Si chiama “Smart manifacturing” e potrebbe essere la base della quarta rivoluzione industriale: un treno da non perdere assolutamente, anche se le PMI italiane manifatturiere appaiono in ritardo. Si tratta, detto in parole molto semplici, dell’innesto di tecnologie digitali innovative all’interno dell’industria manifatturiera.
Del tema si è discusso lo scorso 7 luglio al Politecnico di Milano, nel corso dell’affollato convegno “La competitività della manifattura passa dal digitale” organizzato da Osservatorio Smart Manufacturing Politecnico di Milano che ha redatto e presentato la prima ricerca svolta in Italia sul settore.
“Lo smart manifacturing – spiega Giovanni Miragliotta, Responsabile della Ricerca, Osservatorio Smart Manufacturing – muove da un’idea semplice e fondamentale, ossia quella di usare le tecnologie digitali per far lavorare meglio l’industria manifatturiera che, oggi, appare spesso intrappolata all’interno di vecchi processi di produzione, ormai superati e che, per questo, non rendono come dovrebbero”.
Ecco l’infografica che illustra lo scenario italiano dello smart manufacturing.
Tra le tecnologie già oggi disponibili sul piatto, anche se non del tutto e non appieno utilizzate, ci sono Cloud Manufacturing, Internet of Things, Industrial Analytics, Additive Manufacturing, Wearable Devices o il sistema di Advanced Automation. “Si tratta – si legge nel rapporto presentato al Politecnico – di tecnologie innovative in grado di aumentare la collaborazione e l’interconnessione tra le risorse operative sia interne alla fabbrica che lungo tutta al value chain”.
Lo studio si basa su 43 casi presi in considerazione e attraverso i quali sono stati raccolti dati su ben 135 applicazioni, distribuite su numerosi ambiti applicativi.
“Delle 135 applicazioni di Smart technologies, 77 sono risultate esecutive, 32 ancora allo stato di sperimentazione pilota e 26 ancora allo stadio di analisi di fattibilità. Solo 7 aziende hanno dichiarato di non aver alcuna applicazione di Smart Manufacturing”.
Un dato che potrebbe sembrare non completamente scoraggiante, ma che peggiora se viene letto alla luce di un altro elemento: “Dai 43 casi realizzati – si legge ancora – appare con evidenza come l’area Planning non sembri al momento toccata dal fenomeno Smart Manufacturing: tranne un unico caso, in cui un’azienda ha mostrato un interesse preliminare verso un ambiente cloud a supporto della pianificazione della domanda, non si sono rilevate applicazioni. anche lo studio dei casi esteri conferma la sostanza della situazione osservata in Italia”.
Il ritardo dunque c’è e appare culturale, prima ancora che tecnologico e operativo.
“Il nostro sistema manifatturiero appare terribilmente attardato. Quello che emerge – conferma Miragliotta – è l’assenza di una visione strategica, sia a livello di singola impresa sia di Paese. Fare Smart Manufacturing non è adottare questa o quella tecnologia, ma saper ‘orchestrare’ il digitale per trasformare i processi industriali come è accaduto nel terziario avanzato.Tra le ragioni per cui il nostro Paese arranca c’è il fatto che il nostro tessuto produttivo è fatto di aziende spesso di ridotte dimensioni, all’interno delle quali è difficile si instauri la cultura adatta all’innovazione e dove anzi, spesso le responsabilità organizzative sulle tecnologie sono ancora divise in settori separati.Queste impostazioni, insieme ad altre variabili rappresentano un pesante fardello di cui è importante liberarsi”.
Una strada dunque ancora da intraprendere, e in fretta:
“Il modo per coniugare manifattura e innovazione – dice ancora il docente del Politecnico – passa sia da un presa di coscienza dell’imprescindibilità dell’innovazione, sia da una Politica Nazionale che, si spera, persegua la questione in modo testardo e convinto, trattandola per quello che è: una priorità strategica”.