La Cina è sempre più vicina all’Expo 2015, ma non su Internet. Se l’obiettivo dichiarato dall’Ad di ExpoMilano Giuseppe Sala è portare all’Esposizione Universale un milione di cinesi, evidentemente non sarà attraverso il web perché, a 27 giorni dall’evento, il sito pensato per promuovere la manifestazione in cinese mandarino (www.ydalinihao.com ) è totalmente vuoto di contenuti. Appare solo una scritta in mandarino e in inglese che spiega come sia “in manutenzione”, in una homepage con i loghi di “Italia”, “Expo 2015” e dell’Ambasciata italiana a Pechino.
La Cina, che si presenterà in forze a Milano con un padiglione da 4.500 mq, secondo a tutti gli altri per dimensione e situato in un luogo strategico, è una delle grandi speranze degli organizzatori dell’evento. Sala ha sottolineato che “bisogna pensare alle condizioni che favoriscano la visita”, lavorando sul tema dei visti, degli eventi collaterali, dell’ospitalità.
E la comunicazione? Per ora “tace”, almeno quella del sito dedicato. Neanche a dire che i cinesi potranno reperire informazioni utili nella loro lingua sulle altre piattaforme pensate per promuovere l’Expo. Verybello.it, il controverso sito lanciato dal ministro Dario Franceschini a gennaio e subito finito nella bufera per le numerose defaillance, avrebbe dovuto essere disponibile in otto lingue, ma è ancora solo in inglese e italiano. E verrà presto sottoposto a indagine da parte di un Comitato ad hoc voluto dal ministero per verificarne la conformità ai requisiti richiesti e l’accessibilità ai disabili. In prospettiva c’è addirittura lo spettro della chiusura.
Non è presente una versione in cinese nemmeno nel portale dell’Ente nazionale per la promozione turistica, Italia.it.
Eppure yidalinihao.com, nato come versione cinese del portale Italia.it e costato, sembra, circa 325mila euro, aveva debuttato con grande anticipo, addirittura nel 2010 con la presentazione al padiglione italiano all’Expo di Shanghai. Doveva essere “una finestra dedicata al popolo cinese per dare uno sguardo all’Italia, con tutto quello che può offrire attraverso i suoi panorami, sapori e colori”. Subì la stessa sorte di altri siti lanciati dalla PA per la promozione del nostro Paese, ovvero fu subissato di critiche su vari fronti. Per esempio Gianantonio Stella e Sergio Rizzo sul Corriere della Sera notarono che nell’homepage veniva presentata come protagonista assoluta del territorio italiano la città di Bologna e il Fatto Quotidiano scoprì l’inghippo: era un copia-incolla dal sito cinese della Regione Emilia-Romagna aimiliyaluomaniehuanyingni.com. Più altre stravaganze su video e foto che dovevano servire a spiegare l’Italia ai cinesi, come una carrellata di immagini sul Veneto e su Venezia con, in sottofondo, la Carmen del francesissimo Bizet. Tutto questo comunque ad oggi è sparito. Il sito è vuoto, senza nemmeno una gondola o qualche nota di opera lirica.
Peccato, perché l’Italia è il quinto partner europeo della Cina. Nel 2015, ha affermato alcuni mesi fa l’allora ambasciatore cinese a Roma Ding Wei (oggi il nuovo ambasciatore è Li Ruiyu), “grazie agli sforzi congiunti, la crisi sarà superata”, quindi sarà il “momento migliore per conoscere l’Italia” che può contare su un’economia reale dalla “base solida”, su Made in Italy, creatività e innovazione molto apprezzati anche nel gigante asiatico. “Dopo Shanghai, Milano sarà un pieno successo – ha concluso l’ambasciatore – un milione di visitatori non è un obiettivo eccessivo, sono sicuro che verrà raggiunto”. Con o senza Internet, evidentemente.