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Il punto di svolta si avvicina. Dal 31 marzo cambiano le regole del gioco tra imprese e PA: anche le pubbliche amministrazioni locali – l’obbligo per le centrali era scattato a giugno 2014 – saranno obbligate ad accettare solo fatture in formato digitale. Questo significa che qualsiasi ente pubblico sul territorio, dal municipio alla comunità montana, sarà tenuto a rifiutare la fattura di qualsiasi fornitore, dal piccolo artigiano alla grande impresa, che si presenti con un pezzo di carta in mano. Allo stesso tempo le imprese dovranno adempiere a nuovi obblighi, attrezzandosi al meglio per fatturare elettronicamente e poi assicurarsi che (come prima) le fatture vengano conservate per 10 anni. Un passaggio che dovrebbe coinvolgere circa 2 milioni di imprese le quali, si stima, inviano annualmente almeno una fattura alla PA. Di queste si ipotizza che circa 30mila intrattengano rapporti continuativi con gli enti pubblici e altre 70mila abbiano con essi un grado di relazione piuttosto stabile. Altro dato rilevante: il volume di transato complessivo annuo della spesa pubblica della PA (spese per il personale escluse) è stimato in circa 135 miliardi di euro. Tutti elementi che aiutano a capire la portata di quella che – ormai è chiaro – sarà una vera rivoluzione per la PA ma anche per il mondo imprenditoriale.
In vista dell’importante appuntamento le Camere di commercio sono scese in campo per aiutare le piccole e medie imprese. Lunedì 9 è partito un tour sulla fatturazione elettronica: incontri formativi in tutte le province italiane tenuti da 110 Digital Champions, i campioni nominati da Riccardo Luna, scelto a settembre dal governo Renzi come Digital Champion per l’Italia nella Ue.
Ma perché la fatturazione elettronica, argomento finora considerato attraente solo dagli addetti ai lavori, è diventato di colpo così “sexy” da concentrare su di sé l’impegno e l’attenzione di governo, Agid (Agenzia per l’Italia Digitale), Camere di Commercio, Digital Champion, aziende, professionisti e tanti altri soggetti che ruotano in quest’orbita?
“Perché ha un impatto pervasivo sia sulla PA sia sul mondo delle imprese” spiega . “La fatturazione elettronica – prosegue – non è e non deve essere percepita come l’ennesimo adempimento che lo Stato si è inventato per complicare la vita agli imprenditori, ma è un vero e proprio cambio di paradigma che, tra le altre cose, ha il beneficio di trasformare il modo in cui si dialoga con la controparte in ambito business”.
Nel cambio di paradigma c’è in gioco anche una quota consistente di risparmi: gli esperti stimano che la fatturazione elettronica comporterà un miliardo di euro di risparmi all’anno per lo Stato e circa 500 milioni per i fornitori della PA.
E i tempi di pagamento dei fornitori? La fatturazione elettronica porterà a un’accelerazione in questo senso? “L’ecosistema – spiega Catti – è pensato per abbattere il ‘fuori controllo’ dei tempi di pagamento. Naturalmente è un modello e vedremo come verrà implementato. Intanto in molte PA si sta già verificando un fenomeno positivo: il sistema di interscambio (ovvero il sistema informatico in grado di ricevere le fatture sotto forma di file, effettuare controlli su quanto ricevuto e inoltrarlo alle amministrazioni destinatarie, ndr) prevede nei primi 15 giorni la possibilità di inviare una notifica al fornitore in modo da fargli sapere che la sua fattura è stata presa in carico e verrà esaminata. Non esiste nessun obbligo per le PA di inviare queste notifiche, eppure molte lo stanno facendo. Un comportamento che va nella giusta direzione”.
Uno degli argomenti più dibattuti in questi giorni riguarda gli erogatori di servizi di fatturazione elettronica, una piccola costellazione di specialisti dove c’è di tutto e di più: dai servizi gratuiti a quelli da qualche centinaio di euro, dalla grande azienda al commercialista. Un terreno sul quale gli erogatori di servizi vedono anche, come è normale, la possibilità di futuri guadagni e dove invece rischiano di emergere perplessità e difficoltà da parte dei fornitori della PA, magari incerti sull’offerta a cui aderire.
A questo proposito le Camere di commercio, tramite InfoCamere, hanno realizzato FatturaPA (fattura-pa.infocamere.it), servizio online totalmente gratuito per tutti i piccoli fornitori della pubblica amministrazione: dai siti web delle Camere di commercio è possibile accedere alla piattaforma online e registrarsi per creare e gestire, in completa autonomia e gratuitamente le proprie fatture elettroniche verso la PA, senza però superare il limite massimo di 24 fatture l’anno. Dopodiché occorre rivolgersi ad altri servizi. Un’offerta mirata ai “piccoli” che hanno rapporti saltuari con la PA. E gli altri?
“Dal lato imprese – continua Paolo Catti – è sostanziale capire in cosa consiste la fatturazione elettronica e come può essere gestita. Se emetto pochissime fatture saltuarie opterò per la soluzione gratuita. Se invece emetto diverse fatture verso la PA mi dovrò dotare di una soluzione ad hoc tra quelle proposte dal mercato, stando bene attento a valutarne costi e benefici. Un’altra alternativa è investire sul miglioramento dei miei sistemi informatici, senza dover ricorrere a un intermediario: esistono diversi software già scaricabili gratis online. Poi però c’è la questione della conservazione digitale, perché le fatture elettroniche devono essere conservate per almeno 10 anni. In questo caso è importante mandare in conservazione digitale più fatture possibili nello stesso archivio”. La questione della conservazione è rilevante perché, suggerisce Catti, può creare un “problema di governance, cioè fatture diverse su diversi archivi”.
Al di là delle piccole difficoltà che è normale possano emergere, il docente del Politecnico di Milano vede nella fatturazione elettronica non solo una grande opportunità per le imprese, ma anche, più in generale, un impulso alla digitalizzazione del Paese. “Può accadere che le imprese tenute a fatturare elettronicamente verso la PA decidano di pretendere le stesse modalità di fatturazione dai propri fornitori privati, in un circuito virtuoso che porterà ad estendere la fatturazione elettronica anche a gran parte del settore privato”.
Intanto, ai dubbi che sono emersi ed emergeranno, stanno provando a rispondere in questi giorni i Digital Champion sparsi per l’Italia. “È un’iniziativa molto positiva dal punto di vista comunicativo – commenta Catti – anche perché finora l’argomento era passato sottotono dal punto di vista della comunicazione. Dai DC arriva un impulso in più a comunicare. Attenti però che, quando si parla con un comunicatore e non un tecnico, il rischio è che la cosa appaia più semplice del previsto, magari troppo semplice. Ma è bello che i Campioni digitali vadano a ‘risvegliare’ enti pubblici e imprese. E va anche detto che le istituzioni, dal governo all’Agid, hanno fatto tutto il possibile”.