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ESG, opportunità per l’impresa sostenibile: cosa fare perché non sia un’occasione persa



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L’esistenza dei fattori ESG (Environment, Social e Governance) nasce dalla consapevolezza che le imprese che si comportano male dal punto di vista ambientale e sociale sono soggette a rischi reputazionali e di mercato. Ma la mera adozione delle metriche non basta. Ecco gli approcci migliori per tradurre la loro adozione in opportunità di business

Pubblicato il 12 feb 2024

Paolo Braguzzi

Attivista del business for good



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L’esponenziale crescita di attenzione del mondo delle imprese verso i fattori ESG (che come oramai chiunque sa sta per Environment, Social e Governance) va di pari passo con il fraintenderne significato, funzione e potenziale. Al punto che mi sono permesso in altre occasioni di parlare di “ESG washing” e cioè di un fenomeno che si basa sul confondere la mera adozione delle metriche, cioè gli ESG, con la performance, cioè l’impatto che l’impresa genera attraverso di essi e quindi la sua sostenibilità. In un convegno a cui ho partecipato ho sentito addirittura dire che: ”Le imprese ESG sono quelle che perseguono la felicità”!!!

Cosa sono gli ESG

Per fare chiarezza partiamo invece dal presupposto che le “imprese ESG” non sono una categoria, come ad esempio sono le B Corp o le società benefit. E togliamo dubbi su ciò di cui si sta parlando, fornendo un elenco, seppur sommario ed esemplificativo, di cosa sono questi benedetti ESG:

le emissioni di CO2;

la quantità di risorse utilizzate, ad esempio l’energia e l’acqua, in rapporto all’output prodotto;

gli sprechi;

l’impatto sull’inquinamento;

la diversità dello staff all’interno dell’impresa, in relazione al genere, la religione, l’etnìa;

le misure per garantire la sicurezza dei lavoratori, quindi il numero di incidenti sul lavoro;

le iniziative di coinvolgimento delle comunità in cui operano le aziende;

la composizione e quindi la diversità del CdA;

la remunerazione e gli incentivi dei manager apicali;

l’applicazione reale dei codici di condotta;

la pubblicazione di report di sostenibilità;

la trasparenza sui livelli di tassazione;

ecc. ecc.

ESG e valutazione del rischio

Fatto l’elenco, passiamo alla loro genesi. La ragione per cui gli ESG sono nati è fornire uno strumento di rating che permetta agli investitori di prendere decisioni consapevoli in relazione ai rischi a cui sono soggette le imprese in cui potrebbero investire o in cui hanno investito. La loro esistenza nasce quindi dalla consapevolezza che le imprese che si comportano male dal punto di vista ambientale e sociale, o che hanno una governance inadeguata, sono soggette a più elevati rischi reputazionali e di mercato, il che può ovviamente avere un impatto negativo sulle loro quotazioni.

La valutazione di questi rischi funziona a due condizioni: che siano identificati correttamente i fattori ESG che determinano il rischio e che gli analisti siano in grado di valutare in modo oggettivo la performance dell’impresa. Sul primo fronte siamo arrivati, tutto sommato, ad una buona seppur perfettibile definizione di ciò che conta e quindi ciò che va misurato (vedi anche il mio articolo sui KPI). Mentre, per quanto riguarda le capacità dei valutatori mi permetto di esprimere qualche riserva. Da un lato è infatti oggettivamente difficile valutare questi fattori, perché serve un livello di disponibilità e trasparenza dei dati e delle informazioni che è ancora difficile raggiungere, oltre che competenze sui temi sociali ed ambientali che non sono tipiche del mondo dei valutatori. Dall’altro lato, nella pratica, spesso prevale un approccio compilativo, per intenderci quello in cui l’obiettivo è spuntare le voci, che è causa ed effetto della difficoltà ad entrare in profondità nei meccanismi che determinano il reale comportamento delle imprese. A proposito della “fallacità” delle valutazioni che ne consegue non posso non citare un passaggio di Federico Cotugno che nel suo “Primavera ambientale (Il margine, 2022) scrive: “Ed è difficile dimenticare numeri come i 4.600 miliardi di dollari che le 60 principali banche hanno riversato sui combustibili fossili tra la firma dell’accordo di Parigi del 2015 e il 2022. O ancora il fallimento del modello ESG, gli investimenti in finanza sostenibile che sono diventati un festival del greenwashing: allo scoppio della guerra di Putin i fondi ESG avevano nel portfolio anche azioni dei colossi energetici Gazprom e Rosneft, con ‘investimenti sostenibili’ che finanziavano allo stesso tempo crisi climatica e invasione militare”.

La direttiva europea sul reporting di sostenibilità

Ora questo rischio di “fallacità” si può estendere esponenzialmente perché la Direttiva Europea sul reporting di sostenibilità (CSRD) impone alle imprese di certe dimensioni e settori un nuovo modello di rendicontazione basato proprio sui fattori ESG, ferma ovviamente la possibilità di adottare questo modello anche da parte di imprese che non sono obbligare a farlo dalla legge (e che così si “portano avanti” rispetto all’inevitabile futura estensione di questo approccio normativo ad un numero crescente di imprese).

ESG: come le imprese possono affrontare questi temi

Di fronte a questo obbligo le imprese potranno reagire in modi diversi:

– è una gran rottura di scatole ma ci spetta, quindi va beh, facciamolo fare al CFO che è abituato a gestire le grane e ci pensa lui insieme ai commercialisti e se mai ai consulenti;

– bene dai, è una buona opportunità per imparare qualcosa su come affrontare un mercato che chiede sempre più attenzione a questi aspetti, è meglio capirci bene dentro così forse impariamo qualcosa che ci sfugge;

– fantastico! Un’ottima occasione per guidare l’azienda in base a nuovi criteri, che tengano conto dell’impatto su tutti gli stakeholder.

A seconda di quale di questi approcci prevarrà, l’introduzione di questi fattori nel modo di valutare l’operato delle imprese sarà una grande opportunità di evoluzione dell’intero sistema del business, oppure un’occasione persa. Perché non lo sia serve creare un ecosistema di competenze, dentro e fuori le imprese, e uno sforzo di buona volontà, quello che rende disponibili risorse e attenzione. Le esperienze e le pratiche virtuose già ci sono e il lettore curioso può trovare qui degli spunti intelligenti.

Cosa ne dite imprenditori e manager, partiamo anche da qui per creare un mondo migliore?

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