furr ci ha condiviso il modello che – in seguito a interviste con Amazon, SpaceX e altri casi esemplari – è emerso come un modo per poter gestire e sfruttare al meglio l’incertezza progettuale. Il modello si compone di quattro strategie, la prima e la quarta più legate al thinking, la seconda e terza più legate al design e come tali orientate all’azione:
- Reframing: essere in grado di riformulare qualcosa che è spaventevole e terrificante in opportunità. È molto radicato nella cultura del design ed è legato a come noi spieghiamo cosa vediamo e come lo interpretiamo e riformuliamo. La riformulazione genera opportunità. Se formuliamo incertezza come fonte di perdita siamo spaventati, se la formuliamo come opportunità invece iniziamo a cercarla e questo è quello che fa l’imprenditore che adotta le tecniche di reframing tipiche del design.
- Essere pronti: bisogna conoscere i propri rischi e le opzioni di perdita. I rischi sono divisibili in diversi tipi e forme e non per questo non li cogliamo (e.g. rischi finanziari, sociali, intellettuali, emotivi). Essere pronti per gestire i propri rischi aiuta a ridurre notevolmente l’incertezza.
- Agire: è fondamentale essere in grado di gestire e sbloccare l’incertezza, invece di percepirla come negativa, capendo come controllarla e superarla. L’insegnamento montessoriano ne è un esempio, infatti lavora proprio sul come far fronte comune a questo percorso di azione che dobbiamo avere per sbloccare l’incertezza futura. Avere curiosità e tenere l’incertezza del futuro aperta non è pericoloso, anzi, può essere molto positivo.
- Serve restare in controllo: gestire le emozioni è fondamentale. Essere in grado di comprendere cosa si è appreso dal processo di incertezza, considerando non solo cosa si è perso ma anche cosa si è guadagnato grazie all’incertezza è essenziale per il successo. In altre parole, occorre focalizzarsi su ciò che si è guadagnato.
Queste quattro prospettive mostrano come nelle organizzazioni l’approccio all’imprenditorialità debba essere sostenuto da un approccio ambidestro in cui pensiero (thinking) e design (azione) sono mediati e al fine di gestire un aspetto chiave della creazione di imprenditorialità, ovvero quello dell’incertezza. Per ulteriori approfondimenti, a questo link è disponibile l’intervento del professor Furr.
Durante un incontro dell’Osservatorio di Design Thinking for Business, i partner e sponsor si sono confrontati sulle tematiche relative al Design Thinking in azienda e alla trasformazione organizzativa. In particolare, a conclusione dell’evento sono intervenuti Carla Pinna, Business Design Lead in Assist Digital, Alessandro Carraretto Manager e Giovanni Fontanini Director e entrambi di Deloitte Digital, Diana Dal Zotto Design Lead di DOING Part of Capgemini, Giulia Spagnoli Experience Strategy & Design Director di KPMG e Luca Mascaro CEO & Head of Design in Sketchin, i quali hanno portato la loro visione rafforzando il ruolo che il design e, nello specifico, il design thinking hanno nel favorire innovazione e imprenditorialità e da ultimo ridurre l’incertezza.