Nel commento pubblicato il 16 aprile dal titolo “I notai: la firma digitale non è un’alternativa al nostro lavoro” Sabrina Chibbaro, notaio componente della Commissione Informatica del CNN, Consiglio Nazionale del Notariato, rispondeva a un’intervista ad Andrea Caccia di Anorc (Associazione nazionale per operatori e responsabili della Conservazione digitale). “La firma digitale – scriveva Chibbaro – non sostituisce, né si può pensare sostituisca tutti i controlli necessari per la costituzione di una società (o per qualsiasi altro atto)”. “Il nostro intervento è ancora quasi più importante nel mondo digitale che nel mondo della firma autografa, perché́ il notaio si assicura che a firmare sia l’effettivo titolare ed evita quindi che il dispositivo venga utilizzato per frodi”.
Andrea Caccia risponde con una lettera aperta inviata a EconomyUp.
Gentile dottoressa Chibbaro,
forse la sorprenderà sapere che concordo con buona parte di quanto scrive. So bene che i notai italiani rappresentano un modello di eccellenza, come l’Italia del resto,nell’utilizzo della firma digitale, anche a livello internazionale e concordo sull’esigenza di effettuare i controlli, è ovvio che la firma digitale da sola non può sostituirli.
Entriamo ora nel merito dei punti su cui non sono d’accordo.
Quando scrive che il problema della firma digitale è la mancanza di connessione col titolare non capisco perché questo dovrebbe rappresentare un problema per un utilizzatore generico e non per gli stessi notai che la utilizzano quotidianamente. Esistono contromisure per questo, se il dispositivo di firma viene sottratto è possibile revocare il certificato e questo in pratica blocca l’utilizzo del dispositivo di firma. Le regole per la creazione di una firma digitale sono le stesse, stabilite per legge, sia che a crearla sia un notaio, sia che si tratti di un cittadino o un imprenditore, la tecnologia quindi è sicura.
C’è però un problema di consapevolezza delle funzioni dello strumento e di educazione all’uso. Questo accade ogni volta che si introducono innovazioni ma non deve essere un motivo per avere un blocco, occorre trovare soluzioni che consentano di fare passi avanti. Oggi molte smart card di imprenditori sono nelle disponibilità dei loro commercialisti, questo è illegale ed è necessario ogni sforzo per educare ad un uso corretto. Va comunque sottolineato che gli abusi sono pochissimi e la consapevolezza tenderà ad aumentare se si introdurranno sempre più utilizzi concreti e frequenti della firma digitale, naturalmente in modo graduale e mitigando i rischi con le corrette contromisure.
Vorrei anche ricordare che l’applicazione del Regolamento UE n. 910/2014 introdurrà norme identiche in tutta Europa estendendo inevitabilmente l’uso della firma digitale e rendendo ancora più convenienti le operazioni effettuate senza la presenza fisica delle persone.
A proposito invece dei controlli che oggi effettua il notaio, se si evita la necessità della presenza fisica delle parti questi potrebbero essere inseriti in un processo automatico, magari certificato proprio da un notaio, che limiti le necessità dell’intervento umano solo a specifici casi in cui vengono rilevate anomalie.
Credo che l’innovatività del notaio si dovrebbe misurare non solo dalla capacità di utilizzare le tecnologie nell’ambito di procedure “vecchie” ma soprattutto dal suo contributo, in collaborazione con altre figure professionali, nel ridisegnare i processi per renderli più efficienti ed economici.
* Andrea Caccia è componente dell’Advisory Board di Anorc (Associazione nazionale per operatori e responsabili della Conservazione digitale) e membro del Multi-stakeholder Forum on e-Invoicing (fatturazione elettronica) della Commissione Europea.