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eSport: che cosa sono gli sport elettronici e perché ora attraggono il venture capital

Nel 2020 il mercato degli eSport, le competizioni di videogiochi di livello professionistico, ha generato quasi un miliardo di incassi e raggiunto circa cinquecento milioni di spettatori. Ora attrae anche i venture capital. Obiettivo: trovare nuovi modi per monetizzare il coinvolgimento dei fan

Pubblicato il 19 Mar 2021

eSport

Quando parliamo di eSport ci riferiamo agli sport elettronici, ovvero alle “competizioni di videogiochi di livello professionistico”. Sebbene si tratti di un fenomeno controverso e sconosciuto ai più, nel 2020 ha generato quasi un miliardo di incassi e raggiunto circa cinquecento milioni di spettatori.

Probabilmente, se vi chiedessi di riportare alla mente un evento sportivo che segnò gli anni ’80, la maggior parte di voi ricorderebbe la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio dell’82, il 3-1 contro la Germania, e i 90 mila spettatori dello stadio a intonare cori e a tifare la propria squadra.

Eppure, due anni prima, un altro evento importantissimo aveva avuto luogo, un evento che avrebbe segnato l’inizio di qualcosa di nuovo, di un fenomeno che oggi conta milioni di spettatori e montepremi da capogiro: nel 1980 si tenne il primo torneo ufficiale videoludico, lo Space Invaders Tournament, che vide l’adesione di circa 10.000 giocatori.

Un torneo di videogiochi… Chi avrebbe mai pensato che sarebbe stato possibile? Eppure, centinaia, a volte anche migliaia di persone erano lì, già tra gli anni ’80 e ’90, pronte a mettersi in gioco e vincere montepremi a cinque cifre.
Insomma, dal 1980 in poi ebbero luogo moltissimi tornei di esport, alcuni furono protagonisti di un grande successo, altri meno, ma anche in quei casi c’era sempre qualcuno disposto a partecipare a dire “siamo qui e gli esport sono reali”.

Fu con gli ESWC che si poté assistere a una vera e propria rivoluzione: gli esport passarono dall’essere un semplice torneo di videogiochi a un vero e proprio spettacolo. I giocatori, per la prima volta, debuttavano davanti agli spettatori; ogni componente del team aveva una propria postazione, mentre il pubblico poteva assistere al match attraverso uno schermo gigante guidato dalle voci dei commentatori; chi voleva assistere all’evento da casa, invece, poteva seguirlo tramite il canale internazionale HLTV, con la possibilità di scegliere la lingua dei commentatori, raggiungendo così una notevole copertura mediatica, mai vista prima. Il premio di 156.000$ fu conteso da 358 giocatori provenienti da 37 paesi diversi.
Due anni dopo, nel 2005, con il torneo Cyberathlete Professional League World Tour (CPL world tour), si raggiunsero i sei zeri: per la prima volta si competeva per un milione di dollari.
Da qui in poi i tornei competitivi hanno visto i montepremi aumentare, toccando cifre mai raggiunte prima: nel 2018, Dota, durante il torneo “The international”, ha raggiunto i 25.5 milioni di dollari, record superato di nuovo nel 2019, quando ha messo in palio un premio di più di 30 milioni di dollari.

eSport: una definizione

Montepremi esorbitanti, salari a sei cifre… Ma cosa sono davvero gli eSport? Quando parliamo di eSport ci riferiamo agli sport elettronici e più precisamente alle “competizioni di videogiochi di livello professionistico.” A caratterizzare tale definizione, vi è l’elemento competitivo; le partite possono avvenire sia in modalità PVP (player versus player, quando due o più giocatori, sia singolarmente che in team, si scontrano l’uno contro l’altro), sia in modalità PVE (player versus environment, quando il giocatore affronta personaggi “non giocanti” – NPC – ovvero comandati dal computer). I tornei si svolgono come qualsiasi altra competizione sportiva, con arbitri di gioco, commentatori e un pubblico che segue l’evento sia in loco che da casa, attraverso lo streaming o – raramente – la televisione.

Perché gli eSport hanno successo

La domanda sorge spontanea, soprattutto a chi è abituato agli sport tradizionali: emozionarsi per una partita di calcio è normale, quasi d’obbligo se si è un grande appassionato, tutti possono guardarla, le regole sono intuitive, i giocatori interagiscono tra di loro, esultano, quasi si riesce a fare propria quella loro emozione. Ma… perché piace guardare gli eSport? Dei ragazzi davanti a un pc che premono tasti, non staccano gli occhi dallo schermo e, il più delle volte, se non si conosce il videogame, non si è neanche in grado di capire cosa stia succedendo. Sembra uno sport freddo, distante, spesso incomprensibile.

In realtà, i fattori che motivano coloro che guardano gli eSport non sono diversi da quelli di chi guarda sport tradizionali, ciò che gli spettatori di eSport cercano è “l’eccellenza”, momenti di gioco che fanno tenere il fiato sospeso, quando i pro player lasciano senza parole, regalando un gioco di qualità, con “fight” che sfidano l’inverosimile, quando lo spettatore non riesce nemmeno a comprendere appieno ciò che sta accadendo, o quando, vedendo un azione, si sente dire “questo voglio farlo anche io, voglio essere come lui”. Ovviamente ciò che il pubblico ricerca di più è l’intrattenimento nel vero senso della parola, e dal momento che negli eSport ciò che regala emozioni agli spettatori è anche l’atmosfera che si viene a creare, diventa fondamentale organizzare gli eventi competitivi nel migliore dei modi a partire dalla strutturazione, il luogo, i team che vengono “invitati”.

Un mercato milionario ancora inesplorato: i dilettanti come futuri protagonisti

Gli eSport sono un mercato relativamente nuovo, ancora inesplorato sotto molti aspetti; una domanda che gli investitori continuano a porsi è “come sfruttare un mercato da cifre stratosferiche e da un potenziale smisurato?”. Per rendere l’idea, è come se in questo momento noi stessimo costruendo un puzzle e ne avessimo completato solamente un quarto, senza riuscire a capire cosa farcene degli oltre seicento pezzi mancanti.

In un articolo pubblicato da Techcrunch “7VCs talk about today’s esports opportunities”, viene chiesto ad alcuni importanti investitori quali siano le principali innovazioni di cui gli eSport hanno bisogno. Doug Higgins (Co-fondatore di Sapphire Ventures e socio fondatore e investitore principale di Sapphire Sport) risponde a tale domanda così: “Riteniamo che mentre l’attenzione della maggior parte degli investitori si sia concentrata su giocatori professionisti, esiste un mercato più ampio e meno riservato, quello dei dilettanti. Piattaforme di torneo, strumenti di coaching e altre tecnologie abilitanti, […], saranno necessari per coinvolgere un pubblico più vasto e far crescere il mercato degli esport.”. Anche Ethan Kurzweil (Partner di Bessemer Venture Partners, investitore leader in tecnologie di consumo e piattaforme di sviluppo) sostiene che ci sia il bisogno di “ampliare la portata del settore degli esport oltre ai semplici giocatori professionisti” coinvolgendo anche i giocatori amatoriali. In generale, l’obiettivo è anche quello di trovare nuovi modi monetizzare il coinvolgimento di fan di esport, che devono necessariamente iniziare a essere guardati sotto una ottica differente rispetto a quella di semplici spettatori di esport.

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Francesca Sgambato
Francesca Sgambato

Laureata magistrale in Economia e Management, a luglio 2020 ho fondato Esport Center asd, e a gennaio 2021 ho creato Tournaments Organizers entrambe volte a promuovere gli esport amatoriali

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